Salutato da una calorosa anteprima all’ultimo Festival del Cinema di Roma, arriva sugli schermi – il prossimo giovedì 3 marzo – Luigi Proietti detto Gigi, un emozionante viaggio alla scoperta di chi era veramente il vulcanico, poliedrico, difficilmente catalogabile attore romano – scomparso il 2 novembre 2020 – che meglio di tutti ha saputo evidenziare che la vera comicità nasce dal conflitto degli opposti e che tutto ciò che ci circonda, dagli esseri umani agli oggetti, è fonte di ispirazione per un artista, di qualunque campo. “Non si butta via niente”, soleva dire.
L’emozionante, coinvolgente puzzle psicologico/artistico del docu-film è opera del sempre più convincente attore, sceneggiatore e regista Edoardo Leo (già 36 film come attore; regia di 7 apprezzati lungometraggi, tra cui il pluripremiato Diciotto anni dopo (2010) – Buongiorno papà (2013) – Noi e la Giulia (2015) – Lasciarsi un giorno a Roma (2021) e autore di numerose sceneggiature cinematografiche e televisive).

Luigi Proietti detto Gigi, grazie anche alle preziose e dettagliate testimonianze di alcune delle persone che più lo hanno avuto vicino (famigliari, attori, musicisti, amici), è un ritratto profondo, divertente, ma anche commovente, di un uomo/artista di grandissima umanità con i colleghi, specie i più giovani, anche timido – può sembrare strano, ma è così – e mai altezzoso, con la puzza sotto il naso, insomma, per la sua notorietà. Molto apprezzabili sono, a tal proposito, alcuni dei diversi aneddoti che su questa umiltà ci regalano sua sorella Anna Maria e le figlie Susanna e Carlotta: gli applausi le standing ovation non significavano nulla se non c’era l’approvazione dei familiari. Non dimenticò mai quel “mi è piaciuto abbastanza” che fu il commento di sua madre, Giovanna Ceci, dopo un trionfale spettacolo di A me gli occhi, please (lospettacolo che nel 1976 rivoluzionò da cima a fondo la scena teatrale italiana ed era così ben costruito che in una replica, nel 1977, Edoardo De Filippo, spettatore d’onore, andò a trovare Luigi in camerino dopo lo spettacolo e gli disse: “Anch’io da ragazzo facevo queste cose. Bravo, finalmente c’è qualcuno che continua”).
Alternando materiali inediti, repertori “introvabili” e cavalli di battaglia indimenticabili, Edoardo Leo ripercorre la vita del polimorfo, indimenticabile Gigi mostrando successi, ma anche momenti difficili, fino al raggiungimento della leggenda. Un lungo viaggio, con tappe sempre nuove e iniziato quando aveva solo 3 anni e fu chiamato dal parroco a dire una poesia sui gradini dell’altare: i calorosi applausi che ricevette dai fedeli presenti lo convinsero già da allora che il palco sarebbe stata la sua vera palestra di vita.
Tra i tanti materiali d’archivio presenti nel docu-film, meritano particolare attenzione quelli accanto a Federico Fellini durante il doppiaggio di Il Casanova, nei camerini dello spettacolo teatrale Alleluja brava gente di Garinei e Giovannini accanto a Renato Rascel e il varietà Fatti e fattacci che segnò uno degli incontri decisivi della carriera di Proietti, quello con Roberto Lerici, editore, commediografo, sceneggiatore, scrittore e autore televisivo italiano, con cui sceneggerà A me gli occhi, please.

