E’ di origini italiane ma viveva in Sudamerica con il desiderio di volare a NY. Avendo amici a Miami è andato a trovarli per poi proseguire il viaggio nella Big Apple dove pensava di fermarsi una settimana. Era febbraio, la sua valigia era piena d’abiti invernali. Ha dovuto rifarsi il guardaroba… è rimasto quasi due anni! Era il 2001, sette mesi dopo sono venute giù le Torri Gemelle e pensare di rimettersi in viaggio sarebbe stata una logica conseguenza. Eppure Cristian M. Piazza, documentarista e regista, è rimasto.
Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone. John Steinbeck
Cristian, 39 anni, di origini italiane è nato e cresciuto in Sudamerica. E’ orgoglioso delle sua italianità tanto da parlare perfettamente italiano oltre allo spagnolo, inglese ed il dialetto siciliano. “I miei sono siciliani e c’è un legame importante con Livorno dalla parte materna. Dunque sono un po’ toscano, un po’ siculo e tanto newyorkese”.
Da tempo in lui c’era una gran voglia di partire e lasciare il Sudamerica. New York era nel suo Dna, era il suo luogo. Così oltre a prendere la decisione di fare le valige 4-5 mesi prima, ha lasciato molto all’improvvisazione e all’istinto. Tutt’ora quando va in vacanza in un posto per la prima volta, si astiene da leggere le guide e si lascia trasportare dalle sensazioni. Nel 2001 prepara le valigie e prende il volo. Atterra a NY e non la lascia più.
Per lui non era la prima volta. Era già andato a NY per brevi periodi in altre occasioni questo gli ha permesso di avere maggiore confidenza con la città fin da subito notando i cambiamenti avvenuti nel corso degli anni. “New York è cambiata moltissimo negli ultimi 10-15 anni. È passata da una città pericolosa ad una delle città più sicure al mondo. Ero apertissimo a tutto e quindi quando sono arrivato tutto era nuovo, tutto serviva. Il ritmo è diverso. Qui si corre. Se ti addormenti qualcuno si prende il tuo posto. Ho imparato a conoscerla e a capirla”. Cristian amava la città prima ancora di stabilirsi. “Ero già negli States, a Miami, arrivare qui fu molto più semplice. I biglietti d’aereo costavano veramente poco. Volevo studiare cinema, vivere, conoscere gente nuova e diversa. Non mi aspettavo niente di quanto è poi avvenuto a NY.” Quello che successe dopo, difficoltà con alti e bassi, non modificò il suo percorso personale e professionale.
Se hai un problema e puoi risolverlo è inutile che tu ti preoccupi, se non puoi risolverlo è altrettanta inutile la tua preoccupazione. Lao Tzu
Una volta nella City la prima prova è stata la lingua. L’inglese lo parlava ma doveva migliorarlo: “La pronuncia l’ho imparata da ragazzo cantando le canzoni dei miei gruppi favoriti, molti Heavy metal o i Beatles. Seguivo i testi e ripetevo. Studiavo canto e quindi mi piaceva. Forse all’inizio non capivo il significato delle parole ma le sapevo pronunciare. Ovviamente, quando arrivi qua non solo ascolti devi pure rispondere, all’inizio sudi un po’”.
Per quanto riguarda l’alloggio ha avuto la fortuna di essere ospitato da parenti: “Avevo dei parenti lontani che mi hanno accolto benissimo i primi mesi a Brooklyn, dandomi casa e cibo senza chiedermi un soldo. Cugini di mia madre e di mia nonna che avevo conosciuto parzialmente in Italia, tantissimi anni fa. Sono partito da li. È ci sarà gratitudine per loro sempre”.
Nonostante, i primi tempi, vissuti in “famiglia” sentiva la lontananza da casa. Lasciare il proprio Paese non è facile. Quando Cristian arriva a Miami con la consapevolezza che non sarebbe stata un’altra vacanza la sera stessa ha avuto un piccolo attacco di panico. “Mi sono rinchiuso in bagno, in casa di questi amici che mi ospitavano, ho cominciato a piangere, a pensare alla mia casa e alle strade che percorrevo ogni giorno. Poi mi sono calmato. L'uomo è innanzitutto un animale abitudinario”.
Solo che l’abitudine a volte inizia a diventare stretta e la voglia di partire è più forte di quella di restare. Capire di aver fatto la scelta giusta lo realizzi con il tempo e rischiando come ha fatto Cristian: “E' difficile capire se un posto e giusto per te o no. Si segue un’idea, un’intuizione, un lavoro, una donna, un sogno. Bisogna provare, capire, adattarsi, farsi delle domande, fare macerare le risposte per un po’. Io passavo molto tempo a leggere, a scrivere, a guardare film “cosidetti” strani. Sognavo molto e realizzavo poco. Dovevo distaccarmi dalla famiglia. Pensavo, sbagliando, che la distanza fosse stato il solo rimedio per tante cose. Certi atteggiamenti e abitudini si portano nella pelle, una memoria cellulare che ci collega agli antenati. Una volta che capisci che certe cose non ti appartengono, che siamo più liberi di quanto pensiamo c’è per forza un distacco emozionale e fisico, ma non d’avversione o di rifiuto, più di consapevolezza. Capisci che la tua strada è diversa e te la devi costruire te”.
