Due giorni dopo la prima mondiale del suo film “The Irishman”, il regista Martin Scorsese è ritornato alla sala Alice Tully Hall del Lincoln Center per ”il talk “On cinema”.
Accolto da un lungo applauso del pubblico, il maestro si è seduto sul palco accanto a Kent Jones, direttore del New York Film Festival per il settimo (e ultimo) anno consecutivo e insieme hanno chiacchierato, non a caso, di cinema.
Ascoltare il regista 76enne che ha girato oltre trenta film, molti dei quali hanno fatto la storia del cinema (Mean Street, Taxi driver, Goodfellas ecc.) è stata una lezione di cinematografia.
Scorsese ha parlato a lungo di Hugo Haas e ha proiettato sullo schermo in sala l’apertura del film “Bait”, il lungometraggio del 1954 (scritto, diretto e interpretato da Haas stesso). Per Scorsese, quei primi tre minuti sono tra le scene iniziali più belle della storia del cinema.
Quando Jones gli chiede come si fanno i film low budget (a basso costo) lui cita proprio la casa di produzione della Columbia e Hugo Haas che in quegli anni non avevano molti soldi.
Bait apre con Hugo Haas che sale le scale, ‘seguito’ da una luce a occhio di bue e Scorsese ci racconta che quelle erano le scale del backstage della Columbia, un posto ‘messo male’ e sottolinea come con quel semplice espediente di luce sia così economico e di effetto. Anche la scena in cui Haas guarda in camera e annuncia : “I’m very popular as you can see. Allow me to introduce myself. I am the devil” è per Scorsese una delle più grandi battute della storia del cinema.
Hugo Haas era un regista ebreo dell’inizio del secolo scorso (1901-1968) che ha girato oltre venti film tra il 1933 e il 1962 ma che era anche un famosissimo attore, avendo interpretato almeno sessanta ruoli diversi. Era nato nella vecchia Repubblica Ceca ma con l’invasione nazista era scappato in America dove interpretava ruoli con l’accento dell’est europeo. Nei film come “The Neighbor’s Wife” (1953) e “Bait” (1954), non c’è nessuna trama speciale e anzi sono recitati malino e certamente con pochissimi soldi. Uno dei temi che accomuna tutti questi film che Haas ha girato è la comparsa di un “Blue Angel”che ad un certo punto del film arriva a sedurre l’uomo ‘maturo’ e ‘onesto’ della storia. Le sue “biondone”, questo l’appellativo dei tempi, sono le attrici che scrittura di più:Beverly Michaels, Carol Morris ma soprattutto Cleo Moore. Il film “Hold back tomorrow” del 1955 è un altro esempio di film “semplice”che Scorsese cita: è la storia di Joe Cardos, un condannato a morte che chiede di passare le sue ultime ore in compagnia di una donna, la super-bionda Cleo Moore. “Bait”, è un film noir proprio con Cleo Moore, dove un uomo di mezza età, Marko (Hugo Haas) si mette in affari con un altro uomo più giovane e intelligente (guarda caso) sposato con una donna bellissima e seducente.
Scorsese ci ricorda “Haas non aveva soldi ed era quindi costretto ad essere inventivo. Qualche volta non avere risorse aiuta. Ho rivisto i suoi film a distanza di anni e ancora mi appassionano. Ci leggo la sua ossessione, specialmente per Cleo Moore, la “bombshell” che ha usato in così tanti dei suoi film”. Cleo Moore (1924-1973) era una delle attrici degli anni ‘50 che faceva parte della “b-list” delle attrici biondissime. Era anche una famosa pin-up e che però non è mai diventata una celebrità.“What does it take to make a movie?” Cosa ci vuole per fare un film, gli chiede Jones. “When you have very little you use it but what really takes is the desire, the compulsion, really like in these case the obsession.” Ci vuole passione e ossessione, risponde Scorsese.
Scorsese ha poi mostrato al pubblico due scene di due film completamente diversi: ”Hereditary” (2018) dell’americano Ari Aster e “Archipelago” (2010) dell’inglese Johanna Hogg.
Seppure si tratti di due generi diversi, poiché il primo è un thriller-horror, il secondo appartiene al genere drammatico, il filo conduttore che li lega è una scena che si svolge a tavola. Le famiglie ritratte in questi due film molto diversi sono famiglie “spezzate”. Scorsese elogia i silenzi di queste scene, “l’aria colma di elettricità”. Secondo lui “Hereditary” non aveva bisogno di una trama “soprannaturale” per essere un buon film e anzi quella caratteristica non toglie né aggiunge al fatto che il ritratto di quella specifica famiglia sia molto accurato e interessante da guardare, grazie anche alla sublime recitazione di Toni Collette.
Hereditary è il film debutto dell’artista Ari Aster ed un film dal genere “horror -drammatico-psicologico-soprannaturale” ovvero una di quelle storie dove un sortilegio che viene da un defunto semina il terrore in una famiglia all’apparenza normale. In questo film gli ‘incidenti’ sono orrorifiche decapitazioni o corpi in fiamme.
Scorsese poi ci racconta che quando si trovava in Inghilterra per le riprese del film “Hugo”, qualcuno gli mandò il dvd del film “Archipelago” suggerendogli di vederlo. “Non sono stato colpito subito dalla trama. Guardando questa famiglia borghese parlare con un accento inglese mi chiedevo: Mi interessa davvero la loro storia? Ho ripreso a guardarlo a distanza di qualche giorno e solo dopo me ne sono innamorato.
Me ne sono innamorato per la dinamica familiare; è una famiglia che non riesce più a vivere sotto lo stesso tetto e implode, ma anche per questi campi lunghi sull’isola di Scilla e sulla sua aura malinconica.”E aggiunge: “Non avevo mai sentito parlare di Johanna, non sapevo neanche se fosse un uomo o una donna, devo dire che guardare un film nuovo senza avere alcuna informazione e’ molto interessante, ti libera dai pregiudizi”.
Il New York Film Festival è in programma al Lincoln Center fino al 13 ottobre e il calendario si può visualizzare qui.