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February 26, 2021
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Massimo Bottura, il cuoco modenese compositore moderno di ricette antiche

Lo chef tre stelle Michelin, premiato più volte come il più bravo del mondo, è anche molto ispirato dalla moglie americana Lara Gilmore

Mauro BassinibyMauro Bassini
Cibo italiano in America, ovvero il top ricercato dai “foodies”

Lo Chef Massimo Bottura, impegnato nella lettura di un testo

Time: 4 mins read

“Quando mio padre seppe che non sarei diventato un avvocato, o un venditore di petrolio come lui, non mi parlò per due anni. Gli gridai che avrei preso le tre stelle Michelin, ma dicevo così per dire, mica ci credevo”. Massimo Bottura è il cuoco italiano più celebre nel mondo. Da anni è quasi impossibile prenotare un tavolo all’Osteria Francescana, il suo bel ristorante nel centro storico di Modena, preso costantemente d’assalto da turisti-gastronomi che arrivano da tutto il mondo. Quaranta coperti e un numero non inferiore di dipendenti, ora tristemente bloccati dalle norme anti pandemia. Ha tre stelle Michelin dal  2012. Per due volte, nel 2016 e nel 2018, Bottura è stato premiato come cuoco più bravo del mondo nella classifica planetaria, quella dei ‘Best 50 restaurants’. Graduatoria sempre discussa, certo, ma pur sempre la più prestigiosa.

L’attesa delle prelibatezze dell’Osteria Francescana (Wikimedia/City Foodsters)

Eppure i suoi inizi non furono facili. Gli studi di giurisprudenza non gli piacevano proprio, anche se probabilmente Bottura sarebbe stato un buon avvocato: sa parlare e convincere, ha metodo e precisione, ha anche una notevole cultura generale. E invece a 24 anni dice addio ai corsi universitari e rileva una trattoria nel Modenese, a Campazzo. Lì apprende le basi della tradizione gastronomica, impara e conoscere e selezionare le grandi materie prime della cucina modenese ed emiliana: le carni, il parmigiano reggiano, l’aceto balsamico, i salumi, le verdure. Nel 1995 apre, nel centro di Modena,  l’Osteria Francescana.

Lara Gilmore (Foto di Paolo Terzi)

Pochi mesi dopo, nello stesso anno, sposa una bella ragazza di Washington che ha cominciato a lavorare con lui. Si chiama Lara Gilmore, negli Usa si occupava di arte e di editoria, con un sogno nel cassetto: il cinema. La Francescana, Bottura e i loro due figli diventano la vita di Lara. C’è sempre lei a ispirare, sostenere e promuovere ogni iniziativa dello chef: le campagne contro lo spreco alimentare, l’avvio di nuovi locali, le iniziative di solidarietà che portano all’apertura di refettori per i senza casa in Italia, in Brasile, in Messico. O una scuola che insegna a preparare la pasta fresca a bambini con gravi problemi cognitivi.

Da subito, Bottura viaggia e impara. Lavora con maestri come Georges Cogny e Alain Ducasse. Nel 2000 Ferran Adrià lo invita al Bulli, il ristorante su una spiaggia della Costa Brava che sta cambiando i metodi, la storia e la filosofia della cucina innovativa. Adrià è nato nello stesso anno di Bottura, 1962, solo qualche mese prima. Ma è un protagonista assoluto. La sua cucina molecolare cambierà l’alfabeto della moderna gastronomia, tra polemiche feroci e attacchi violenti a metodi e strumenti che sembrano appartenere a un chimico, più che a un cuoco. Sul podio dei ‘Best 50’, Adrià salirà per ben cinque volte, nel 2002 e poi dal 2006 al 2009.

L’entrata a Modena della Osteria Francescana di Massimo Bottura (Wikimedia/City Foodsters)

Per Bottura è un incontro decisivo. Lavorando con Adrià il cuoco modenese mette a fuoco idee e progetti. I capisaldi sono apparentemente semplici: conoscere a fondo la tradizione, cercando di prendere il meglio del passato e portarlo nel futuro. Inseguire ossessivamente la perfezione tecnica e l’eccellenza del prodotto, non rinunciare mai alla fantasia e alla progettualità. “Se smettessi di sognare, smetterei di cucinare”, diceva in quegli anni.

