A causa della pandemia, in città sono cambiate per tutti le abitudini, i ritmi, i riti e anche l’aspetto delle strade e dei locali. Le persone si sono adattate a indossare mascherine, ripensare allo spazio in cui si vive abitualmente, anche nei momenti di svago.
Mercoledì, il governatore Andrew Cuomo ha stabilito il coprifuoco entro le 10 pm in tutto lo stato di New York, per bar e locali. Dal 30 settembre è possibile, però, gestire il servizio all’esterno e questo ha permesso a più di 10mila ristoranti e bar di prendere in consegna marciapiedi, strade e altri spazi pubblici, visto che la capienza per il distanziamento sociale all’interno di bar e ristoranti è ridotta al 25% .
Abbiamo sentito il parere di Filippo Polidori, Classe 1972, Marchigiano. Si occupa di comunicazione di importanti locali dedicati al food, tra i quali il Piccolo Cafè di New York. “NY e l’Italia -spiega Polidori- da sempre hanno delle affinità elettive e anche in questo dramma dove la situazione Italiana ha anticipato quello che dopo pochi mesi sarebbe accaduto in Usa. C’è stata una ristorazione “PreCovid19” e una “ristorazione Covid19” che nel compromesso è riuscita a trovare nonostante tutto quell’equilibrio per regalare all’ospite quella voglia di uscire, e sedersi al tavolo del proprio ristorante preferito. Perché nonostante il Corona virus i ristoranti rimangono un luogo di cultura, di socializzazione di condivisione e questo aspetto nonostante tutte le limitazioni non gli e lo toglierà mai nessuno”.
E’ cambiato anche il modo di comunicare di questo comparto, sempre più rivolto all’interazione digitale.
“Nella comunicazione della ristorazione – continua – siamo passati da metterci la faccia prima e poi la maschera, io che mi occupo di comunicazione ho avuto difficoltà ad accettare questa “obbligatoria” e giusta imposizione, ma come si può raccontare un luogo senza metterci la faccia?! Il compromesso è stato quello di raccontare delle storie, parole che aiutassero a sopperire alla mancanza di un volto, di un sorriso, siamo tornati a dedicare minuti e non secondi alla lettura di un post e questo aspetto è l’unico lato positivo”. Sia in Italia che negli Stati Uniti il ruolo fondamentale l’ha giocato il cliente: “In Italia dopo due mesi di lockdown vi lascio immaginare quanta era la voglia di uscire, di essere coccolati, serviti…molti amici chef di New York come Michele Casadei Massari, (chef di Lucciola e Piccolo Cafè) mi hanno detto la stessa cosa, le persone non vanno a cena per sfamarsi ma per vivere una esperienza, perché per godere appieno la cucina di un ristorante c’è solo un modo “sedersi al tavolo ed aspettare che cominci lo spettacolo”.
Abbiamo sentito quindi il parere di Michele Massari ambasciatore per gli Stati Uniti del Consorzio del Parmigiano reggiano. “Da ragazzo seguivo mio padre d’estate che andava per lavoro in America. Poi, dal 2009 ho deciso di trasferirmi a New York”. Qui Massari ha fondato i locali Lucciola e Piccolo Cafe’ nell’Upper West Side, diventando anche chef.
Prima della pandemia c’erano più di 25,000 tra bar , ristoranti e cafè che impiegavano più di 300mila persone. Andrew Rigie, direttore esecutivo del New York City Hospitality Alliance e il portavoce del New York City Council Corey Johnson stanno provando a reimmaginare come usare gli spazi metropolitani per ridurre gli assembramenti: “Stiamo estendendo i marciapiedi. In altre aree abbiamo chiuso le strade e riconsiderato le piazze pedonali dove i ristoratori possono servire ai clienti le ordinazioni e permettere loro di consumarli ai tavoli all’aperto…”.
Ora che il permesso di servire cibo nei ristoranti all’aperto è stato esteso, alcuni locali si stanno adattando per offrire alla clientela un luogo sicuro, caldo, confortevole e creativo. Si scende quindi a compromessi e ci si ingegna per creare strutture accoglienti e sicure. Vediamone alcuni.
