
Daniele Biacchessi, autore del libro Il Sogno e la Ragione. Da Harlem a Black Lives Matter (2021, Jaca Book), viene da lontano, fa parte di una generazione che aveva come sogno quello di trasmettere per radio. Da ragazzo non avrebbe potuto scommetterci, eppure il suo futuro sarebbe stato fondarne addirittura alcune, ad esempio Radio 24, di cui è stato capo redattore e colonna portante. Come giornalista ha scritto una quarantina di libri d’inchiesta seguendo la maggior parte della cronaca italiana tra terrorismo, Resistenza, lotta armata, e armadi da scovare (tra cui il Disastro di Seveso). Non è la prima volta che si occupa di America, il suo libro precedente è dedicato a Woody Guthrie, “un giramondo vagabondo comunista che suonava davanti alle fabbriche”, lo descrive così elogiandone un tratto umano sconosciuto al pubblico comune. Con lui parliamo del suo ultimo libro e non solo: sfogliamo discorsi dimenticati sulla democrazia da Martin Luther King a Kennedy, ci facciamo ispirare da un blues di sottofondo e arriviamo a parlare di resistenza umana.
Da dove nasce l’idea di un secondo libro sulla condizione dei neri d’America?
“Quando Trump vinse le elezioni nel 2016, cominciai a pensare a come riuscire a contrastare questo avvento disgraziato e malefico. Non tanto per gli Stati Uniti ma per il mondo intero, con lui si è sdoganata quella che in Italia è stata emarginata dalla Resistenza e dalla Costituzione: la parola fascismo. In questo fascismo c’è di tutto. A me piace parlare di Trump con un nazionalsocialista, un nazista sostanzialmente, razzista, che ha ammaliato il popolo esattamente come fecero altri dittatori in Europa. Con quale differenza? Rispetto ai tempi in cui il fascismo e le dittature imperavano su territorio europeo con violenza, repressione e Stato di polizia permanente, oggi tutto questo si può fare con metodi democratici. Basta avere un pubblico, successo, e critica, come si dice in gergo teatrale.”

“Pensiamo al motto di Trump: America First. Ricordavo di averlo letto da qualche parte, sono tornato indietro e l’ho ritrovato nel giuramento del generale Simmons, anno 1865, per tutti gli aderenti al Ku Klux Klan. Ci sono state proteste dai primissimi provvedimenti successivi al giuramento. Ogni differenza culturale o minoranza sembrava dover essere repressa. Ecco che il mio libro si muove attraverso quattrocento anni di storia e svela alcuni tabù della storia americana. Basta con queste chiacchiere della storia d’America che inizia nel 1620, stabiliamo che sia la fine dell’agosto 1619 quando sbarcano gli schiavi. Il cammino della liberazione nasce dalla lotta dal dissidio, il faro di questo mio libro è il vecchio LeRoi Jones quando dice: senza il dissidio, la lotta, non ci può essere un’estetica del blues. Non soltanto musica, ma un modo di essere afroamericani. In questo libro si parla di liberazione culturale e umana, racconto diversi personaggi importanti, alcuni dei quali furono leggende e oggi sono dimenticati.”
(Il 1° dicembre 1955, Rosa Parks – attivista del movimento per i diritti civili e segretaria della selezione locale della NAACP – sale sull’autobus 2857. Occupa il primo posto dietro all’area riservata ai bianchi, rifiutandosi di cedere il posto, contrariamente all’obbligo stabilito dalle leggi Jim Crow a Montgomery e nello Stato dell’Alabama.)
“Per esempio, quella di Rosa Parks è un’affermazione politica, concordata con Martin Luther King. Poi ci sono le storie come quella di Malcom X, un delinquente finito in carcere dove viene avvicinato dagli stessi musulmani di cui diventerà leader, e che lo uccideranno. E’ una storia di raccontare, come la sua fotografia in cui guarda fuori dalla finestra col Kalashnikov in mano. Tutti sanno che morirà, lo sa anche l’FBI ma nessuno fa niente”.

