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Marco Pannella, l’ultimo profeta della democrazia

Perché la tristezza per la scomparsa del leader radicale aumenta con le parole del presidente Sergio Mattarella

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
marco pannella

Marco Pannella (Teramo 1930-Roma 2016)

Time: 8 mins read

“La morte di Marco Pannella mi addolora profondamente. Protagonista della politica italiana, senza mai essere legato al potere, ha combattuto battaglie di grande importanza, particolarmente nel campo dei diritti. Ha rappresentato con passione tanti cittadini, riuscendo non di rado a trasformare una condizione di minoranza nell’avvio di processi di cambiamento”.

Queste parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella aumentano la tristezza che proviamo per la scomparsa del leader radicale, morto ieri a Roma all’età di 86 anni. Perché se queste frasi del Quirinale fossero sincere e non di circostanza, come testardemente speriamo, allora ci accrescono anche il dolore nel constatare come alla Presidenza della Repubblica (soprattutto con l’inquilino precedente), pur usando oggi le parole riservate ai giusti, per troppo tempo mancò il coraggio di nominare il leader radicale Senatore a vita.

“Pannella – prosegue Mattarella – è stato un leader politico controcorrente, un interlocutore scomodo anche per chi ha condiviso il suo impegno. Il riconoscimento che oggi gli viene tributato anche da quanti non erano d’accordo con le sue idee, testimonia che, per molti aspetti, è stato coscienza critica del nostro Paese, sulla base di una fedeltà ai principi di libertà e di democrazia”.

Leader controcorrente, interlocutore scomodo. Già, quel seggio a vita concesso persino a Giulio Andreotti, ben sette volte primo ministro ma anche maggiore rappresentante della memoria storica spesso “misteriosa” della Prima Repubblica, non poteva invece essere dato a chi, a nostro parere, è stato “il profeta della democrazia”. Pannella ha fatto paura al Palazzo per questo suo essere un “fondamentalista” dello stato di diritto senza il quale la democrazia non c’è.

Grazia alla mia collega e amica Simona Zecchi, su Facebook ho letto questo scambio che Pannella ebbe proprio con Giulio Andreotti durante una trasmissione televisiva. Sentite cosa Marco diceva a quel Don Giulio all’apice del suo potere:

“Senti Andreotti, lasciamo perdere, la verità è che nelle accuse siamo tutti un po’ autobiografici. Tu ti guardi allo specchio, e siccome da buon cattolico di un certo tipo hai sempre creduto che la politica è l’arte di questo mondo, del demonio, e che la coscienza e Dio stanno da un’altra parte, e hai sempre creduto nelle doppie verità, quando trovi un laico che da corpo, corpo, corpo, alle proprie idee, ti viene un po’ da ridere, perché non corrisponde alla tua visione, perché tutto per la gloria di Dio, anche i delitti, possono giustificarsi”.

Siamo nel 1983. Mancheranno ancora 25 anni per il bel film di Paolo Sorrentino, “il Divo”, realizzato quando ormai Don Giulio era prossimo alla fine dei suoi giorni e non aveva più il potere se non quello del ricatto. Solo quel cuor di leone democratico di Pannella poteva urlare agli italiani, inascoltato, il copione di quel film quando ancora Andreotti era il Divo!

Ci dice ancora nel suo messaggio il presidente Mattarella: “Ho avuto modo di parlare più volte negli ultimi tempi con lui, anche in questi giorni di sofferenza. Non ha mai smesso di pensare al domani, un domani migliore per il nostro Paese. Anche questo ricordo mi porta a esprimere con intensità la mia partecipazione e la mia vicinanza ai suoi familiari, a chi lo ha conosciuto e amato, a quanti gli sono stati vicini, anche nelle ultime battaglie per la piena affermazione, ovunque, dello Stato di diritto”.

Belle parole, grazie presidente. Però ci resta il rammarico per quella nomina a senatore mancata, che a nostro parere avrebbe riscattato tanta storia della Prima Repubblica.

