Al Teatro Vascello, nell’ambito del Romaeuropa Festival, una scena spoglia, condivisa da quattro personaggi, introduce la storia di Yeong-hye, protagonista del romanzo capolavoro della scrittrice coreana Han Kang, insignita del Premio Nobel per la Letteratura 2024. La vegetariana è scomodo, duro, a tratti inesorabile, in cui il nutrimento e la scelta di astenersi dal mangiare esseri viventi evocano in realtà qualcosa di più segreto e profondo che riguarda l’impossibilità di fare luce sulla verità di qualcuno.
Daria Deflorian, in veste di regista e attrice, ha affidato il ruolo della protagonista Yeong-hye a Monica Piseddu, “scelta da subito senza alcuna esitazione”, colei che l’ha indotta a trasporre quest’opera letteraria in teatro. Dapprima, ha dichiarato la regista, non voleva essere in scena, malgrado la figura della sorella della protagonista le fosse apparsa intimamente molto vicina durante la lettura del libro. La potenza di certe immagini trae linfa vitale dall’uso dei colori che accentua la sensualità del testo, con l’ausilio digitale simulante in palcoscenico la pittura del corpo quale atto sublime per avvicinare la dimensione vegetale agognata dalla protagonista.
Dal rifiuto improcrastinabile e definitivo della donna di continuare a mangiare carne, nell’intento di fare di se stessa vegetazione, prende vita un processo di mutamento e trasformazione che si ripercuote in modi diversi sul marito, irritato e sconcertato, interpretato da Gabriele Portoghese, sulla sorella, conscia del dolore di cui si fa carico, sul cognato, cui presta il volto Paolo Musio, che coglie nell’occasione quell’esaltazione artistica prima di allora in crisi di creatività.Yeong-hye non troverà nel vegetarianesimo la pace e l’illuminazione che sentiva le appartenessero e si lascerà spegnere, pur non desiderando di smettere di vivere, ma rifiutando dell’umanità la violenza che la caratterizza.
Non di frequente il teatro regala emozioni di tale intensità come quest’opera ha saputo suscitare in una platea attenta, pronta a cogliere ogni sfumatura di senso che si diffondesse dalla messinscena.