Per costruirti la tua strada sono fondamentali anche gli stimoli. Questi a NY non mancano anzi le opportunità sono pane quotidiano ma bisogna saperle individuare. Spesso si presentano in scatole diverse portandoti a fare cose che non hanno nulla a che vedere con la tua ‘vocazione’ o carriera insegnandoti a diventare versatile e flessibile. Questo l’ha imparato bene Cristian. “Avevo questo simbolismo: mi trovavo in un campo a guardare gli aerei passare e mi dicevo che volevo trovare un posto dove questi aerei arrivassero e decollassero per magari eventualmente salire su uno”.
Per lui questa è New York: poter scegliere. Poco importa da dove vieni. Una volta qui. sei newyorkse e vieni conquistato e travolto dalla magia ed energia. Poi, ogni tanto, bisogna alzare gli occhi e perdersi nei grattacieli o nei piccoli dettagli per ricordare chi sei lasciando per pochi istanti il caos fuori.
Secondo Cristian, NY è una città che chiede molto e ti da delle responsabilità che magari non avevi richiesto. Ti fa maturare e crescere. “Se non fai niente questa città ti mangia vivo perché vedi che tutti attorno a te fanno e fanno. Diciamo che a Santa Monica in California puoi essere un barbone ed essere felice. Qui pure avendo un lavoro e una casa nessuno ti garantisce la felicità. È un posto che ti chiede qualcosa in più sempre”. Anche le relazioni sono difficili: “Non ci si vede mai. Si fanno appuntamenti un mese o due in anticipo. tutti sono Booked”.
Nonostante questo lui ha trovato la sua anima gemella: “Ho conosciuto mia moglie, che è Argentina, ad un corso di ballo. Ballavamo al tango insieme e ci siamo uniti in questo abbraccio di vita”.
Ma credo che, a poco a poco, possiamo operare cambiamenti positivi. Ogni giorno, quando ci alziamo, cerchiamo di orientare bene i nostri intenti, pensando: Vivrò questa giornata in maniera più positiva. Non devo sprecarla. Dalai Lama
Nella costruzione della sua nuova vita, NY l’ha messo alla prova ponendogli davanti diversi ostacoli e alcune difficoltà: “Chiesi un permesso di lavoro. Fare il film in questi quasi 4 anni è stata un’avventura con molti alti e bassi. I soldi non bastano mai, si cambia di lavoro in continuazione, cambiano gli amici sia perchè vanno via o perché non fai più parte del loro network; accumuli stress in un modo impressionante e non te ne rendi conto finché scoppi. Tanti anni fa mi è venuta una gastrite e non avendo l’assicurazione è stato un incubo. Sono andato via per due mesi”.
Per poi tornare e proseguire il suo film. Uno dei suoi ultimi lavori è un documentario che racconta la storia di tre ragazzi italiani nella Big Apple. Storie in cui lui stesso si rispecchia: “Si chiama WAITING ed è il racconto di tre ragazzi italiani emigrati a NY, le loro motivazioni e le loro speranze. Ragazzi, che come tanti di noi, inseguono progetti diversi, fanno cose diverse e si guadagnano la vita nella ristorazione. Uno fa il pugile professionista, c’è un tenore e l’altro ragazzo vuole aprire un suo ristorante. Anch’io per poter permettermi questo film ho dovuto lavorare nei ristoranti. Per anni ho fatto il traduttore, ho scritto per giornali in italiano e spagnolo e ho lavorato in produzione e per un breve periodo alla RAI di NY. Ma questo è il mio primo progetto come regista. Mi rispecchio in quelle storie perché gli ingredienti, diciamo, sono di solito gli stessi. È un film ponte tra le generazioni passate e quelle presenti dell’immigrazione italiana, particolarmente a NY, ma non solo. L’immigrazione anche come filosofia di vita”.
Il suo obiettivo ora è di finire il film, farlo girare, farne altri e scrivere.
Quando desideri una cosa, tutto l'Universo trama affinché tu possa realizzarla. Paulo Coelho
Nonostante le difficoltà, Cristian, non si è mai pentito delle scelte fatte. Ad aiutarlo nei momenti bui la sua fede buddista: “La tua forza interiore ti darà l’energia per gestire questa città. A me è servito molto la mia pratica buddista. Se non trovi te stesso puoi essere strattonato da qualche parte. È molto facile lasciarsi andare qui. Essere travolto dalle emozioni, dai pensieri… da uno che ti urla per strada, dai turisti fermi in mezzo al marciapiede quando sei in ritardo. Meditare è un modo eccezionale per tirarti su… adesso mi basta pensare a mia moglie e mia figlia e mi torna il sorriso in faccia”.
Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. Marcel Proust
A chi volesse trasferirsi nella Big Apple Cristian consiglia innanzitutto di capire chi si è e cosa si vuole; poi di lamentarsi meno, di accettare, di aprire i sensi e di fare meno la vittima. Ma soprattutto “di rimboccarsi le maniche, di costruire con le mani, con le idee e con le parole”.
Lifejournalistblog.com