Più di venticinque milioni di italiani lasciarono l’Italia tra il 1861 e il 1960. Un vero e proprio esodo, tra i più grandi della storia, al quale è dedicata Partono i bastimenti, la mostra itinerante che dal 16 aprile al 16 maggio ha fatto tappa a Palermo al teatro Politeama per raccontare il fenomeno dell'emigrazione italiana. L'esposizione, è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo ed è curata da Francesco Nicotra, direttore dei Progetti Speciali NIAF (National Italian American Foundation) che ha dato il suo patrocinio all’iniziativa. Già allestita con successo a Napoli, Cosenza, Bari e al ministero degli Affari Esteri, dopo Palermo continuerà a girare l'Italia: a luglio sarà a Ponza, a settembre a Frosinone e subito dopo, nel corso dell'autunno, a L'Aquila.
La mostra è uno spaccato della nostra storia ma è inevitabile che la mente vada al presente e alle immagini che arrivano pochi chilometri a sud della penisola. Il dramma dell’Italia di ieri è lo stesso dell’Italia di oggi, solo che ora le parti si sono invertite, è la nemesi di un paese che si sente unito nelle tragedie ma spesso non ne conserva la memoria. Partono i Bastimenti ha quindi un valore didattico che va al di là di quello storico e artistico: per sapere il futuro di un popolo bisogna prima conoscerne la storia.
A Ellis Island non mancavano di certo i casi (ante litteram) di violazione di diritti umani, e nella "terra promessa" proliferavano gli episodi di emarginazione e ghettizzazione contro i migranti; una su tutti, le leggi che impedivano a chi sbarcava dai bastimenti di cercare lavoro. Bisognava averlo prima di imbarcarsi; già adesso è difficile, figurarsi a quei tempi. Eppure allora come oggi non mancava lo stratagemma, ovvero la garanzia di improbabili familiari e amici con in tasca un contratto ad hoc per la persona appena sbarcata. Gli italiani, tuttavia, hanno dovuto superare pregiudizi e razzismi di ogni tipo: scuri, mediterranei, cattolici, pigri. Fino a inizio 900 non mancarono i pogrom, le esecuzioni sommarie e gli “errori” giudiziari: Sacco e Vanzetti, ma anche altri esempi. Solo gli afro-americani erano un gradino sotto, nella scala sociale.
Eppure oggi i successi raggiunti dagli italiani negli USA sono così numerosi che è difficile conoscerli tutti; la mostra curata da Nicotra però regala molti aneddoti storici utili a dare uno spaccato di quei tempi: è il caso del comandante Corrao, che all’arrivo a New York ordinò di inalberare il tricolore bianco, rosso e verde sul pennone più alto della nave “Carolina” proveniente da Palermo. Il gesto fu accolto con grande entusiasmo dagli italiani di New York, che riservarono all’equipaggio grandi festeggiamenti. Ampio spazio è dedicato anche alle guerre degli Stati Uniti combattute anche da emigrati italiani, da quella per l’indipendenza dall’Inghilterra alla guerra civile, fino al secondo conflitto mondiale. Per non parlare della teca contenente il modello in scala del famoso transatlantico “Giulio Cesare”, che negli anni ’20 del secolo scorso portò in Argentina la famiglia del futuro Papa Francesco.
A inaugurare la mostra a Palermo è stato Emmanuele F.M. Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo: palermitano di nascita, legato agli USA, ha voluto fortemente l’esposizione curata da Nicotra perché “Palermo è stata sensibilmente interessata dal fenomeno dell’emigrazione allora, così come lo è oggi”. La Sicilia, per gli USA, ha un significato particolare: come spiega Emanuele, “è stata l’ultima regione italiana a partecipare al grande esodo migratorio di fine Ottocento, ma è attualmente la regione che conta più emigrati all’estero. È un dato significativo da valorizzare perché ha costituito la premessa di una grande crescita culturale per le nostre genti. Anche per merito loro oggi si può dire che l’Italia è presente nel mondo”.
La mostra scorre poi piacevole tra foto, passaporti di diverse epoche, biglietti e documenti di navigazione, opuscoli di norme, libri, giornali ed oggetti delle varie Little Italy sparse per il mondo, insegne ed etichette di prodotti italiani degli anni ‘20 come pasta e pomodori. Ma c’è anche l’aspetto più personale dell’emigrazione: Nicotra ha infatti inserito lettere e foto rare, ma anche valigie e bauli contenenti oggetti tipici degli emigranti, dai corredi agli strumenti musicali, dai libretti da messa al quadro del santo protettore del paese di origine. Storie personali all’interno della storia con la “S” maiuscola.