Per capire basta citare Leonardo Sciascia, che disse di Pannella, in un passaggio riportato nel bel libro di Valter Vecellio, Marco Pannella. Biografia di un irregolare, (Rubbettino edizioni 2010)

“Marco Pannella è il solo uomo politico italiano che costantemente dimostri di avere il senso di diritto, della legge e della giustizia. Ce ne saranno altri, ma senza volto e senza voce, immersi e sommersi in partiti la cui sensibilità ai problemi di diritto soltanto si manifesta quando qualche mandato di cattura raggiunge uomini del loro apparato: per il resto, se ne stanno in silenzio; e anzi, certi arbitri dell’amministrazione della giustizia, quando toccano altri, di altri partiti, li mettono in conto dell’alacre ed esatto agire dei giudici. Ciò fa parte della vecchia e fondamentale doppiezza della vita italiana, buono e giusto è quel che facciamo noi o da cui noi caviamo comunque vantaggio; cattiva, ingiusta e da punire è la stessa, identica azione fatta dagli altri. Pannella, e le non molte persone che pensano e, sentono come lui (e con le quali mi onoro di stare), si trovano dunque ad assolvere un compito ben gravoso e difficoltoso: ricordare agli immemori l’esistenza del diritto e rivendicare tale esistenza di fronte ai giochi di potere che appunto nel vuoto del diritto, o nel suo stravolgimento, la politica italiana conduce”.

Personalmente ho conosciuto da vicino Marco Pannella un pomeriggio di 12 anni fa, quando in un piccolo appartamento-ufficio vicino al Palazzo di Vetro, mi accolse per una intervista concessa ad America Oggi. I radicali li conoscevo già, soprattutto Emma Bonino. Ma il “profeta” non lo avevo mai incontrato di persona. Quel Pannella visto a New York fu molto più di quello che mi aspettavo. Con una sigaretta accesa che non lasciava mai le labbra –  ne aveva due, una tra le dita e l’altra in bocca – vidi dal vivo la forza di quell’ uragano di passione politica. E durante quella valanga di idee che mi sommergeva, lui mi guardava fisso negli occhi, sorridendo sì, ma come se volesse ipnotizzare quel giornalista “americano”.

Quel giorno avevo “solo” un paio di ore a disposizione, per via di un impegno familiare. Ma a lui non bastarono, anche dopo tutto quel tempo (risultò essere quella, la mia più lunga intervista in 25 anni di giornalismo), mi impedì di andar via dicendo: “Ascoltami caro, sei ancora giovane (avevo quasi 40 anni e due figli!), un giorno comprenderai bene che valeva la pena restare qui e far incazzare tua moglie”. 

I giornalisti non dovrebbero prendere “sbandate” per i politici e quel giorno rischiai. Ma capii anche che Pannella era un politico diverso. Pannella non cercava il potere, lui voleva domarlo, sottometterlo alle regole. Per Pannella libertà, diritto e democrazia erano sinonimi. In mancanza di uno, spariva il resto.

Ora che non c’è più, confesso di averlo amato immensamente Pannella. Ne ho amato la forza con cui Marco ha sempre difeso, senza mai esitare, la libertà e i diritti di tutti.

Dopo quella prima “sbandata”, mi telefonava quando passava da New York. Io, che sentivo crescere la passione per le sue idee, cercavo di restare “freddo”. Avevo terrore di corrompere l’idea, a me sacra, di giornalista indipendente. Con una certa difficoltà ci riuscivo, e allo stesso tempo me ne pentivo. L’ultima volta che mi chiamò, poco più di un anno fa, ebbi come un presentimento. La sua voce al telefono era meno tuonante. Cercai di incontrarlo, ma quella volta era Pannella a non aver tempo. Quella chiamata era solo per dire: “Ciao sono Marco, come va?”.

