Due manifestazioni sfarzose e magiche, senza alcun rapporto tra di loro ma tutt’e due dedicate alla luce, allo spazio, al movimento e al colore fanno da introduzione a una sfolgorante primavera newyorchese dedicata con un entusiasmo che non ha precedenti all’arte; tutt’e due, anche, basate sul rapporto tra la specie umana e quella animale.
La prima è una spettacolosa trovata del pittore e performance artist Duke Riley che al cadere di un dorato tramonto sulla baia tra Manhattan e Brooklyn ha fatto salire verso il cielo uno stormo di duemila colombi pazientemente ammaestrati a compiere maestose evoluzioni, ciascuno con un lumino a luce LED (diodo a emissione luminosa) attaccato a una zampetta. In questa festa intitolata Fly by Night (Volo di notte) i collaboratori alati dell’artista si sono spiegati verso le nuvole su uno sfondo di silenzio, rotto ogni tanto da musica rock emanata da altoparlanti, tra cui la melodia When Doves Cry, il pianto della colomba, del grande e appena scomparso cantautore Prince.
L’esperienza audiovisiva offerta da Riley, che andrà in scena ogni fine settimna fino al 12 giugno (i biglietti per assistere da Brooklyn Navy Yard sono terminati, ma ci si può mettere in lista d’attesa) meriterebbe pagine intere, se non volessimo passare d’urgenza alla seconda manifestazione, la raffinatissima mostra Turner’s Whaling Pictures che si è aperta al Metropolitan Museum of Art. “Whaling” è la caccia alla balena, e le pitture di cui si tratta, quattro in tutto, furono dedicate a questo tema dall’artista che giganteggia sull’intera storia della pittura ottocentesca, Joseph Mallord William Turner (1775-1851) quando questo tipo di caccia del più immenso mammifero del regno animale fatto con gli arpioni lanciati a mano da una scialuppa di balenieri stava per sparire, ma stava assumendo dimensioni mitiche nella coscienza collettiva. Si tratta di quattro quadri dipinti da Turner nell’ultima parte della sua carriera ed esposti, due a due, nelle esibizioni della Royal Academy degli anni 1845 e 1846.
Che Turner, supremo maestro nell’interpretazione della vita attraverso l’arte, abbia con questi suoi ultimi quadri voluto celebrare la morte, che sentiva ormai vicina? All’epoca questi dipinti che, come gran parte dell’opera di Turner, anticipano di quasi un secolo l’arte astratta con il loro affidamento alle sensazioni più profonde rivelate da un artista quando abbandona il suo spirito alle forze della natura, causarono stupore, indignazione ma anche, in una minoranza di critici, entusiastico apprezzamento.
Dopo vicissitudini varie relative alla proprietà, tre dei quattro quadri finirono poi alla Tate Gallery di Londra, il quarto al Met Museum di New York. È la prima volta che, grazie a questa mostra, i quattro quadri sono visibili insieme, ed è solo adesso che ci si può rendere dovutamente conto di come essi illustrino esaurientemente questa parabola mortale, l’intera operazione dell’avvistamento, inseguimento e massacro del mostro marino sacrificato da fragili uomini essi stessi in pericolo sul mare. Il fatto che questa esibizione avvenga attraverso opere di una forza quasi profetica ne rappresenta la sublimazione. È anche la prima volta che grazie alle indagini della giovane vice-curatrice Alison Hokanson, che ha organizzato la mostra, viene anche documentato che questi quadri servirono quasi certamente d’ispirazione al massimo esponente della letteratura americana, Herman Melville, nel suo capolavoro Moby Dick, pubblicato nel 1851, pochi mesi cioè prima della morte di Turner stesso. Il romanzo di Melville, l’epica caccia attraverso l’oceano di un uomo di mare ossessionato dal ricordo di una gigantesca balena bianca, contiene un esplicito raffronto tra la maestà del mare e quella di un grande dipinto, e in una lettera Melville fa riferimento all’arte di Turner. A sua volta il Moby Dick ha lasciato un segno indelebile nella narrativa americana, in opere come la storia d della lotta tra il vecchio e il mare, The Old Man and the Sea di Ernest Hemingway, e, perché no, nell’idea di Duke Riley di onorare con un’esibizione zoologica la grandezza del mare.
Quanto alla primavera artistica di New York, The New York Times ha calcolato che nella prima metà di maggio fossero in corso o in arrivo nella città nove fiere d’arte contemporanea, moderna e antica con la partecipazione di decine di nazioni, più una “settimana del design” a cui partecipano vari designer italiani; per non contare almeno un centinaio di mostre offerte dalle individuali gallerie e musei.