La lettura de L'amore normale di Alessandra Sarchi è iniziata sotto i migliori auspici. Intanto, si presenta come un romanzo-romanzo, non un romanzo-autofiction, un romanzo-inchiesta, un romanzo-denuncia, un romanzo… qualcos'altro. Bene, così devono andare le cose, non bisogna avere paura dell'invenzione romanzesca, non bisogna pensare che le storie inventate siano meno reali della realtà, anzi, semmai lo sono di più e su scala più ampia (madame Bovary siamo io, tu, lui, noi, voi ecc.).
Secondo: è un romanzo che fin dal titolo si occupa d'amore. Dunque benissimo, credo abbia ragione Jeffrey Eugenides (e moltissimi altri con lui, ma è lui che mi viene in mente, ora) quando dice che l'arte della narrazione è nata soprattutto per raccontare storie di matrimoni. Matrimoni e guerre, verrebbe da aggiungere, perlomeno dall'Iliade in poi. In ogni modo, è evidente che il romanzo, questa grande invenzione borghese, a quel pozzo lì è andato ad attingere tantissimo.
Per quanto mi riguarda, le aspettative iniziali non sono andate deluse. La storia raccontata in queste pagine è apparentemente "classica" nella sua dichiarata normalità. Si parte da un doppio tradimento: Laura, insegnante, madre di due bambine, tradisce il marito Davide con Fabrizio, un ex-fidanzato di vent'anni prima (a fare da detonatore, oltre al destino di un incontro fortuito, i postumi di un tumore al seno), e Davide a sua volta tradisce Laura con Mia, una giovane bibliotecaria (che come lo vede si "scioglie" subito in una rapidissima mestruazione!).
Ciò che rende la pietanza più saporita è che qui il tradimento, ad un certo punto, viene confessato. Dall'amore clandestino alla coppia aperta, insomma, anche se non spalancata, per citare il mitico duo Fo-Rame che questi temi ebbe il coraggio di trattarli nel lontano 1983.
L'argomento, anche oggi, conferma tutta la sua attualità. Con l'allungarsi della vita media, ed il moltiplicarsi delle occasioni di incontro, interrogarsi sugli assetti della famiglia nucleare, sulle sue possibili "varianti", sulle alternative praticabili alle separazioni e ai divorzi che spesso conseguono ad una relazione extraconiugale, è una sfida che gli scrittori dovrebbero assolutamente raccogliere. Anche per non lasciarla ai curatori delle rubriche sentimentali delle riviste.
I personaggi della Sarchi, a cui l'autrice di volta in volta cede la parola, sono ben disegnati (compresi quelli comprimari) quantunque forse in qualche caso fin troppo "comuni". I due uomini, ad esempio, entrambi professionisti, dai modi urbani, gentili e sicuri di sé come da manuale (appena un po' più inquieto Fabrizio, che ha alle spalle un matrimonio fallito e una figlia) trasmettono un'idea di virilità precisa ma fin troppo stereotipata. Quanto poco ci vorrebbe a volte affinché nei romanzi italiani la situazione diventasse un po' più eccitante? Forse solo dei personaggi meno standard? Penso al Libertà di Franzen, a Patty, la compagna, affettuosa ma insoddisfatta, di Walter Berglund, un ecologista militante scelto a suo tempo come "ripiego", all'amante agognato in gioventù e finalmente ottenuto in età matura (la stessa situazione di Laura e Fabrizio), un cantante fragile e affascinante… Su questo terreno, del brio, del ritmo della narrazione, gli USA mi sembrano sempre una panna sopra tutti, anche quando raccontano la vita così com'è, senza guizzi particolari (James Salter, a cui dovremo arrivare, prima o poi).
Tuttavia, è anche vero che il titolo del romanzo della Sarchi – che si apre con una citazione da Le affinità elettive di Goethe – parla di amori "normali", ed in questo senso, lo ripetiamo, il libro mantiene le promesse. La storia culmina in un week end tutti assieme, ed è il momento più interessante, quello in cui si scoprono le carte e si presenta l'occasione di immaginare un possibile futuro all'insegna dell'apertura e della disponibilità, anche nelle diverse varianti sessuali rese possibili dal ménage à quatre. È possibile mantenere il matrimonio, la coppia in vita avendo al tempo stesso delle relazioni alla luce del sole? E' possibile per dei coniugi diventare amici degli amanti dei propri congiunti? È possibile dirsi tutto, o c'è qualcosa che solo chi è stato assieme per lungo tempo può condividere? Non sveleremo le risposte, se risposte in questo romanzo ci sono. Né sveleremo l'epilogo, come si conviene.
Diremo così: che il libro avrebbe potuto osare di più, e tuttavia contiene passaggi toccanti, fa pensare a certo cinema francese che indaga i sentimenti e i chiaroscuri delle psicologie individuali (il mondo esterno, qui è poco presente). Arrivati in basso a destra nell'ultima pagina ci resta ancora dell'appetito, vorremmo leggere ancora sul tema dei rapporti "multipli", dei bisogni che sorgono a volte nella vita anche nell'ambito delle storie più consolidate. Senza scivolare – e anche questo è un pregio di L'amore normale – nei toni da tragedia che non solo certa letteratura ma soprattutto certa cronaca nera a volte ci propone.
La frase: "Le cellule, arrivate ad un certo punto, smettono di moltiplicarsi, gli organismi complessi pure. Negli individui evoluti non smette il desiderio per la vita o il desiderio, semplicemente".
Alessandra Sarchi, L'amore normale, Einaudi, 2014.