The Brooklyn Chop House nel Financial District hanno installato un body scanner a raggi ultravioletti all’entrata del locale che, a detta del proprietario Stratis Morfogen “Sono in grado di eliminare qualsiasi batterio presente sugli abiti dei clienti. Il macchinario registra anche la temperatura che non deve essere più alta di 37,6 gradi”. Morfogen sta anche allestendo un altro ristorante dove non ci sarà più contatto tra clienti e staff.
Al Brooklyn Dumpling Shop nell’East Village si potrà ordinare il cibo e ritirarlo in un contenitore apposito posto a 3 metri e mezzo dal locale.
Cafe Du Soleil Nell’ Upper West Side! Possiamo trovare delle bolle spaziali, che proteggono da pioggia, neve, vento mentre si consuma il brunch. Anche se non sono dotate di riscaldamento, il materiale in cui sono realizzate le isola dal freddo e ha disposto quindi i separè di plastica che possono essere aperti su due lati, per favorire il ricambio d’aria e per mantenere all’interno una temperatura di 10 gradi superiore all’esterno.
La coproprietaria del locale Alain Chevreux ha speso $350 per ognuna delle 16 bolle e possono contenere fino a 6 persone e a, detta di alcuni clienti, questo diventa uno spazio intimo e protetto per creare un’esperienza originale al ristorante.
230 Fifth Bar a Flatiron. Questi comodi igloo sono popolarissimi a New York da anni. Sono completamente riscaldati e offrono una vista panoramica dello skyline!
Kissaki a Columbus Ave Il ristoratore Garry Kanfer ha installato lampade sul soffitto del gazebo riscaldato, spazi ampi per sedersi sia nella location dell’Upper West Side e sulla Bowery.
Bin 5 Rosebank di Staten Island . Dietro l’accogliente patio, questo bistrò italiano ha impiantato un riscaldamento sia a pavimento che a parete per tenere al caldo i propri clienti.
Shuko a Union Square. Una location incredibile per gustare il sushi nel vicolo riscaldato.
The Standard Grill sulla High Line si è fornito di lampade riscaldanti lungo tutto il patio su Washington Street. Il ristorante, ogni giovedì e domenica proietta serie tv nello spazio di f0ornte allo Standard Hotel.
Pastis, Meatpacking Questo locale francese propone ai clienti un patio riscaldato a propano.
Talk Story Rooftop, Williamsburg. L’atmosfera di luogo di vacanza e svago tutto l’anno in questo bar in terrazza che si ispira ad atmosfere caraibiche con cucina e cocktails tropicali in un’area panoramica e riscaldata grazie anche alla copertura mobile del tetto.
Sushi Lab, Theater District. Una delle terrazze più belle della città offre piatti di sushi anche in inverno con riscaldamento elettrico sul tetto dell’hotel Sanctuary. Si può cenare anche al bancone, a distanza di sicurezza.
Dr. Clark, a Chinatown. Questo locale tradizionale giapponese è stato adattato proprio per il servizio outdoor al caldo e in sicurezza. E’ arredato con 8 tavolini bassi in legno, sopra il quale viene posto un Futon o una pesante coperta. Sopra la coperta è presente un piano di appoggio per consentirne l’uso come un normale tavolo, mentre sul lato inferiore della struttura viene montata una fonte di calore che consente a sei persone di sedersi sotto un tetto arrotondato.
Don Angie nel West Village ha costruito una struttura in legno con un vero tetto, finestre e lampade termiche.
Bar Food in Park Slope. Questo giardino a South Slope era una volta un distributore di benzina. Si serve birra e ha un grande spazio esterno seminascosto; ogni tavolo è fornito di un tendone sotto cui ripararsi in caso di pioggia.
Sunnyside Bar in Queens, un pub irlandese modificato in una chiosco coperto con moltissime lampadine sospese sul soffitto.