“Il bollito non bollito” di Massimo Bottura (Foto di Paolo Terzi)

Uno dei primi e più celebri piatti di Bottura ne racconta il metodo, meglio di tante parole. Si chiama ‘bollito non bollito’. È un meraviglioso esercizio di tecnica innovativa, amore per la propria terra, raffinatezza della presentazione. Il punto di partenza è il bollito misto, un classico dei pranzi domenicali delle famiglie emiliane. La cottura delle diverse parti di carne non avviene però nel brodo, ma in sacchetti sotto vuoto, a bassa temperatura. In questo modo si evita che i sapori della carne si disperdano nel liquido di cottura. Sul piatto, i diversi tagli vengono allineati in piccoli pezzi squadrati, più o meno alti, che possono ricordare la skyline di New York.

“La patata che voleva diventare tartufo” di Massimo Bottura (Flickr/Buauro)

In tanti altri memorabili piatti del cuoco modenese non cambia la logica: massimo rispetto del passato, massimo sforzo verso il futuro. Così sono nate le ‘cinque stagionature del parmigiano reggiano’, il ‘camouflage’, la ‘patata che spera di diventare tartufo’ e un dessert che Bottura chiama ‘Oops, mi è caduta la crostatina’.

“Oops! Mi è caduta la crostata” di Massimo Bottura (Wikipedia/Quinn Comendant)

In un bel libro pubblicato pochi anni fa (Vieni in Italia con me) lo chef spiega, senza pedanti lezioni, quanto possano essere simili e comunicanti certi universi apparentemente lontanissimi fra loro: la cucina, l’arte contemporanea, la musica. Geniale, appassionato, colto e istrionico, Bottura cita Beuys e Ai Wewei, parla del suo lavoro con un’emozione e una passione che a volte solleva facili ironie sul web. Qualche moralista da social network ne fa, sbagliando, i’icona di un lusso sfrontato e irraggiungibile, dei menù da 300 euro, del dorato carrozzone dei cuochi da palcoscenico che ormai fanno più spot che arrosti. Bottura non è questo e non c’entra con tutto questo. Non va quasi mai in televisione, è spesso in cucina anche se non si direbbe, mantiene la freschezza e le motivazioni di un ragazzino, è l’idolo di chi ha lavorato con lui e delle migliaia di ragazzi che sognano di poterlo fare.

Lo chef MAssimo Bottura
Lo chef Massimo Bottura in azione

Provoca, scuote, inventa, costruisce. Soprattutto, è uno straordinario e inestimabile spot mondiale del marchio Italia, dell’enorme e avvilita ricchezza della cultura nazionale. Qualcosa di simile sono stati Enzo Ferrari, Giorgio Armani, forse Gianni Agnelli e pochi altri. No, Bottura non è l’odioso campione di un sistema idiota, in cui i fornelli valgono più delle cattedre. Certo, il sistema è idiota, anche per colpa di certi sopravvalutati fenomeni dell’alta cucina. Ma quelli come Bottura non sono la malattia, sono la cura.

Massimo Bottura (Wikipedia/Alice Jessica North)

È un grande cuoco. Indiscutibile, apprezzatissimo. Se frequenta ministri e politici, è per tentare di dare sostanza a qualche buona idea di solidarietà e di promozione, in Italia e all’estero. Sarebbe normale, per ogni italiano, essere fiero di lui.  “Ma la nostra terra ti perdona tutto tranne il successo”, diceva Enzo Ferrari, modenese anche lui. Difficile dargli torto. 

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Mauro Bassini

Mauro Bassini

Mauro Bassini è un giornalista di Bologna. Dal 1977 lavora per il gruppo di quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione- Il Giorno. Da sempre si interessa di buona tavola e libri antichi. Con Minerva Edizioni ha pubblicato diversi libri sui ristoranti e sulla grande tradizione gastronomica emiliana. Il suo piatto preferito? Le tagliatelle al ragù

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