L’infinita carriera di Proietti è stata piena di tanti eventi artistici tra loro anche diversissimi per forma e contenuti – dalla band “Trio Melody” alla commedia musicale (che fino ad allora aveva ritenuto essere solo “roba commerciale”), dalla comicità alle regie teatrali impegnate, dalle barzellette a doppiatore di attori famosi quali, tra gli altri, Sylvester Stallone, Robert De Niro, Marlon Brando, Donald Sutherland e Dustin Hoffman, ma anche genio della lampada per il film d’animazione Aladdin della Walt Disney del 1992: insomma, un autentico eroe dello spettacolo che per più di mezzo secolo ha unito comicità e poesia, pancia e sperimentazione, colto e popolare, ma mai guitto fine a sé stesso!
Quanto Proietti, capace di arrivare ai bambini quanto a un pubblico più adulto e colto, abbia anche inciso come insegnante per i giovani attori non solo il come stare in scena ma anche il rispetto per la propria professione e per il pubblico, lo testimoniano le parole di Edoardo Leo sulla sua famosa uscita di scena con l’inchino al pubblico: “Gigi mi ha dato anche delle lezioni su come ringraziare gli spettatori: alcuni attori, a fine spettacolo, accolgono gli applausi a braccia aperte. Proietti invece si inchinava perché era lui a ringraziare il pubblico per il suo affetto e il suo gradimento. Proietti era una rockstar intima: amatissimo dal pubblico, ma mai pieno di sé”.

Luigi Proietti detto Gigi ha vissuto due fasi: la prima quando nel 2018 Edoardo Leo – che agli inizi della carriera recitò nella trasposizione teatrale, con regia proprio di Proietti, del film Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) (1970) di Ettore Scola – dopo un profondo studio di A me gli occhi, please, decise di fare un documentario sul modo di Gigi di fare spettacolo, sul suo maestro di recitazione e sull’etica dello spettacolo sempre da lui seguita. “Lunghe chiacchierate nel suo studio, decine di ore di materiale da guardare insieme – ha ricordato il regista -. L’ho ripreso ovunque, negli spettacoli, nei camerini, alle prove. Poi al Globe Theatre una lunga intervista, che non sapevo sarebbe stata la sua ultima”. La scomparsa però di Gigi rivoluzionò il progetto, dandogli un cambio di prospettiva perché il racconto dello spettacolo era troppo limitante, circoscritto, occorreva trasformarlo in un’indagine sulla vita e carriera di Proietti per scoprirne il suo “segreto” personale e recitativo, la magia della sua intuitiva naturalezza, il perché del suo grande successo oltre lo storico spettacolo teatrale.
E così si capisce, per esempio, tra le tante cose perché il forte legame con Roma spinse i cittadini della Capitale ha definirlo “l’ottavo Re di Roma” (come già lo erano stati Alberto Sordi e due giocatori della squadra giallorossa, Falcao e Totti): un titolo onorifico che riporta alla memoria un suo ben riuscito spettacolo teatrale, One Man Show, in cui il “funambolico contorsionista” Proietti interpretava tutti e sette i Re di Roma e che, fuori dai denti, era lui l’ottavo Re, quello comico per fortuna.

In Luigi Proietti detto Gigi trovano anche spazio la triste disavventura del Teatro Brancaccio di Roma (gli fu tolto, senza essere interpellato, e la direzione artistica passò a Maurizio Costanzo) e la costruzione del Globe Theatre, sua “seconda casa” inaugurata nel 2003 nel cuore di Villa Borghese e da lui creato per spettacoli shakespeariani con l’obiettivo di avvicinare i giovai al teatro.
Il docu/film di Edoardo Leo è un più che piacevole progetto di riverenza al poliedrico e virtuoso maestro che sembra dire ancora agli spettatori A me gli occhi, please: ha il pregio di essere un lavoro non agiografico e allo stesso tempo un documento davvero utile per i giovani che ancora non conoscono a fondo la grandezza della policroma carriera di Proietti.
E’ vero che si potrebbe criticare lo scarso riferimento del documentario alla carriera cinematografica, ma davanti ad una storia così ricca e sfaccettata era inevitabile che qualcosa non trovasse un grande spazio (non manca comunque il celebre personaggio di Mandrake in Febbre da cavallo di Steno) onde evitare che diventasse un polpettone.
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