Marco Pannella è stato, in quella idea di Italia dove per difendere le istituzioni e la democrazia si vien quasi sempre presi per pazzi, il gladiatore che lotta servendosi proprio della pazzia. Ma quanti grandi profeti in vita furono considerati matti? Gesù di Nazareth, immortale da duemila anni, per 33 fu pazzo. Ecco, sono convinto che le idee e azioni “da picchiatello” di Marco Pannella in difesa della democrazia e dei diritti, proprio quando il suo corpo esce dall’arena della vita, resteranno per sempre. Per sempre al servizio di chi vuol costruire, in Italia come ovunque nel mondo, una società democratica più giusta, più libera, più bella.

Addio Marco e grazie per aver voluto così tanto bene al misterioso fenomeno dell’essere umano.


Ripubblichiamo l’articolo scritto in occasione degli ottanta anni di Pannella.

Pannella, il profeta della democrazia (Oggi7-America Oggi, 30 maggio 2010),

di Stefano Vaccara 

Questa domenica, invece di scrivere della casta politica italiana che si contorce nelle sue contraddizioni, scegliamo di raccontarvi di un politico speciale, tra i più longevi d’Italia e che ha appena compiuto 80 anni. Meriterebbe di essere nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica, lo meriterebbe da tanto tempo per quello che ha saputo dare con le sue lotte politiche e per ii diritti civili al suo Paese. Aspettiamo quindi fiduciosi che da Napolitano qualcosa si smuova.
L’uomo politico di cui si può scrivere finalmente andandone fieri, anche se non siamo sempre d’accordo con lui, si chiama Marco Pannella, un abbruzzese di mamma francese.

Sì lo so, anche voi lettori in italiano che vivete in America lo conoscete e bene il leader radicale, ma il titolare di questa rubrica, per i suoi 80 anni compiuti questo mese, vuol dedicargli un augurio particolare da New York.

Marco Pannella è il fondamentalista della democrazia. In Italia per difendere le regole, la Costituzione, si deve essere “estremisti”, Pannella lo è visceralmente. Esagerato ed esagitato? Quando la causa è legge, giustizia e libertà, qualunque forma di lotta non violenta, gandhiana, di esagerato ed estremo può avere solo il sacrificio personale. Pannella è un geniale profeta democratico che armato del proprio corpo non teme di affrontare qualunque degenerazione del potere.

Pannella è lotta continua per la libertà. Ma Pannella non è solo profeta col genio e il corpo, anche con lo spirito. Pannella, visto soprattutto da New York, appare come il politico italiano più religioso perché nelle sue forme e obiettivi di lotta ci appare il più tendente a Dio. Se fosse nato, invece che nel 1930, duemila anni fa, sarebbe stato considerato un profeta e la sua arma per liberare gli uomini dall’ingiustizia sarebbe stata il diretto appello all’amore e timore di Dio. Da oltre mezzo secolo, lo strumento di lotta poco riconosciuto a Pannella, è il suo amore e il rispetto per la democrazia, la religione dell’uomo moderno per poter tendere alla libertà, alla felicità, quindi alla salvezza dell’anima.

Oltre un anno fa,  in tv, su la 7, grazie a internet, ho visto commentare da Pannella la morte liberazione di Eluana Englaro negli istanti che avveniva, con le stesse frasi dette da Wojtyla vicino alla morte. Ecco che anche Pannella rivelava quel “padre” universale a cui tutti, con strade diverse, tendiamo. Il Dio di Pannella è chiamato Democrazia e Libertà e questa sua continua tensione spirituale rende la sua missione politica in Italia e nel mondo parte di un cammino invincibile.

Compie 80 anni Pannella e il suo genio fa parte di un percorso millenario di grandi uomini e donne che ci avvicinano a Dio nel difendere la libertà di tutti.

Senatore a vita? Sarebbe una giusta e tardiva azione della Repubblica che sarebbe oggi peggiore se non ci fosse stato Pannella. Ma anche senza i giusti e dovuti riconoscimenti ufficiali, il contributo di Pannella al suo Paese, cosi come all’umanità, è e sarà sempre riconosciuto. Lo spirito della religione della libertà non ha bisogno di cariche per continuare la sua missione. Pannella, profeta di un Dio della democrazia, avrà sempre l’immortalità di un’anima giusta e libera.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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