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November 12, 2020
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New York chiude i locali alle 10 pm ma si può mangiare all’aperto e a prova di Covid

Dehors riscaldati, strutture in materiali speciali, terrazze coperte, padiglioni per garantire la sicurezza: Abbiamo sentito il parere di alcuni ristoratori

Manuela CaracciolobyManuela Caracciolo
Lucciola Nyc

Lucciola Nyc

Time: 7 mins read

A causa della pandemia, in città sono cambiate per tutti le abitudini, i ritmi, i riti e anche l’aspetto delle strade e dei locali. Le persone si sono adattate a indossare mascherine, ripensare allo spazio in cui si vive abitualmente, anche nei momenti di svago.

Mercoledì, il governatore Andrew Cuomo ha stabilito il coprifuoco entro le 10 pm in tutto lo stato di New York, per bar e locali. Dal 30 settembre è possibile, però, gestire il servizio all’esterno e questo ha permesso a più di 10mila ristoranti e bar di prendere in consegna marciapiedi, strade e altri spazi pubblici, visto che la capienza per il distanziamento sociale all’interno di bar e ristoranti è ridotta al  25% .

Abbiamo sentito il parere di Filippo Polidori, Classe 1972, Marchigiano. Si occupa di comunicazione di importanti locali dedicati al food, tra i quali il Piccolo Cafè di New York.  “NY e l’Italia -spiega Polidori- da sempre hanno delle affinità elettive e anche in questo dramma dove la situazione Italiana ha anticipato quello che dopo pochi mesi sarebbe accaduto  in Usa. C’è stata una ristorazione “PreCovid19” e  una  “ristorazione Covid19” che nel compromesso è riuscita  a trovare nonostante tutto quell’equilibrio per regalare all’ospite quella voglia di uscire, e sedersi al tavolo del proprio ristorante preferito. Perché nonostante il Corona virus i ristoranti rimangono un luogo di cultura, di socializzazione di condivisione e questo aspetto nonostante tutte le limitazioni non gli e lo toglierà mai nessuno”.

Filippo Polidori
Filippo Polidori

E’ cambiato anche il modo di comunicare di questo comparto, sempre più rivolto all’interazione digitale.

“Nella comunicazione della ristorazione – continua – siamo passati da metterci la faccia prima e poi la maschera, io che mi occupo di comunicazione ho avuto difficoltà ad accettare questa “obbligatoria” e giusta imposizione, ma come si può  raccontare un luogo senza metterci la faccia?! Il compromesso è stato quello di raccontare delle storie, parole che aiutassero a sopperire alla mancanza di un volto, di un sorriso, siamo tornati a dedicare minuti e non secondi alla lettura di un post e questo aspetto è l’unico lato positivo”. Sia in Italia che negli Stati Uniti il ruolo fondamentale l’ha giocato il cliente: “In Italia dopo due mesi di lockdown vi lascio immaginare quanta era la voglia di uscire, di essere coccolati, serviti…molti amici chef di New York come Michele Casadei Massari, (chef di Lucciola e Piccolo Cafè) mi hanno detto la stessa cosa,  le persone non vanno a cena per sfamarsi ma per vivere una esperienza, perché per godere appieno la cucina di un ristorante c’è solo un modo “sedersi al tavolo ed aspettare che cominci lo spettacolo”.

Abbiamo sentito quindi il parere di Michele Massari  ambasciatore per gli Stati Uniti del Consorzio del Parmigiano reggiano. “Da ragazzo seguivo mio padre d’estate che andava per lavoro in America. Poi, dal 2009 ho deciso di trasferirmi a New York”. Qui Massari ha fondato i locali Lucciola e Piccolo Cafe’ nell’Upper West Side, diventando anche chef.

