Preceduta dalla programmazione al Teatro Petruzzelli di Il colore nascosto delle cose, di Silvio Soldini (2017), in cui recita nei panni di una non vedente (“Così ho imparato a recitare senza usare gli occhi”, disse quando il film fu presentato la prima volta), Valeria Golino, ha “offerto” il suo intimo cinematografico e personale al pubblico della decima edizione del Bif&st-Bari Film Festival: una manifestazione dove l’attrice-regista e “di casa”, non solo per il suo più che decennale rapporto amoroso (ora finito) con l’attore pugliese Riccardo Scamarcio, ma anche perché lo scorso anno ha ricevuto il premio “Mariangela Melato-Miglior attrice protagonista” assieme a Alba Rohrwacher per Figlia mia, di Laura Bispuri (2018). Il Bif&st le riserba quest’anno il premio Federico Fellini Platinum Award per l’eccellenza cinematografica.
Un nuovo riconoscimento per l’unica attrice ad essersi aggiudicata due volte la Coppa Volpi della Mostra di Venezia: nel 1986, nel ruolo di una borgatara in Storia d’amore di Citto Maselli. Un riconoscimento che la Golino ricorda così: “Non avevo grandi aspettative, tanto più che la mia ‘Musa’, il bravo Felice Laudadio (regista e da sempre ideatore e direttore artistico del Bif&st), mi disse che avevo recitato benissimo e che il film era molto bello, ma che, stando a come era composta la giuria, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione sarebbe stata sicuramente assegnata a Sabine Azéma per La puritana e così tornai a casa: poi giunse la telefonata che mi annunciava il premio!. Comunque, ogni volta che mi capita di rivedere Storia d’amore mi ritrovo ancora molto brava: quel premio me lo dovevano proprio dare!”
E qui la simpatica Golino aggiunge una divertente nota: “La Mostra di Venezia però quell’anno tendeva al risparmio e la Coppa Volpi era… una semplice targhetta! Mi sono poi rifatta nel 2015 con la vera Coppa con Per amor vostro, di Giuseppe Gaudino”. Il film è la storia di una donna che dice basta alle passioni e alla voglia di vivere, ma che però a un certo punto, pur di rinascere, è pronta a “perdere l’equilibrio”.
Aveva solo vent’anni, Valeria, e quel premio prestigioso la proiettò verso una carriera ad Hollywood, dove si trasferì anche per seguire l’allora fidanzato, Peter Wee Herman, un attore di Puerto Rico, che la fece scritturare al suo fianco in La mia vita picchiatella (1988) di Randal Kleiser: in una scena i due si baciano per circa tre minuti! Oltre ad aver recitato al fianco Nicholas Cage in Via da Las Vegas, in Lupo solitario di Sean Penn e in Four Rooms di Quentin Tarantino, fu la partecipazione a Rain Man-L’uomo della pioggia, di Barry Levinson (1988), al fianco di Dustin Hoffman e Tom Cruise, la punta di diamante della sua permanenza ad Hollywood. Così la Golino ricorda quel periodo: “Fu un grande divertimento, sono stata lì tra i miei 23 e i 35 anni e ho lavorato in 17-18 film, alcuni dei quali molto belli, ma so che avrei potuto e dovuto fare di più. Mi ero messa in testa, ad un certo punto, di interpretare ruoli di donne americane, non solo straniere e allora ho fatto tanti provini senza però mai ottenere la parte. Ma che potevo fare di fronte ad attrici come Julia Roberts o Demi Moore e Uma Thurman? Non c’era storia!”. Proprio per la sua inflessione italiana, la Golino fu scartata per il ruolo affidato poi a Julia Roberts in Pretty Woman.
