Mi è sempre difficile stilare delle classifiche perché appartengo alla categoria dei lettori voraci ma disordinati, che alternano narrativa e saggistica seguendo un po' le loro inclinazioni piuttosto che le novità proposte dal mercato editoriale.
Per cui metto decisamente le mani avanti: questo articolo dedicato ai libri usciti nel 2014, in Italia e USA, è assolutamente parziale. Di sicuro, mi sono perso un bel po' di capolavori; altrettanto di sicuro, sono usciti quest'anno libri interessantissimi che non leggerò mai.
Detto questo, non voglio nemmeno rinunciare a "giocare", e quindi: ok, la palma del romanzo americano più bello apparso in traduzione in Italia nel 2014 (ma negli USA nel 2013) la consegno a un newyorchese, Jonathan Lethem, e al suo I giardini dei dissidenti. Un'opera piuttosto tradizionale come costruzione, che contiene un affresco generazionale solido e credibile, e che ha per protagonista anche un quartiere, i Sunnyside Gardens, nel Queens. Al centro della storia i "dissidenti americani", dai comunisti degli anni a cavallo fra le due guerre mondiali fino a Occupy Wall Street, passando per gli alternativi degli anni '80 che si schieravano con i sandinisti nicaraguensi (breve ma molto toccante la parte del romanzo ambientata nel paese centroamericano).
Detto questo, il 2014 americano è stato senz'altro l'anno di Donna Tartt, di Greenwood, Mississippi, che ha vinto il Pulitzer con il romanzo Il cardellino, piaciuto molto anche in Italia nonostante la sua mole fosse tale da intimorire persino il lettore più scafato. E poi, certo, questo per l'Italia è stato l'anno del ritorno di un autore venerato su entrambe le sponde dell'Atlantico, Thomas Pynchon, di cui è stato tradotto La cresta dell'onda. Al centro della narrazione, che ruota attorno ad intrighi informatici, nella New York del 2001, quella dell'attacco alle Torri gemelle.
Venendo all'Italia, penso sia difficile non citare Roderick Duddle di Michele Mari, anche per il suo essere un'opera che non riflette l'italianità comunemente intesa, quanto piuttosto le passioni letterarie dell'autore. Ambientato nell'Inghilterra dell’Ottocento, il libro ha per protagonista un orfano in fuga, e abbiamo detto tutto. Ogni riferimento a Dickens & Co. è ovviamente pertinente.
Se guardiamo però ai titoli italiani tradotti in America, un nome svetta su tutti, quello di Elena Ferrante, misteriosa autrice napoletana che finora è riuscita a tenere ben nascosta la propria identità nonostante un successo sia di pubblico che di critica che non accenna a calare, anzi. Di Ferrante è appena uscito in Italia il quarto volume del ciclo de L'amica geniale, dal titolo Storia della bambina perduta, ma in generale tutta la sua opera sta vivendo un momento molto fortunato negli States.
Dal canto mio, però, conserverò anche il ricordo di altri due romanzi, molto distanti fra loro, credo non ancora tradotti negli USA. Il primo è L'amore normale di Alessandra Sarchi, libro delicato sul tema del tradimento e della coppia aperta, centrato su due relazioni parallele che i protagonisti, marito e moglie, cercano di condurre alla luce del sole (e di fronte agli occhi dei figli).
Il secondo è di tutt'altro genere: parliamo de La vita umana sul pianeta terra di Giuseppe Genna, romanzo lirico e visionario, con al centro Anders Behring Breivik, l'autore della strage di Oslo e di Utøya, la cui vicenda umana (o forse disumana) si incrocia con alcuni squarci autobiografici dello stesso autore, fra Milano (una cupissima Milano, come anche nella recente antologia di racconti Festa del perdono) e la Norvegia.
E la non-fiction? Due titoli: il primo è tutto newyorchese, Chelsea hotel, viaggio nel palazzo dei sogni, traduzione di Inside the dream palace, di Sherill Tippins, volume uscito negli USA lo scorso anno. È l'imperdibile racconto dell'albergo degli artisti per eccellenza, nato per iniziativa di un'utopista seguace di Fourier, che ospitò un po' tutti, da Dylan Thomas a Leonard Cohen, da Arthur Miller a Patti Smith, da Kerouac a Andy Warhol e chi più ne ha più ne metta. Il secondo è invece un volumetto molto militante fin dal titolo, La lotta di classe esiste e l'hanno vinta i ricchi, di Marco Revelli, appena uscito. Lo recensiremo presto.