Incontriamo Bernard Hiller, uno dei più grandi insegnanti di recitazione al mondo, dopo la conclusione del suo ultimo giorno di stage presso il Teatro Golden di Roma.
Ha un viso serafico, soddisfatto, con un sorriso spontaneo che spesso affiora con grazia.
La sua lunga carriera di maestro lo procede ovunque vada e anche nella sua amata Italia è uno dei più seguiti e ammirati insegnanti.
Quando ha capito di essere un maestro?
“Non ho mai creduto di essere un maestro, perché si studia sempre per essere migliori. Ho invece realizzato di avere il dono di saper spiegare alle persone. Sono un attore, cantante e ballerino, sono tutto questo e non c’è nulla che io non possa fare, ma la mia intenzione era saper insegnare, senza indicare esattamente cosa dovessero fare perché l’importante era trasmettere il fatto che ognuno potesse farcela.
Mi piace mantenere l’insegnamento ad un livello molto personale, infatti non apro scuole, ma giro continuamente per il mondo e lavoro con attori fantastici e manager, perché la prima parte da recitare è quella da recitare nella vita. Io non insegno a recitare ma a vivere…”.
Quindi è un’esperienza. E forse è molto importante per essere diversi.
“Nasciamo tutti diversi, ma impariamo ad essere delle copie”.
Quale è la prima cosa per essere un attore?
“La cosa più importante saper recitare sé stessi. Ognuno recita un ruolo differente: fidanzato, amico, giornalista”.
Però bisogna essere consapevoli di sé stessi…
“Bisogna essere consapevoli di quali doni si hanno e di cosa si può diventare”.
Dove si terrà il prossimo corso?
“Il prossimo corso è a New York City. E avremo una fantastica casting director con noi Judy Henderson, che si è occupata di molti lavori importanti, tra cui il cast di Homeland.
Vogliamo unire più persone del settore e farle lavorare assieme, affinché non si sentano scollegate tra loro. Anche in Italia ho incontrato Martone, Garrone, Genovese, amo molto questo paese e sono stato a Roma in 20 anni per 50 volte”.
Quanto è importante secondo lei l’influenza di Fellini sul cinema americano?
“Credo che tutti più grandi registi americani siano stati influenzati da Fellini e Rossellini. In America ci sono 100 premi Oscar vinti da italiani e in diversi ambiti”.
Ama Sorrentino?
“Amo i registi che sono stimolanti, amo sopratutto i film che fanno, rendendo il mondo un posto migliore”.
Torniamo all’insegnamento.
“Insegnare è una forma di guarigione delle persone, grazie al fatto che le fa tornare su, come in un processo di trasformazione. Abbiamo troppe informazioni, affoghiamo nelle informazioni, invece abbiamo bisogno di trasformazione. E’ semplice scrivere, teorizzare, invece ci vuole coraggio per essere felici, per sognare, per vivere, per morire”.
L’artista è quindi l’essere più coraggioso… Scherzo naturalmente.
“No, invece capisco, si è vero che ci sono molte professioni che denotano tanto coraggio, ma l’artista è fondamentale nella società.
Durante la pandemia questo è stato palese, perché l’artista si è molto speso per mantenere viva l’espressione artistica, addirittura nelle strade”.
Ha notato dei cambiamenti in America dopo la pandemia?
“Si certo, noto cambiamenti tutti i giorni. Imperversa sopratutto la chirurgia plastica. Penseranno che possa essere usata dalle persone dello spettacolo, mentre chi ne fa più uso sono coloro che lavorano nel business, i quali oramai non si guardano che in “zoom”, perché non hanno tempo per guardarsi.
La pandemia rappresenta una vera crisi ma è anche una grande prova, attraverso la quale migliorarsi, perché è necessario farlo. Pensa a quante persone si sono separate, hanno perso il lavoro. E’ come se la terra avesse preso una pausa, respirando”.
Credo che lei abbia la capacità di insegnare in maniera tale, che si possa affrontare il mondo.
“C’è un modo di imparare, non dipende dal talento, ma dal successo, che è un linguaggio e ci tengo ad insegnare proprio questo concetto.
Il problema di molte scuole è che non capiscono l’importanza di questo concetto e non insegnano agli studenti come comportarsi quando devono incontrare registi o produttori”.
Uno dei motivi per cui i nostri studenti, attori e addetti ai lavori ammirano il sistema di lavoro in USA è l’elemento della “meritocrazia”. Cosa ne pensa?
“Certo, non si può dare una parte a qualcuno solo perché è un amico, bisogna fare un buon film e basta.
Hollywood si basa sul voler produrre film che impressionino lo spettatore. Adoro mio figlio ma non lo prenderei mai per girare un film”.
Conferma il modus operandi di Hiller una delle sue più grandi collaboratrici April Webster, che racconta quanto i metodi adottati nei corsi siano una vera e propria esperienza, inimitabile. Raccogliamo inoltre la testimonianza di una delle studentesse, Giuditta Niccoli, attrice cinematografica e teatrale, che ha seguito con Bernard Hiller lo stage di Roma.
“Bernard mi ha insegnato come diventare una persona migliore prima di diventare un’attrice migliore. Ha portato luci nella mia vita insegnando come trovare l’umanità, come connettermi con le persone, ispirare ed essere ispirati da loro condividendo le nostre anime, come essere vulnerabile nella vita in modo che io possa fare scelte vulnerabili nella recitazione. La mia vita è cambiata così tanto da allora, non solo la sua tecnica rivoluzionaria ha migliorato radicalmente la mia recitazione, ma ora so che per essere un artista dovrai imparare a vivere la vita al massimo e ad essere creativo e portare felicità, gioia, amore, passione per ogni momento della vita in modo che possiamo diventare una persona migliore e possiamo raggiungere un altro livello di recitazione. Perché puoi essere il più grande attore solo se sei la persona più grande!”.