“Sono grato alla Festa del Cinema di Roma che ha deciso di andare avanti riportando il pubblico in sala, l’intero mondo del cinema guarda a voi come esempio” sono state le parole con cui Steve McQueen ha ringraziando per il Premio alla Carriera ricevuto dalla Festa di Roma 2020.

Il regista britannico di Shame e 12 anni schiavo si è confermato una figura importante nel panorama cinematografico di questi ultimi anni per il coraggio con cui ha sempre affrontato certi argomenti, non poteva non essere la sua la presenza più notevole in questi primi giorni di manifestazione.
Nella Capitale ha portato tutta la famiglia (forse anche per festeggiare insieme i 51 anni compiuti lo scorso 9 ottobre), ma soprattutto la sua ultima creatura, la miniserie Small Axe attesa a novembre su BBC One, nella quale si raccontano storie di lotta al razzismo, ambientate tra il 1969 e il 1982 nella comunità caraibica di Londra. “Questa è la realtà che i neri devono sopportare ogni giorno” ha aggiunto, sottolineando come i casi come quello di George Floyd e la pandemia mondiale del Covid-19 siano riusciti a risvegliare molte coscienze. Un discorso che porta avanti dai tempi di 12 anni schiavo, un film che sembrava impossibile anche solo per il fatto di avere un protagonista nero e che divenne realtà grazie al fatto che “ci fosse Obama come Presidente degli Stati Uniti”.
Oggi forse qualcosa sta finalmente cambiando, come deve aver pensato anche il pubblico dell’Auditorium Parco della Musica di Roma assistendo al sorprendente Wendy di Benh Zeitlin, newyorkese del Queens e nominato agli Oscar 2013 per il miglior regista e la migliore sceneggiatura originale per Re della terra selvaggia. Una rilettura originale della storia immortale di Peter Pan – per la prima volta interpretato da un giovane attore di colore, Yashua Mack – raccontata dal punto di vista della sua piccola amica, la maggiore dei fratellini Darling. Uno schiaffo a canoni e pregiudizi che si spera di trovare confermato nel prossimo Peter Pan and Wendy della Disney con Jude Law, dove per il ruolo della piccola Tinkerbell (Trilli o Campanellino che dir si voglia) è stata scelta l’afroamericana Yara Shahidi di Black-ish e Grown-ish.
E in un Festival nel quale si aspettavano ospiti di livello internazionale, protagonisti di incontri annunciatissimi, è proprio dal grande schermo che sembrano arrivare le sorprese più belle. Purtroppo a causa di defezioni dolorose come quelle del regista francese di Eté 85 François Ozon, “per motivi legati all’emergenza sanitaria” in corso, e di Francesco Totti, ex capitano della Roma e protagonista del documentario di Alex Infascelli Mi chiamo Francesco Totti, a seguito del grave lutto che ha colpito la sua famiglia.

Sono state molte le manifestazioni d’affetto per il Campione del Mondo dopo la recente scomparsa del padre, proprio nei giorni in cui il film su di lui vedeva la luce. Un film che ha sorpreso tutti, proprio per la capacità di andare oltre il calcio, evidenziando il lato umano di un personaggio entrato nel Mito, eppure capace di non mettere mai in secondo piano il suo legame con tutto quello che lo ha reso la persona che è oggi, amata e apprezzata da fan e avversari, fuori e dentro dal campo. Dal primo pallone in spiaggia, a Porto San Giorgio, all’addio del 28 maggio 2017 sullo schermo scorrono le tappe di una vita normale, come non ci si aspetterebbe, commentata con naturalezza e sincerità dal diretto interessato. I suoi sono stati i nostri anni, almeno gli ultimi 25, ed è la nostra giovinezza e vita quella che hanno scandito, finendo per farlo diventare una presenza talmente costante da rendere impossibile non commuoversi nel sentirlo rivivere emozioni tanto simili a quelle di tanti di noi o ricordare momenti che si sono intrecciati con i nostri.