Se c’è una cosa che accomuna tutti noi è l’essere diversi gli uni dagli altri: un difetto caratteriale, lo sguardo, la camminata. Un cromosoma in più o una sindrome in meno bastano per farci sentire “più normali” o “più diversi”? Ne parliamo con il poliedrico Paolo Ruffini, regista, con Francesco Pacini, di “Up&Down – Un film normale”.
“Si dice che la normalità non esiste. Nel realizzare questo film mi sono reso conto che la normalità semplicemente non accade. La vita non ci chiede di essere normali, la vita è un inno alla diversità: siamo tutti diversamente normali e uguamente diversi. Lavorando con questi ragazzi mi sono reso conto che rischiamo di appiattire il concetto di normalità, che può essere invece declinato in mille forme, esattamente come il concetto di diversità”
Un film che ‘spiazza’…
“Sì, perché si parla spesso di reality ma quasi mai di reale, si parla molto di social ma molto meno di sociale, di cosa e di chi ci circonda”.
Che emozioni diverse ti hanno suscitato il lavorare con loro in teatro e il filmarli poi anche nella vita?
“Dietro le quinte e sul palcoscenico cogli l’adrenalina che hanno dentro, la tanta voglia di vivere che trasmettono, il loro non sentirsi affatto persone speciali – e non vogliono che li si chiami così -; quando ho finito di girare mi sono accorto che avevo invece appena iniziato ad imparare a conoscerli. Si è trattato di una vera avventura in cui proprio niente era normale. Soprattutto non lo ero io, per il quale la normalità consisteva fino ad allora nel prendere in mano il cellulare appena ero solo o nel postare su Instagram la foto di un piatto che stavo per mangiare. Il film in qualche modo ha guarito anche me”.
In che senso?
“Giacomo sostiene nel film di essere ora non più ‘down’: la stessa cosa è successa a me. Pur conoscendo a memoria ogni singolo fotogramma del film, ancora non riesco a guardarlo senza commuovermi”
La disabilità è solo fisica?
“No. Tante persone non sono ‘abili’ alla felicità o all’ascolto. Questi attori dimostrano invece di essere resilienti, cioè capaci di resistere ad urti senza spezzarsi, di avere una tale confidenza con la vita e il sorriso che sarebbe più corretto parlare di ‘Sindrome di up’. Ti dimostrano che la vera ricchezza non è il denaro e sono quindi un ponte verso ciò che conta davvero. Dimostrano, insomma, chew siamo tutti diversamente abili, diversamente normali e meravigliosamente diversi”
La bella, molto umana ed emozionante scena finale della corsa sul prato in un bel giorno di sole sembra racchiudere tutto il “messaggio” che il film vuole comunicare. Come ti sei sentito nel girarla, sei sembrato felice, in modo toccante.
“Mi sono sentito strano nel girarla, strano nel sentirmi libero e felice. E ora che ho toccato quella felicità non ho più paura di essere triste, anzi. Credo che io, come la vita, sono fatto di alti e bassi, di Up e Down. Adesso credo sia più normale brillare di felicità pura per un piatto di pasta, come sa fare Andrea, o saper ridere di niente, come Simone, o emozionarsi tanto per una canzone di Walt Disney, come succede a David. Per me non è stato soltanto un film e sono sicuro che non lo sarà neppure per lo spettatore”.
Recensione del film
“Up&Down – Un film normale“: è finalmente arrivato sugli schermi italiani il tanto atteso nuovo lavoro dell’attore, regista e conduttore televisivo Paolo Ruffini (assieme a Francesco Pacini), premiato al recente Festival di Venezia con il “Kinéo – Diamanti al cinema”, per la categoria “Miglior Docufilm Sociale”. Dicamolo subito: un film da non perdere assolutamente. In scena Paolo Ruffini e Federico Parlanti, Andrea Lo Schiavo, Erika Bonura, Giacomo Scarno, Simone Cavaleri e Davide Raspi, cinque con sindrome di Down e uno autistico.
“Up&Down – Un film normale” è un autentico happennig che, alternando momenti esilaranti a situazioni commoventi, scardina i pregiudizi del pubblico sui “diversi” e piacevolmente sconvolge l’animo sensibile: attraverso l’ironia di monologhi e trovate comiche, affronta infatti, con riuscita e arguta leggerezza, il significato di “disabilità” e “normalità”. Paolo Ruffini e Francesco Pacini ci fanno guardare la normalità da un’altra prospettiva, sfatano il mito della disabilità come impedimento, sbriciolano, polverizzano il nome “down” trasformandolo in “up”.
Che cosa significa essere normali? Quali caratteristiche si dovrebbero avere per definirsi così? Cos’è che ci fa dire che una cosa è normale?: sono i principali quesiti che emergono da questo film che porta sullo schermo le emozioni e l’adrenalina, le riflessioni personali e i sogni vissuti nel backstage, e nella vita, dagli attori di “Up&Down”, uno spettacolo teatrale messo in scena con successo nell’ultimo anno (nei più importanti teatri italiani), dalla compagnia di Livorno Mayor Von Frinzius di Lamberto Giannini, assieme a Paolo Ruffini. Dal 1997 è un vivace laboratorio teatrale attualmente composto da circa 90 attori, metà dei quali disabili.
“La normalità è un’illusione. E’ un’invenzione per chi è privo di fantasia”: lo disse l’indimenticabile poetessa e scrittrice milanese Alda Merini e lo ribadisce anche il film: la vita non ha bisogno di esseri solo “canonicamente normali, ma ci dimostra anzi, attraverso fatti e persone, che diversità e imperfezione hanno una loro magia, una meravigliosa fragilità che unisce, e ci ricorda che umiltà non è affato sinonimo di mancanza di autostima o di incapacità.
Ognuno dei sei ragazzi “diversi” è lo specchio attraverso cui chi sa guardare “al di fuori sè” può vedere la propria vita, la propria “normale” imperfezione e la propria capacità di essere unico e bellissimo, senza filtri sociali. Non esiste emozione normale. Erika Bonura (la brava maliarda down), ripete più volte nel film “Non sapete cosa vi perdete ad essere normali”: riflettendoci, penso che abbia proprio ragione.
“Up&Down – Un film normale (il titolo deriva da come lo ha definito, terminate le riprese, uno degli attori, Federico Parlanti) non è una rappresentazione a cui assistere – ha detto Ruffini presentando il lavoro -, ma un’esperienza a cui partecipare, e in cui perdersi”: non si può non essere d’accordo. E’ un inno alla voglia di vivere che supera tutti gli ostacoli, abbatte i pregiudizi, ridà un senso profondo al concetto di socialità che coinvolge tutti, senza esclusioni intellettuali e fisiche e dimostra che bisogna abbattere prima di tutto nella nostra mente le differenze, per poter così dare a tutti la possibilità di vivere al meglio la propria vita.