Padre Pino Puglisi aveva un senso del tempo decisamente fuori dal tempo.
Come ogni palermitano arrivava puntualmente in ritardo e soleva dire, come racconta in un video Rai la sua collaboratrice Suor Carolina: “L’appuntamento è alle 9, se per le 10 non sono arrivato, alle 11 andate via!”.
Va detto però che questo ritardo cronico era giustificato dai suoi numerosi impegni. Infatti, e qui viene il bello, nella sua casa aveva appeso un orologio senza lancette, per ricordare che ogni secondo del suo tempo era a disposizione degli altri.
Questo senso del tempo senza tempo mi rincorre in questi giorni sulla strada che porta all’Ospedale Buccheri La Ferla, dove è ricoverata mia madre per il suo femore stanco e rotto. Siamo proprio a due passi dal quartiere Brancaccio di Padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia a Palermo 25 anni fa ed è per lui e per l’arrivo di Papa Francesco che vedo già montare palchi e sedute al Foro Italico.

Il cielo è azzurro in questi giorni di settembre, il mare calmo e piatto all’orizzonte.
Tutto tace al di là del prato verso il mare o, meglio: sussurra in silenzio, lentamente come le onde, come le nuvole, come i pesci che non possiamo vedere, come tutto ciò che afferriamo senza comprendere, annusiamo senza respirare, preghiamo senza sperare.
Tutto urla al di qua del prato, lungo la strada: le auto, l’odore acre della carne al fuoco, l’enorme murales dove Falcone e Borsellino sorridono da buoni amici, i colori intensi e la vista mozzafiato di Aspra e Mongerbino da una parte e di Monte Pellegrino dall’altra.
La Palermo affacciata sul suo mare ti rinfaccia che la conosci da sempre e non la conosci mai. Qual è il suo vero volto tra i tanti che scorazzano sulle sue strade? La risposta è scontata: Palermo è tutti questi volti, il bello e il limite di questa città: c’è posto per il ragazzino senza futuro e per l’impiegato, per il giovane che fugge e per l’immigrato che arriva, c’è posto per il prete di strada e per il mafioso pronto a sparare. C’è il volto scuro segnato di rughe del pescatore e quello fresco e sbarbato del giudice ragazzino. E il turista di passaggio non può che essere felice: “una città meravigliosa, piena di contraddizioni…”.
Sì, forse è per antonomasia la città delle contraddizioni, dove bene e male vanno a passeggio stringendosi le mani fino al punto che talvolta non riesci più a scioglierle e distinguerle. Eppure una mano resta aperta in questa città, la mano che non si confonde e che ogni giorno modella “il sogno” e ciò che appare ai più “l’impossibile”, e ha il volto più “vero” di Palermo, quello cioè che vive e vivrà per sempre, come il sorriso disarmante di Padre Pino Puglisi, che squarciò il cuore del suo assassino un attimo prima di sparare. Perché lo squarcio è diventato breccia di una città e di un grande prato in riva al mare che il 15 settembre urlerà al mondo che l’Amore è il talento più grande da coltivare.

Non è retorica da altare ma argomento ancora oggi rivoluzionario e difficile, che merita ascolto, dedizione e allenamento. Argomenti che interessano tutti gli educatori e gli uomini di pace, e fra questi anche tutti coloro che si intendono o si stanno avvicinando al coaching, materia affascinante ed intrigante.
Il coaching si occupa di cambiamento e miglioramento possibile, è un approccio straordinario che attraverso il metodo dell’ascolto attivo di tipo maieutico socratico (da parte di un coach) consente a chiunque lo voglia davvero (il coachee) di mettersi in discussione, darsi un obiettivo di crescita umana o professionale e raggiungerlo attraverso i propri talenti personali. Dall’ascolto nasce un piano di allenamento e così il campione di sport si affida al suo coach per tornare a vincere, con se stesso innanzi tutto; e così il cantante e così l’artista, e così il business man.
E visto che non è solo un mestiere, ma anche un approccio valido per tutti, ben venga la voglia di aprirsi di più a questa materia.
In questa rubrica parleremo, fra le altre cose, delle virtù e dei tratti caratteriali umani che sono stati individuati dalla psicologia positiva come gli ingredienti base di queste virtù, in pratica il dna del potenziale di ognuno di noi, i nostri punti di forza. E scopriremo che tanto più sono presenti in noi questi tratti, quanto più ci mancano e li desideriamo. E, spero, riusciremo anche a tracciare le linee di un Coaching “Mediterraneo”, ispirato cioè profondamente dal suo territorio, dalla sua tradizione e dalla sua provocazione nella ricerca della felicità, intesa più come bellezza e piacere dell’esistenza che non necessariamente come successo individuale e riconoscimento sociale.

E torniamo così a Padre Puglisi, che di virtù e talenti ne aveva tanti ma che più di tutti ha coltivato la virtù dell’Amore per raggiungere la Felicità, sua e quella dei suoi ragazzi, come parte di un unico senso della vita. Ci vuole coraggio, certamente, ci vuole saggezza, ma ci vuole la capacità di mettere sempre gli altri al centro assoluto della propria vita e del proprio tempo, senza lancette.
E non diciamo per piacere che Don Pino era un eroe o un santo, altrimenti rendiamo inutile tutto il suo lavoro. Non siamo chiamati a morire per strada, ma siamo chiamati a vivere noi stessi per essere felici. E sappiamo tutti che la felicità nostra passa attraverso un mondo migliore, più giusto e libero.
I giovani di Pino Puglisi hanno trovato un Padre che è stato un grande allenatore della loro vita, che ha creduto in loro oltre ogni limite. Che sapeva distinguere perfettamente il loro disagio dalle loro colpe, che ha ascoltato nel profondo quello che sembrava non avere voce. Che ha capovolto il paradigma dello stare insieme e della relazione, basandola sulla fiducia invece che sulla paura, sconfiggendo così nelle fondamenta il presupposto mafioso.
Oggi è rimasto tanto del lavoro di Padre Puglisi, tantissime storie e racconti della sua battaglia, il centro di accoglienza Padre Nostro, l’impegno di professionisti e volontari, una metodologia e un’esperienza concreta da portare avanti. Non è facile e non sarà facile, ma il messaggio è chiaro e forte: non servono eroi per amare.
Il messaggio di Don Pino Puglisi non è solo un avvertimento per i mafiosi o una speranza per i giovani di Brancaccio.
Palermo, capitale della cultura e dell’accoglienza 2018, accoglie Papa Francesco che vuole rompere i muri e lo fa in riva al Mediterraneo.
Aspettando Papa Francesco penso che Padre Puglisi sia uno splendido allenatore anche per me che vivo il mio progetto di vita a Palermo, con la mia sfida personale che abbraccia ogni giorno New York, seppure on line, passando per Milano e tutti i suoi ricordi. Ognuno ha la propria vita, la propria partita e il proprio istinto irresistibile di felicità. A volte ci perdiamo, sarà l’età, la stanchezza, il lavoro, il lunedì mattina. Però abbiamo desideri che agitano talenti, i nostri. Ogni tanto si svegliano, ci svegliano e ci parlano.
Papa Francesco arriverà il 15 settembre e ci sarà tanta gente con lui per ricordare Padre Pino Puglisi, il Coach dell’Amore.
Tutti sul prato, al confine fra la città e il mare, a riflettere sul senso stesso della vita e delle lancette.
Anch’io ci sarò e Palermo questa volta sarà puntuale.
Discussion about this post