Michele Massari
Michele Massari
“Una persona, come Filippo, ha sempre dimostrato di saper leggere i tempi e riconoscere la “danza”, mi piace usare la similitudine col ballo e pensare che ora proprio non ci si possa pestare i piedi e che si debba tenere il ritmo alto, la danza e fatti di momenti di stretta e momenti di rilascio ma senza mai perdere il ritmo, il senso del ballo risiede nell’esperienza vorticosa quanto nella musica, musica che è cambiata, ma non il ballo, eravamo in ballo e dobbiamo continuare a ballare…Qui come in Italia, regole, fatti e cadenze sono state vorticose e ci hanno costretto a tanto, mi correggo, a tutto! Ma mai ad abbandonare le nostre cucine e i nostri clienti, amiamo quello che facciamo e temo dovremo farlo al freddo e al gelo qui a NYC. Voglio esprimere la mia stima, il mio supporto e massima ammirazione per i colleghi italiani che osservo giornalmente e che mi danno forza e fatti, ricette e ingredienti che mi fanno sentire a casa e vicino, non voglio dire ne a loro né a noi, forza ma bensí: le regole non sono il problema, il problema è scegliere la regola. Abbiamo pagato e sofferto questo momento è verissimo ma anche consolidato e capito chi sono i nostri clienti e chi siamo noi!
Un professionista come Filippo Polidori, con il suo stile di comunicazione garbato ma mai flebile, con il suo amore per il vino e per il bello e il buono ci sta accompagnando per mano attraverso questi mesi e questi tempi e sono certo ci aiuterà , poi, a raccontarli e darne valore, perché il tempo vale sempre e tutto, d’altronde è la regola del ballo.. e lui è maestro di danza! Spero il mio spunto risulti efficace e di interesse, sono stanco e deciso a non unirmi a chi punta il dito ma a chi guarda il cielo e scorge l’alba e tramonto e non a chi invoca la fine”.
Il ristorante la Pecora Bianca sulla Seconda Avenue (Foto di Terry W. Sanders)

Prima della pandemia c’erano più di 25,000 tra bar , ristoranti e cafè che impiegavano più di 300mila persone.  Andrew Rigie, direttore esecutivo del New York City Hospitality Alliance e il portavoce del New York City Council Corey Johnson stanno provando a reimmaginare come usare gli spazi metropolitani per ridurre gli assembramenti: “Stiamo estendendo i marciapiedi. In altre aree abbiamo chiuso le strade e riconsiderato le piazze pedonali dove i ristoratori possono servire ai clienti le ordinazioni e permettere loro di consumarli ai tavoli all’aperto…”.

Ora che il permesso di servire cibo nei ristoranti all’aperto è stato esteso, alcuni locali si stanno adattando per offrire alla clientela un luogo sicuro, caldo, confortevole e creativo. Si scende quindi a compromessi e ci si ingegna per creare strutture accoglienti e sicure. Vediamone alcuni.

The Brooklyn Chop House nel Financial District hanno installato un body scanner a raggi ultravioletti all’entrata del locale che, a detta del proprietario Stratis Morfogen “Sono in grado di eliminare qualsiasi batterio presente sugli abiti dei clienti. Il macchinario registra anche la temperatura che non deve essere più alta di 37,6 gradi”. Morfogen sta anche allestendo un altro ristorante dove non ci sarà più contatto tra clienti e staff.

Brooklyn Chop House
Brooklyn Chop House

Al Brooklyn Dumpling Shop nell’East Village si potrà ordinare il cibo e ritirarlo in un contenitore apposito posto a 3 metri e mezzo dal locale.

Cafe Du Soleil Nell’ Upper West Side! Possiamo trovare delle bolle spaziali, che proteggono da pioggia, neve, vento mentre si consuma il brunch. Anche se non sono dotate di riscaldamento, il materiale in cui sono realizzate le isola dal freddo e ha disposto quindi i separè di plastica che possono essere aperti su due lati, per favorire il ricambio d’aria e per mantenere all’interno una temperatura di 10 gradi superiore all’esterno.

