Il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi assicura che saranno chieste informazioni in tutte le sedi, anche con passi formali, per quel che riguarda il “caso” delle intercettazioni di cui sarebbe stato fatto oggetto Silvio Berlusconi da parte dei servizi segreti statunitensi, quand’era presidente del Consiglio. Chiedere informazioni. