Ricapitoliamo. Anthony Fauci, membro illustre della task force del governo americano dedicata alla lotta al covid-19, non è mai stato così entusiasta come due giorni fa, quando ha definito “straordinaria”, davanti agli occhi di tutto il mondo, l’efficacia del vaccino magicamente spuntato dai laboratori della Pfizer. “Certamente la pandemia non durerà ancora a lungo – ha detto Fauci ospite di Chatham House – perché i vaccini ci aiuteranno ad uscire da questa fase storica”. Bombardata da notizie negative, l’opinione pubblica ha bisogno di qualche boccata d’aria fresca. Il vaccino, in questo caso, le regala un barlume di speranza.
Nel mondo, ad oggi, la situazione è la seguente. Da inizio pandemia sono state confermate 51.848.261 persone infettate, che hanno causato, in totale, 1.280.868 morti. Il primo paese per numero di casi sono gli Stati Uniti (10.124.555), seguiti da India (8.683.916), Brasile (5.700.044) e Russia (1.858.568). In Europa è la Francia, con 1.829.688 positivi, ad essere lo stato più colpito, mentre l’Italia, nel continente, si trova al quarto posto (1.028.424).
Siamo nel pieno della seconda ondata. Guardando i grafici appare evidente e, pur con qualche differenza di intensità, le curve di tutte le nazioni colpite dal covid si somigliano. Il minimo comune denominatore è questo: boom di marzo-aprile, discesa in estate e nuovo scoppio con l’avvento dell’autunno. È evidente, dunque, che il problema della gestione sia globale e non imputabile a un solo governo. Difficile pensare che gli esecutivi di tutti i paesi del mondo abbiano commesso errori tali da permettere al virus di continuare a circolare liberamente. Il fatto è che, data la presenza di un numero elevatissimo di asintomatici o paucisintomatici, il covid sia una malattia impossibile da arginare se non tramite l’utilizzo di mezzi estremamente coercitivi, come il lockdown generalizzato. A meno che, come dice Fauci, non esca un vaccino.
In Italia, la cartina è divisa come le cantiche dantesche. In zona rossa si trovano Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Calabria e la Provincia autonoma di Bolzano. In zona arancione Abruzzo, Basilicata, Liguria, Toscana, Puglia, Sicilia e Umbria. In zona gialla Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Molise, Sardegna, Veneto e la Provincia autonoma di Trento. Il governo pare aver raggiunto, con la scelta dei 21 parametri che contribuiscono alla definizione del colore delle regioni, una sorta di stabilità. Dagli inizi di novembre a oggi, la curva sembra essere in via di stabilizzazione e la percentuale tra tamponi fatti e casi positivi si sta attestando, dal 2/11, intorno al 16%. Da ricordare che nel corso della prima ondata, in questo rapporto, il 9 marzo si rqggiunse il picco del 46,21% di casi positivi su quelli testati (1.797 su 3.889). Per dare un’idea: se nella giornata di oggi la percentuale fosse stata la stessa, con 234.672 tamponi non avremmo avuto 37.977 positivi, ma ben 108.442.
Per chiudere, i dati sulle terapie intensive. La soglia critica del 30% di posti occupati da pazienti covid stimata dal Ministero della Sanità non è ancora stata superata soltanto in 5 regioni: Veneto, Friuli, Molise, Basilicata e Calabria. La situazione più critica è quella della Valle d’Aosta, dove sono saturi l’80% dei letti disponibili, la provincia di Bolzano (76.4%) e la Lombardia (75.5%).
Questi sono i numeri e questa è la situazione generale della pandemia nel mondo. Visto come vanno le cose, non sembra esserci altra soluzione che mettersi a fare il conto alla rovescia per il giorno in cui verrà distribuito il vaccino. Fino ad allora, sarà obbligatorio scegliere: o il contenimento del virus o la ripresa dell’economia. Dopo otto mesi, ormai è chiaro. L’una esclude l’altra.