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August 12, 2019
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Lo spettacolo al Lincoln Center che fa riflettere sui diritti civili negati in Uganda

Si chiama "The Rolling Stone" e racconta l'amore impossibile tra due uomini. Chiude il 25 agosto

Floriana FrigentibyFloriana Frigenti

Lo spettacolo "The Rolling Stone"

Time: 4 mins read

Il teatro del Lincoln Center di New York (il Mitzi Newhouse) ospita questo mese lo spettacolo “The Rolling Stone” che parla dei diritti civili in Uganda.

Scritto da Chris Urch, la storia si serve di un cast piccolo di sette attori per raccontare il micro-cosmo di una famiglia molto religiosa di un piccolo paese, e il macro-cosmo della cattiveria umana che si accanisce contro l’omosessualità.

La storia si svolge a Kampala, dove nel 2010 il quotidiano che porta il nome del titolo, “The Rolling Stone”, inizió a pubblicare in copertina foto, nomi e indirizzi degli omosessuali del paese.

L’omosessualità era ed è illegale in Uganda dai tempi del colonialismo inglese ma l’ultimo decennio ha visto una escalation di omofobia e violenza dove molte persone sono state vittima di orribili violenze e omicidi, tra cui David Kato Kisule.

Lo spettacolo “The Rolling Stone”

David Kato Kisule, insegnante, era attivista dei diritti gay, e ne è considerato il padre, perché fu il primo uomo ugandese a rivelare apertamente la sua sessualità. Kato fu ucciso nel 2011, subito dopo aver vinto la causa contro il giornale che aveva pubblicato il suo nome e la sua foto identificandolo come gay e chiedendo che fosse giustiziato.

La maggior parte del cast debutta al Lincoln Theatre ma viene da Broadway, il meraviglioso espressivo protagonista Ato Blanksoon-Wood era in “Hair” ed ha anche partecipato al progetto in onore di Michael Brown “Antigone in Ferguson”, Latoya Edwards era in “School Girls” e in altre produzioni al teatro MCC, Robert Gilbert, era in “Network” lo spettacolo con Bryan Cranston della scorsa stagione e viene da altre produzioni londinesi, Myra Lucretia Taylor, la credibilissima cattiva “Mama” era nel cast di “Nine” lo spettacolo ispirato al fellinese 8½.

Il regista, Saheem Ali, è il regista di “Fireflies”, lo spettacolo che lo scorso autunno era all’Atlantic Theatre Company e che parlava delle lotte per i diritti civili americani.

Diritti civili e identità sessuale sono due temi carissimi a Saheem Ali, che fa il regista da 26 anni, se si considera il “Grease di Nairobi”, lo spettacolo che aveva ‘ricreato’ con i suoi compagni di liceo, dopo aver visto l’originale a Londra. Fu in quell’occasione che decise di diventare regista e gliene siamo grati perché i suoi spettacoli sono interessanti, onesti e credibili. 

Il teatro E. Mitzi New House è uno spazio piccolo e ‘ad anfiteatro’ che si presta bene ai sermoni di Joe, il fratello di Dembe che di fatto pratica i suoi sermoni con il pubblico. La scenografia è spoglia, all’apertura, ci sono le onde di un lago riflesse sul palco e una barca con due amanti segreti: l’irlandese Sam e l’ugandese Dembe. La notte è stellata ma l’amore è segreto e pericoloso “Tutte queste stelle mi sembrano gli occhi delle persone morte”, dice Sam all’inizio come preludio delle difficoltà che dovranno affrontare.

Se Sam è in visita di lavoro (fa il dottore) ed è un “uomo bianco un po’ dipinto di nero” come dirà Wummie, Dembe ha sempre vissuto in quel paese religioso e bigotto con una famiglia di soli fratelli che gli fanno da genitori.

Il fratello Joe vuole spesso giocare a fare a pugni, è il modo in cui si “accerta” che Dembe è “un uomo vero”. Joe sta per diventare il leader della congregazione religiosa del loro paese è si sente responsabile della “morigeratezza” della sua famiglia. “Devi sorridere di più. Alle donne non piacciono le camicie a fiori che indossi. Sii orgoglioso di essere un uomo. Se ti piace una donna ma se in dubbio, sorridi e annuisci e andrà tutto bene” sono alcuni dei consigli che dispensa.

Wummie è molto legata a Dembe e sarà lei a lasciare la scuola quando Joe dirà ai fratelli che non hanno abbastanza soldi perché entrambi continuino gli studi. Wummie finirà a fare le pulizie in un albergo.

Lo spettacolo “The Rolling Stone”

E’ una vecchia amica di famiglia, “Mama”, la persona che incarna la cattiveria umana: è così perfida e senza scrupoli da fare del male persino a sua figlia. E’ da Mama che sentiamo“kuchu” per la prima volta, la parola in Swahili che sta per “omosessuale”.

Il gruppo diventa presto ossessionato dal giornale che pubblica le foto dei gay del paese: ogni sua uscita amplifica pettegolezzi e odio, si contano diciassette arresti nello spettacolo e un assasinio feroce come l’omicidio di Pasolini.

Il paese della finzione (e non), ha l’obbligo di denunciare i gay, e quando Joe prepara il suo primo sermone, ricorda alla congregazione che essere omosessuali è “antibiblico, anti-africano e contro natura”.

Quando l’appartamento di Sam viene vandalizzato, perché hanno scoperto che lui è un kuchu, non è solo la loro relazione ad essere in pericolo ma la loro vita. Sam vuole portare Dembe in Irlanda, da dove viene, ma Dembe fa resistenza. “Mangi e respiri paura tutti i giorni che ci fai ancora qui?” “Non voglio essere una ‘persona a metà” gli risponde Dembe.

Lo spettacolo dura due brevissime ore ed ha un finale inatteso. I temi sono seri ma affrontati con maestria. The Rolling Stone chiude il 25 agosto.

Per maggiori informazioni cliccare qui 

 

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Floriana Frigenti

Floriana Frigenti

Sono nata in un piccolo paese del salernitano senza biblioteche né librerie, ma sono cresciuta comunque con la testa tra i libri e il sogno di vivere in una grande città. L’approdo a New York è arrivato dopo una lunga circumnavigazione: gli studi in management internazionale a Milano, una carriera nel marketing digitale prima a Berlino e poi a Londra, innumerevoli viaggi per provare, vedere e sentire tutte le emozioni. Sono una scrittrice appassionata di tutto ciò che è bello e ne tengo un resoconto qui https://www.instagram.com/spaghettisubway/

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