Lo scorso venerdì, il dipartimento cinematografico del Lincoln Center di New York ha inaugurato il festival “This is Cinema now: 21st Century debuts”.
Come il titolo stesso rivela, la selezione dei film in proiezione mette insieme i registi esordienti dagli inizi del 2000 e tra essi: Jordan Peele, Maren Ade, Barry Jenkins, Mia Hansen-Løve, Lucrecia Martel e Apichatpong Weerasethakul.
Organizzato da Dennis Lim, Florence Almozini, e Tyler Wilson, il festival omaggia film cult e film meno conosciuti ma che meritano di essere recuperati.
Nella lista c’è per esempio “Donnie Darko”, la storia sci-fi del regista Richard Kelly con l’adolescente Jake Gyllenhaal che assume tanti psicofarmaci e fa il sonnambulo di notte in giro per la sua periferia.
Un’altra opera d’arte è la satira socio-politica del 2006 “12:08 East of Bucharest“ che parla di un gruppo di amici che si riuniscono per commemorare la caduta di Ceausescu e del regime comunista in Romania.
I registi rappresentati in questa selezione vengono da tutto il mondo, e tra loro figura anche l’italiana Alice Rohrwacher con il film “Corpo Celeste” con cui ha vinto il Nastro d’argento come migliore regista esordiente nel 2012 (insieme ad altri premi prestigiosi come il Ciak d’oro o il Debut Award Ingmar Bergman).
Corpo Celeste è un film davvero molto bello e (purtroppo) attuale che parla di un’adolescente e della religione cattolica, ma anche di un’Italia “piccola” di un paesino “semplice” da essere cattivo, un po’ come un “Dogville” di Von Trier.
Anche se i temi sono altri, i personaggi principali non perdono tempo a raccontarci la loro piccolezza in battute che toccano i luoghi comuni e razzisti sui rifugiati o sugli stranieri.
“Il pesce del Mediterraneo non lo compro più, con tutti i rifugiati che muoiono a mare” ci fredda la zia di Marta a tavola con la famiglia. Ma anche Santa (solo di nome) la perpetua del paese, preoccupata che il parroco si faccia mandare in un’altra diocesi “Chissà chi mandano al posto vostro, magari uno di quei preti stranieri”.
La storia si svolge da qualche parte in Calabria, ma se non fosse per gli accenti potrebbe essere ovunque in Italia, in uno di quei paesi dove i ragazzi o vanno in chiesa o crescono per strada. E infatti i giovani del film non hanno molto altro a parte il catechismo delle preghiere che neanche capiscono, devono imparare in ebraico “Eloì, Eloì, lama sabactàni?” ma nessuno gli sa (o vuole) dire cosa significhi.
La protagonista del film, la tredicenne Marta dal nome e dalle fattezze da diversa (bionda e silenziosa), frequenta l’oratorio perché sua madre crede che questo lo aiuterà a fare amicizia visto che si sono da poco trasferiti dalla Svizzera dove hanno vissuto per dieci anni.
Marta e gli altri ragazzi, vanno al catechismo perché devono farsi la cresima,
“Senza la cresima sono chiuse le porte del paradiso e anche del matrimonio”, dice ancora Santa, che non sembra avere un lavoro o una vita al di fuori della diocesi.
Il parroco del paese, don Mario, ha un cellulare che squilla sempre e non è un personaggio che ci fa simpatia: guardingo, freddo e calcolatore, incassa l’affitto e dice ai suoi parrocchiani quale candidato votare.
Quando Marta si taglia i capelli cortissimi, capiamo che è in una crisi di identità da cui non sa uscire, sale sul tetto della casa ma c’è solo desolazione, i ponti di un’autostrada, palazzoni enormi da progetto sociale, ragazzi che frugano nei mobili buttati via.
Il film verrà proiettato il 30 luglio alle 21.
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