Storia d’amore non fu il primo film di Valeria Golino, nata a il 22 ottobre del 1966, da padre italiano e madre greca: l’esordio era avvenuto infatti nel 1983, con Lina Wertmuller, che la scelse, appena sedicenne, per Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada. “Fu un caso fortuito – racconta l’attrice -: facevo la modella già da un paio d’anni e vivevo ad Atene. Un giorno andai a Napoli per vedere mio padre e prima di tornare in Grecia mi fermai a Roma dagli zii. Ero già per strada con la valigia, pronta a ripartire, quando mia zia mi chiamò dal balcone e mi chiese di tornare indietro, perché la sua amica Lina Wertmüller le aveva appena detto che stava cercando una ragazza della mia età per interpretare la figlia di Ugo Tognazzi nel suo nuovo film. Feci il provino e mi prese”.
Un’esperienza nuova della sua vita piena di imprevisti, che l’attrice ricorda così: “Lina è un persona a me molto cara, di famiglia, ma sul set è ‘cattivissima’, colorita nei suoi insulti. Me ne diceva di tutti i colori, ma poi, nel privato, era dolce, mi trattava bene!”. Purtroppo un grave incidente stradale impedì alla Golino di terminare il film, che comunque segnò poco dopo la sua decisione di abbandonare gli studi e dedicarsi solo alla recitazione.
Tornata in Italia verso la metà degli Anni ’90, perché preferiva il cinema europeo di qualità, da allora la Golino è stata la ragazza dei ruoli difficili, la donna delle sfide, la protagonista di “corpo a corpo” con personaggi complessi e insoliti. “La cosa più bella di questo lavoro, sia da attrice e sia da regista, è che non si finisce mai di imparare. Per me sarebbe un segnale pericoloso l’accorgermi di non avere più dentro la voglia di farmi sorprendere. Aiuta poi anche il fermarsi ad analizzare il proprio lavoro: ultimamente mi succede di essere soddisfatta di come ho interpretato un ruolo, ecc, ma poi magari dopo un po’ mi dico che invece non sono stata brava, potevo fare meglio. Quando lavori in, o ad, un film c’è sempre un senso di frustrazione, c’è sempre un ostacolo a quello che avresti potuto fare, creato magari da una luce che poteva essere diversa, dalla scenografia, o da altro”.
Ma la carriera di Valeria Golino non si è fermata alla recitazione e nel 2013, dopo aver girato nel 2010 il cortometraggio Armandino e il madre, ha fatto il grande salto dietro la macchina da presa con il premiato Miele, nel 2013 (opera ardua e delicata sul tema dell’eutanasia), e Euforia, nel 2018 (due fratelli diversissimi, Scamarcio e Mastrandrea, che si avvicinano quando la malattia colpisce uno di loro: una piccola perla di film). “La voglia di dirigere un film – dice sulla sua esperienza – ce l’avevo da tanto tempo anche se non ne parlavo. L’ho fatto più tardi di quando avrei voluto, a 45 anni, perché fino ad allora non ne avevo avuto il tempo né avevo molta fiducia in me stessa. Sono stata convinta dall’incoraggiamento di Riccardo Scamarcio e Viola Prestieri, i miei produttori”.
Sulla prospettiva di fare un terzo film da regista, Valeria Golino ha ‘glissato’ dicendo di non avere ancora l’idea giusta. Intanto, però, il pubblico e la critica dell’imminente Festival di Cannes potrà ammirarla nel film in concorso Portrait de la jeune fille en feu di Céline Sciamma. “Interpreto il mio primo ruolo di una ‘vecchia’, un ruolo talmente malinconico che inizialmente non volevo fare il film ma Céline ha tanto insistito, diceva che non riusciva a pensare ad un’altra attrice per quella parte. È stato comunque un ruolo poco impegnativo, soprattutto in termini di tempo perché dopo avere trascorso due anni alle prese con una esperienza così totalizzante come quella di ‘Euforia’ oggi sento l’esigenza di non lavorare troppo e di farlo solo con registi miei amici”. Sulla difficoltà delle donne di farsi strada nel mondo della celluloide, soprattutto registe, la Golino non si dice del tutto pessimista: “L’argomento è complesso ed importante. Sono contenta che ci siano sempre più donne registe. Credo che anche se si continuerà a fare un passo avanti e due indietro, l’importante è che si vada avanti, che se ne parli. Dobbiamo esporci in prima persona, ma anche chiedere che i compensi tra uomini e donne non siano più così tanto diversi”.