I due capitoli dedicati a Martin Luther King e Bob Kennedy sembrano costruiti per rapire il lettore, infondergli speranza per poi spezzargli il cuore. La scelta di inserire così tante parti dei loro discorsi permette di scostarsi dall’analisi storica e imbattersi nella realtà dei fatti, ovvero nello spessore umano di queste due personalità. Come mai questa scelta?
“Per quanto riguarda Martin Luther King e Bob Kennedy, la mia scelta è stata quella di raccontare non tanto il loro pensiero politico generale quanto appunto lo spessore umano dietro le loro scelte. L’unico modo per farlo era riportare alcuni discorsi pubblici. Normalmente si citano alcuni pezzi, come I have a dream, ma dicono poco su un ragionamento più ampio.”
“Il Pil non tiene conto della salute dei nostri ragazzi, della qualità della loro educazione e dell’allegria dei loro giochi. Non include la bellezza delle nostre poesie e la solidità dei nostri matrimoni, l’acume dei nostri dibattiti politici o l’integrità dei nostri funzionari pubblici. Non misura né il nostro ingegno né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione per la nostra nazione. Misura tutto, in poche parole, eccetto quello che rende la vita degna di essere vissuta. Ci dice tutto dell’America, eccetto il motivo per cui siamo orgogliosi di essere americani.” Cit. Bob Kennedy
“Kennedy era un keynesiano convinto, perché arriva a dire quelle cose sul Pil? La sua idea d’America e del mondo è opposta a quella che si affermerà con Reagan e in Europa con la Thatcher, o col il liberismo selvaggio. Però era un modo preciso per stare da una parte, dal punto di vista economico. Non si occupava solo di diritti civili, era un uomo del potere, veniva dalla campagna elettorale e vincente del fratello John. Fu suo consigliere in un momento pazzesco come l’invasione della Baia dei Porci e la crisi dei missili in tutta l’area dei caribe. Da dentro il potere comincia a muovere una critica sempre più forte, il momento in cui tutto questo comincia a consolidarsi è certamente la guerra in Vietnam. Mentre i giovani bruciano le cartoline precetto, Bob Dylan canta The Times They Are A Changing, la gente parte con un sogno e torna nella bara.”
Mettendo insieme i pezzi ritorna costantemente da parte del Dottor King un attaccamento viscerale alla democrazia, come unica forma politica dove poter seminare la protesta e chiedere la legittimazione dei propri diritti. Qual è la contraddizione di questa democrazia che ha permesso alle persone di essere discriminate e allo stesso tempo di sognare?
“Normalmente si vede la difficoltà di vivere in una società democratica quando sei a un secondo dalla dittatura o dal fascismo, e capisci quanto è importante riuscire a mantenere un sistema democratico. La democrazia è comunque fragile a suo modo, è applicata dagli uomini, e per quanto possono esserci delle regole comunque non valgono per ognuno. E’ stato dimostrato dai terribili fatti dell’assalto a Capitol Hill. La follia degli Stati Uniti è stata spesso tentare di rappresentare nel mito un modello che potesse valere per tutti, ma questo non esiste. Come non c’è una dittatura per tutti. In una democrazia puoi avere mille giornali, in una dittatura ne hai uno. Ognuno si porta delle differenze e delle sensibilità, ci sono uomini politici che sono più portati a lottare per i diritti civili, altri no.”

Quindi il razzismo è una questione più culturale o politica?
“Dipende dalla priorità della politica. Per esempio, se in agenda la priorità è l’immigrazione, problema che esiste e esisterà sempre, le persone lavoreranno per questo. Come adesso, nell’agenda della politica è entrata la pandemia, un imprevisto. Per la prima volta con la morte di George Floyd c’è stata quell’indignazione a partire dai media che ha determinato poi una protesta internazionale. Senza questo movimento i democratici non avrebbero vinto le elezioni americane. Lo dico anche nel libro alla luce di sostanziosi numeri. E’ la morte di Floyd in diretta a scatenare la consapevolezza. L’indignazione non è partita dal popolo, è partita dai media, ancora di più perché c’era una campagna elettorale in atto.”

Riportando i suoi dati, in Louisiana un terzo dei contagiati dal covid è di colore con il 70% di morti, a Milwakee il 27% dei contagiati e il 60% dei decessi, a Chicago il 27% dei contagiati e il 72% perdono la vita. Trai motivi da lei elencati: povertà, indigenza, disuguaglianze, disoccupazione e difficoltà ad accedere al sistema sanitario pubblico e privato. La pandemia ha evidenziato le differenze sociali in termini di reddito, possibilità e prospettive.
“Sulle elezioni americane ci sono alcune cose da dire, la prima è che Trump perde con 74 milioni di voti. Biden vince con 84 milioni. E tra queste 74 milioni di persone che votano Trump ci sono elettori comuni, basti pensare che pezzi di elettorato repubblicano risiedono a Chicago, la capitale dei democratici. Trump non è stato capace di gestire la pandemia, i morti e i contagiati hanno avuto un’incidenza enorme su tutta la campagna elettorale. In secondo luogo, il covid è stata ed è ancora oggi una malattia di classe che ha colpito le persone più deboli e più sole, anche quelle che non potevano accedere ad un servizio sanitario privato, in maggior parte afroamericani.”

