L’unica certezza che abbiamo nella nostra vita sta proprio nella sua conclusione. Ci si è sempre spesi nell’addolcire questo triste e irrinunciabile evento con descrizioni rassicuranti come “in fondo è soltanto attraversare una porta” o con definizioni pacate e rassicuranti come “passare a miglior vita”; ed è confortante pensarla così.
Risibile accorgersi che svolgiamo una personale funzione di vigilanza mentale sulla nostra salute, il più delle volte esagerata e insensata; una vera e propria ipocondria che manifestiamo in presenza di innocui dolori fisici temuti e ritenuti premonitori di chissà quale malessere fatale in arrivo. Un mal di testa, una fitta intercostale o un banale mal di schiena attivano allarmi e rincorse mentali all’impazzata per trovare immediate e repentine auto diagnosi finalizzate al ripristino del proprio assetto psicologico e al giusto equilibrio necessario per proseguire il proprio cammino di vita.
Il compianto poeta e scrittore siciliano Gesualdo Bufalino ebbe a dire che viviamo una vita in affitto e nella nostra tasca ne conserviamo l’intimazione di sfratto. Siamo fatti della stessa materia di come sono fatte le stelle ma le nostre cellule risultano cosi fragili e lente nell’adeguarsi a qualsiasi cambiamento climatico o nutrizionale e il loro corso di vita nel tempo non dura che un battito di ciglia o molto meno.
Quali essere umani ci sentiamo superiori alle altre forme di vita per via delle capacità intellettive e della nostra consapevolezza cognitiva delle cose ma la ragione che ci contraddistingue cova dentro effetti collaterali ed enormi incapacità di lungimiranza che minano alla tutela della nostra specie che inesorabilmente corre cieca verso l’autodistruzione.
La politica dei consumi serva di un capitalismo oppressivo basata in primis sull’industrializzazione cieca, pressante e sprezzante di ogni tutela per l’ambiente oggi presenta un conto serio e grave in un momento in cui i grandi paesi sono governati da persone che per ignoranza o per mani legate dai poteri delle lobby dell’industria e delle multinazionali, non riescono ad avviare quell’inversione di tendenza necessaria per salvare il pianeta da cambiamenti climatici fatali che in troppe parti del mondo hanno iniziato a manifestarsi. Una disperata necessità che deve partire dalla consapevolezza del problema.
La sedicenne svedese Greta Thunberg divenuta portavoce e simbolo di una emergenza concreta ed urgente apre una breccia fondamentale come una scossa, come uno schiaffo per svegliare tutti quegli adulti al potere dei governi e delle loro economie che in preda ad una vera e propria desistenza, si atteggiano facendo spallucce al futuro dei giovani e dell’umanità stessa che per un insano e ipocrita egoismo di facciata voltano le spalle e ripuliscono la propria sporca coscienza pensando al proprio arricchimento e al proprio piacere… tanto tra un tot di anni dovrò “attraversare la porta verso la miglior vita…ma che muoia Sansone con tutti i filistei”. Sembra questa l’inconscia giustificazione per cotanta crudeltà perpetuata oramai da troppo tempo.
Altrettanto pericolosi quanto imbarazzanti gli appelli ignorati del nuovo comandante italiano della stazione orbitante Luca Parmitano che nel corso delle sue orbite abbia osservato e appurato le enormi differenze climatiche sotto i suoi occhi a distanza di pochi anni dalla sua precedente missione in orbita.
Per chi si barcamena in un progresso tecnologico caotico sempre meno sensibile alle bellezze della vita e alla purezza dell’ambiente non resta che accorgersi, quando è troppo tardi, di aver perso quella naturalezza spensierata dell’infanzia, quella gioia per le piccole cose quotidiane e di aver invece intrapreso una strada dritta e oscura nell’affannosa ricerca del proprio interesse basato sulla meschinità del piacere e della ricchezza.
L’età adulta tende a cancellare ogni precedente sensibilità che in gioventù rappresentava i valori e quell’entusiasmo nel voler cambiare il mondo; una sorta di perdita di memoria le cui colpe vanno ricercate su come la vita stessa impone e richiede il nostro contributo alla catena di produzione in un modo troppo oppressivo e incurante della salute dei mari e dell’ambiente.
Per le stime degli istituti climatici del globo si palesa una sorta di strada senza ritorno oramai intrapresa e la lentezza con cui gli stati provano a risolvere con lente risoluzioni forzate e poco convinte porta a pensare che siamo davanti ad una anomala forma di depressione non diagnosticata che affievolisce quella spinta motivazionale che incentiva i nostri entusiasmi, le nostre passioni e che regola quei valori che riteniamo assoluti su cui noi stessi non transigiamo e che lasciamo rappresentino una strada sicura per le nostre convinzioni e le nostre idee.
Allora forse l’unica certezza di aver a disposizione una breve vita rappresenta la sfida assoluta dell’essere umano perché richiede cultura, forza d’animo e avere a cuore il proprio ambiente per quanto breve ci si possa stare; tutte sensibilità che ci rendono altruisti e immuni dai raggiri di una economia sorda e disumana.