Reinventarsi, proporre qualcosa di nuovo sul mercato, specializzarsi per competere con i più grandi. È questa l’ultima sfida della nuova generazione di imprenditori romani, per la maggior parte giovani, freschi di università o di esperienze lavorative all’estero, che, per far fronte alla crisi, mettono sul tavolo tutto ciò che possiedono: tanta intraprendenza, creatività e genio imprenditoriale.
Se di boom forse non si può ancora parlare, di certo sembra essere una tendenza: nella Capitale e suoi dintorni, il settore della creatività e dell’innovazione è una costellazione di piccole e medie imprese che con pochi soldi a disposizione riescono a essere competitive sul mercato, grazie a progetti altamente specializzati. Non a caso, le ultime edizioni di Maker Faire a Roma e New York hanno avuto un grande successo tra gli imprenditori capitolini, artigiani e innovatori, giovani, ma già esperti di nuove e vecchie tecnologie.
Nel Lazio sono almeno 53.000 le imprese culturali e creative, oltre il 10% delle 443.000 su base nazionale; valgono l’8% del PIL contro circa il 6% della media nazionale. I settori più importanti sono il cinema e l’audiovisivo; seguono design, moda, pubblicità, musica, architettura, grafica. Ma c’è anche l’industria dei videogame e dei giochi in generale.
Lo scorso autunno la Regione Lazio ha presentato un fondo di 1,5 milioni per finanziare idee innovative e creative. In poche settimane sono stati presentati 650 progetti, di cui 53 selezionati. Tra questi ci sono occhiali 3D per musei e e siti archeologici, guanti multi-funzioni da giardinaggio, progetti di design, domotica, arte, ma anche real estate, facility management e smart building.
È il caso di eFM, una società di ingegneri e architetti che in meno di 10 anni è cresciuta da pochi soci fondatori a più di 250 dipendenti: ora aiutano oltre 150 grandi aziende a rendere i loro spazi più produttivi, efficienti e sostenibili. La società è stata premiata alla Borsa di Milano come National Champion e ora è candidata ad aggiudicarsi l’European Business Award: “Ritengo che oggi l’imprenditoria italiana debba seguire l’onda innovativa proveniente dalle start-up sia nazionali che d’oltreoceano – spiega Daniele Di Fausto, titolare di eFM – per far questo è necessario superare i classici paradigmi organizzativi. Avere una struttura flessibile, veloce, smart è l’unica via per rimanere al passo dei ritmi di trasformazione che stiamo vivendo”.
Il boom delle start-up romane non è un fenomeno esclusivamente metropolitano: anche in provincia c’è vivacità imprenditoriale. Ci sono imprese come Bad Tales Studios che, a Pomezia, studia e realizza effetti speciali e giochi; o come Tumahi che a Grottaferrata metterà in produzione lampade ecologiche; a Bomarzo la Interactive Design ha realizzato un sistema di autoproduzione open-source con stampanti 3D.
Che l’impresa sia composta da diversi soci o da un solo imprenditore, poco importa: basti pensare all’esempio di Benedetta Bruzziches, una giovane designer e artigiana di 28 anni che a Caprarola, un piccolo centro nel Lazio, ha messo su un vero e proprio distretto manifatturiero disegnando e realizzando un brand di borse che dà lavoro a un intero paese. “Le cose stanno cambiando – spiega la giovane imprenditrice – perché il lavoro bisogna crearselo da soli. Certamente è difficile, ma stiamo andando avanti con una forma aziendale atipica che prevede di riportare il lavoro in paese e di promuovere l’artigianato come stile di vita e valore aggiunto per l’Italia: la capacità di saper trovare la soluzione in qualsiasi situazione usando i mezzi a disposizione è una caratteristica italiana e può essere un modello vincente anche in attività che nessuno fa più”.