Come scrive nell’ultima parte del libro, gli afroamericani furono determinanti per le elezioni di Obama ma si sono col tempo allontanati dalle urne. Sull’onda del movimento Black Lives Matter, Biden ha conquistato l’87% degli afroamericani, il 65% dei latini e il 61% degli asiatici. Senza di loro, non avrebbe mai potuto aggiudicarsi la presidenza. Secondo lei, in quale modo la nuova amministrazione dovrebbe operare per creare un’effettiva mobilitazione dei suoi elettori e mantenere la loro fiducia?
“Il cambiamento dovrebbe partire dalla riorganizzazione degli apparati statali, altrimenti episodi come quello di Floyd continueranno. La mentalità cambia se la politica lo decide. Pensiamo ai tempi di J. Edgar Hoover a capo dell’FBI.”
(Hoover ricoprì questo ruolo dal 1935 al 1972, sotto ben otto presidenti statunitensi, da Calvin Coolidge a Richard Nixon. Considerava i membri dei Black Panther Party come “La più grande minaccia alla sicurezza interna della nazione, militanti formatisi sugli insegnamenti marxisti-leninisti e dei comunisti cinesi”)

“Il Dipartimento di Stato ha poi desecretato quei documenti. Nulla nasce per caso, lo scandalo Watergate non nacque per caso. Capisci cosa succede nel paese quando cambiano i capi della polizia e dei servizi segreti. A Capitol Hill c’erano 300 poliziotti, la Guardia Nazionale è stata chiamata tardi, mentre qualche mese prima erano arrivati 5000 soldati per reprimere una manifestazione dei Black Lives Matter. La mia previsione è che probabilmente Trump tornerà, forse con una soluzione politica alternativa, un nuovo movimento. Come scrivo alla fine del libro nessuna vittoria è mai per sempre. Se Biden mette in campo davvero i miliardi che devono essere investiti per contrastare il covid e darà alle persone la possibilità di migliorare la loro condizione sociale, allora c’è speranza.”
Citando l’introduzione del suo libro, il sogno è quello dei neri d’America di volersi liberare dalla schiavitù, da un razzismo generazionale, dalla discriminazione, dalla repressione e dalla violenza degli apparati dello Stato; la ragione è quella messa in campo da parte del popolo americano nero e bianco, attraverso la protesta, in ogni sua forma più o meno violenta. Come convivono secondo lei il sogno e la ragione nell’America di oggi?
“Il sogno non è certamente il sogno americano per come ci è arrivato fino ad oggi. Il sogno è quello di diventare un paese dove non si ammazzano i neri per strada fermati da un gruppo di poliziotti. Dove una persona povera può vivere con un minimo di sussistenza, e dove è possibile valorizzare cultura. La ragione riguarda l’applicazione di quelle idee, che inevitabilmente si scontra sempre sull’uomo. Sostengo che la vera grande rivoluzione possibile sia quella che non abbiamo ancora voluto fare: la resistenza umana. Possiamo resistere alle epidemie, adattarci, ripararci dal gelo. Quello che non facciamo è però la nostra rivoluzione personale, dovremmo guardarci allo specchio e capire davvero chi siamo.”

Leggendo il libro di Biacchessi, potrebbe capitarvi di sottolineare diversi passaggi, tra cui:
6 giugno 1966, dal discorso Ripple of Hope pronunciato all’Università di Cape Town da Bob Kennedy: “Sono tempi di pericoli e di incertezze ma sono anche tempi che danno spazio, come mai prima d’ora, alle energie creative dell’uomo. E ciascuno sarà giudicato e giudicherà se stesso per il contributo che avrà saputo dare alla costruzione di un nuova società mondiale e per la misura in cui avrà saputo plasmare il suo sforzo sulla base di alti ideali e obiettivi.
Sfogliando qualche pagina indietro, non sarà difficile imbattervi nuovamente nell’accezione “creativa” del movimento e del pensiero, stavolta pronunciata dal Dottor King.
La disobbedienza civile di massa, nuova fase della nostra lotta, ha il potere di trasformare il furore dei ghetti in forza creativa e costruttiva.
Fa sempre bene, alla fine, guardare ad oggi con gli occhi di chi ha lottato.
Il Sogno e la Ragione. Da Harlem a Black Lives Matter, di Daniele Biacchessi. (Jaca Book, 2021)