Noi italiani siamo davvero speciali. Ad esempio, riusciamo a litigare su qualsiasi cosa, futile o importante che sia: la formazione della nazionale di calcio, la classifica dei ministri peggiori o dei cuochi migliori, la paternità dell’invenzione della pasta alla carbonara o il ragù migliore di ogni altro al mondo. Litighiamo e ci dividiamo su tantissimo altro, naturalmente. L’ultima incresciosa e pittoresca polemica è scoppiata a Roma. Causa scatenante: un monumento spuntato a Trastevere in onore della porchetta, nobile e popolare specialità gastronomica di origine medievale, vanto della cittadina laziale di Ariccia. La porchetta è un maiale adulto disossato, oppure un maialino da latte, privato delle interiora e cotto intero nel forno o sullo spiedo, insaporito con sale, pepe, aglio, erbe aromatiche, rosmarino. Un classico delle sagre paesane e di tante trattorie del centro-Italia.
Alcuni gruppi animalisti hanno dichiarato guerra al monumento, non solo per l’oggettiva bruttezza della scultura, firmata da un artista di cui preferiamo tacere il nome e il cognome. L’omaggio alla storica specialità gastronomica si è rapidamente trasformato in un pretesto per denunciare le terribili condizioni di vita e di morte di milioni di maiali italiani. “Proviamo ribrezzo e sconcerto – affermano i gruppi animalisti – di fronte a una tale schifezza che qualcuno definisce arte e per la mancanza di rispetto verso i maiali, animali tra i più uccisi e macellati nel mondo occidentale”.
Sarebbero 3.645.144 i malcapitati suini che, secondo i rivoltosi, sono stati macellati in Italia nei primi mesi di quest’anno, “animali sensibili e intelligenti che spesso vengono uccisi in maniera atroce”. La protesta alza la voce anche con altri argomenti: “Mentre a Cremona si manda a processo il titolare di un macello suino per i maltrattamenti inflitti ai maialini prima della loro morte, a Roma qualcuno vede bene di realizzare una statua alla porchetta”. E così fioccano gli appelli alla sindaca Virginia Raggi affinché ponga fine alla vergogna, facendo rimuovere in fretta e furia l’oltraggioso neonato.
Il maiale merita rispetto, non c’è dubbio. Chi ne apprezza i prosciutti e le salsicce potrebbe quantomeno fingere un momento di cordoglio per una strage silenziosa e infinita che, almeno in passato, non ha mai acceso particolari indignazioni. Ma altrettanto rispetto lo merita sicuramente la porchetta, magnifica ghiottoneria che da dieci anni è anche tutelata dal marchio Igp, ovvero l’indicazione geografica protetta. Il maiale, come dicevamo, va disossato, speziato e cotto: ogni fase della produzione è fondamentale per la qualità del risultato finale. La porchetta è il piatto centrale di tanti coreografici banchetti rinascimentali ed è una delle due glorie di Ariccia, paese di musicisti e buongustai. L’altra gloria locale è Teddy Reno, triestino di nascita ma geniale ideatore, tanti anni fa, di un festival canoro degli sconosciuti che proprio dal palco di Ariccia lanciò grandi star della musica italiana come Rita Pavone, i Rokes e Claudio Baglioni.

A Teddy Reno nessuno ha ancora fatto un monumento. Alla porchetta invece sì, e non è un caso. Stiamo parlando di un patrimonio storico, soprattutto se è fatta a regola d’arte, come la prepara l’azienda centenaria di Vitaliano Bernabei, detto il ‘re dei porchettari’. Bernabei è un mito. Nel ramo, la sua bacheca aziendale di premi, coppe e medaglie non ha uguali. Sembra quella del Real Madrid.
Certo, se un monumento fa schifo, fa schifo. Non è la prima volta che accade qualcosa del genere. Anzi. In tema di arte orribile, l’Italia vanta una lunga e ricca tradizione. Molti ricordano incresciose statue dedicate a Domenico Modugno, a Bettino Craxi, alla salama da sugo, ai camionisti, perfino a Manuela Arcuri che, con tutto il rispetto per i suoi successi non solo televisivi, non è esattamente un personaggio da Oscar.
Insomma, sulla qualità della statua inaugurata a Roma si può ampiamente discutere. Sulla grandezza storica e gastronomica della porchetta, proprio no. Anche il grande scrittore Carlo Emilio Gadda, nel suo ‘Pasticciaccio brutto di via Merulana’, rese onore alla specialità di Ariccia, “la bella porca co un bosco de rosmarino in de la panza. Carne fina e delicata, pe li signori proprio”. Non sarà una pagina di grande letteratura, ma è pur sempre meglio di una brutta scultura.