Cafè du Soleil
230 Fifth Bar

La coproprietaria del locale Alain Chevreux ha speso  $350 per ognuna delle 16 bolle e possono contenere fino a 6 persone e a, detta di alcuni clienti, questo diventa uno spazio intimo e protetto per creare un’esperienza originale al ristorante.

230 Fifth Bar a Flatiron. Questi comodi igloo sono popolarissimi a New York da anni. Sono completamente riscaldati e offrono una vista panoramica dello skyline!

Kissaki a Columbus Ave Il ristoratore Garry Kanfer ha installato lampade sul soffitto del gazebo riscaldato, spazi ampi per sedersi sia nella location dell’Upper West Side e sulla Bowery.

Bin 5 Rosebank di Staten Island . Dietro l’accogliente patio, questo bistrò italiano ha impiantato un riscaldamento sia a pavimento che a parete per tenere al caldo i propri clienti.

Shuko a Union Square. Una location incredibile per gustare il sushi nel vicolo riscaldato.

Shuko di Union Square

 The Standard Grill sulla High Line si è fornito di lampade riscaldanti lungo tutto il patio su Washington Street. Il ristorante, ogni giovedì e domenica proietta serie tv nello spazio di f0ornte allo Standard Hotel.

Pastis, Meatpacking Questo locale francese propone ai clienti un patio riscaldato a propano.

Talk Story Rooftop, Williamsburg. L’atmosfera di luogo di vacanza e svago tutto l’anno in questo bar in terrazza che si ispira ad atmosfere caraibiche con cucina e cocktails tropicali in un’area panoramica e riscaldata grazie anche alla copertura mobile del tetto.

Sushi Lab, Theater District. Una delle terrazze più belle della città offre piatti di sushi anche in inverno con riscaldamento elettrico sul tetto dell’hotel Sanctuary. Si può cenare anche al bancone, a distanza di sicurezza.

Dr. Clark, a Chinatown. Questo locale tradizionale giapponese è stato adattato proprio per il servizio outdoor al caldo e in sicurezza.  E’ arredato con 8 tavolini bassi in legno, sopra il quale viene posto un Futon o una pesante coperta. Sopra la coperta è presente un piano di appoggio per consentirne l’uso come un normale tavolo, mentre sul lato inferiore della struttura viene montata una fonte di calore che consente a sei persone di sedersi sotto un tetto arrotondato.

Drclark
Dr Clark a Chinatown

Don Angie nel West Village ha costruito una struttura in legno con un vero tetto, finestre e lampade termiche.

Bar Food in Park Slope. Questo giardino a South Slope era una volta un distributore di benzina. Si serve birra e ha un grande spazio esterno seminascosto; ogni tavolo è fornito di un tendone sotto cui ripararsi in caso di pioggia.

Sunnyside Bar in Queens, un pub irlandese modificato in una chiosco coperto con moltissime lampadine sospese sul soffitto.

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Manuela Caracciolo

Manuela Caracciolo

Manuela Caracciolo, fin da bambina ha coltivato la passione per tutto ciò che è creazione ed espressione artistica. Dopo avere frequentato l’Istituto Europeo di Design a Torino e si diploma nel 2001 al Corso di Fashion & Textile Design, lavora per alcuni anni come stilista e graphic designer. Amante della creatività anche nel campo letterario, rispolvera la sua antica passione per la scrittura. E’ giornalista e reporter dal 2007 e collabora con il giornale locale Gazzetta d’Asti e altri fogli locali e con i magazines americani America24 del gruppo il Sole24ore e La Voce di New York scrivendo articoli di costume, arte e cultura. Si occupa di comunicazione per varie realtà associative nell’ambito dell’arte, della cultura , dell’enogastronomia. Ha partecipato e vinto numerosi riconoscimenti letterari con racconti e poesie e ha pubblicato nel 2011 una raccolta di racconti “Storie sole” per Carta e Penna edizioni . A gennaio 2017 è stato pubblicato il suo primo romanzo "Quella notte a Merciful street" edito da Trenta Editore.

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