L’arrivo dell’autunno anziché calmare ha accentuato la fantasmagoria delle offerte sul mercato dell’arte americano, senza perdere l’eco d’italianità impressogli dalle celebrazioni leonardesche. La novità in senso assoluto è infatti il recupero, e annunciata vendita, di un disegno di Andrea Mantegna (1431-1506), avvenimento di portata storica dato che di una ventina di disegni di questo supremo maestro ne rimangono in mano privata soltanto due (incluso questo). Si tratta inoltre dell’unico disegno preparatorio esistente di una delle opere più famose di Mantegna, il “Trionfo di Cesare”, nove monumentali dipinti conservati nella galleria reale britannica di Hampton Court da quando re Carlo I li acquistò nel 1629 direttamente dalla famiglia che fu la principale patrona del pittore, i Gonzaga di Mantova.
Dico subito che la comparsa di quest’opera sul mercato commerciale costituisce un’occasione unica per lo stato italiano che si preoccupa ferocemente di conservare a sé il proprio patrimonio culturale, di assicurarsene una testimonianza importante, semplicemente comprandola con giusta spesa. Tracciato a inchiostro su carta, il disegno pertiene al secondo dei nove dipinti, raffigurante i vessilliferi e gli attrezzi d’assedio esibiti nel corteo. A partire dal 1885 era stato riconosciuto come opera preparatoria, ma era stato poi dimenticato del tutto. Esposto nella recente mostra su Mantegna e Bellini alla National Gallery di Londra e alla Gemälde Galerie di Berlino ha causato furore tra gli esperti per la sua estrema rarità. Ma solamente adesso, ad opera della direttrice del reparto scientifico della galleria d’aste Sotheby’s Cristiana Romalli, è stato identificato come sicuramente del pittore e anzi uno dei più classici del suo stile.
Sottoposto per la prima volta ad analisi a radiografia infrarossa, ha rivelato sotto il principale personaggio (a sinistra) altre figure genuflesse e poi cancellate secondo pentimenti caratteristici del maestro, e che ne confermano definitivamente l’autenticità. Dopo essere stato per alcuni giorni in mostra nel mese di ottobre alla Sotheby’s di New York, il disegno – esempio della vigoria, della composizione e soprattutto della sapienza prospettica tipiche del maestro – è stato esposto per qualche settimana nelle filiali della casa a Los Angeles, San Francisco e Londra, per ritornare alla fine di novembre a New York ed esservi messo in vendita il 29 gennaio. La Sotheby’s prevede di realizzare un minimo di 12 milioni di dollari.

Di non minore interesse e risonanza è la prossima apertura al Museo Metropolitan di “The Renaissance of Etching” quella che è forse la prima mostra mai tenuta sul trapasso dell’incisione all’acquaforte da tecnica riservata unicamente all’ornamentazione a intaglio delle corazze militari, cioè ad un impiego molto limitato e per una classe ristretta, a tecnica per il disegno su carta, con il che essa assumeva un carattere ben più generale, con effetto rivoluzionario, ampliando gli orizzonti dell’intera comunità umana (colta o anche analfabeta). L’acquaforte differisce dalla semplice stampa perché l’ intaglio é creato sul metallo della lastra stampante non direttamente ma per mezzo di un acido corrosivo, trattenendovi poi l’inchiostro o il pigmento del colore per trasferirli sulla carta al momento dell’impressione. La mostra, la prima ad esibire esaurientemente l’arte della stampa sotto questo profilo, espone le opere dei suoi primi praticanti, dal Parmigianino a Bruegel il Vecchio e a Dürer. Apre il 23 ottobre e rimarrà fino al 20 gennaio 2020.
Ma la più attesa, nel quadro di questa stagione americano- italiana, delle presentazioni è la replica di una statua eretta alla metà dell’Ottocento dall’artista viterbese-fiorentino Pio Fedi (1816-1892) nella Basilica di Santa Croce a Firenze, a cui s’ispirò lo scultore francese Frédéric Bartholdi per la celeberrima “Statua della Libertà” donata dalla Francia agli Stati Uniti, e che da quasi due secoli saluta i viaggiatori in arrivo nella baia di New York. Questa creazione, che viene adesso esposta, per la prima volta nella storia, nel Museum of Immigration che sorge a Ellis Island, s’intitola “Libertà della Poesia” e fu a suo tempo immaginata da Fedi per celebrare la liberazione degli uomini dalla schiavitù; Bartholdi ne vide gli abbozzi preparatori mentre visitava lo studio dello scultore italiano, e la somiglianza delle due opere, fino al capo cinto di raggi, è straordinaria. L’esposizione, che prelude a un gemellaggio permanente tra l’Opera di Santa Croce e il Museum of Immigration, sarà presentata con una conferenza stampa al Consolato Generale italiano nella sua bella sede di Park Avenue, e verrà inaugurata venerdì 11 ottobre, per rimanere aperta fino al 26 aprile 2020.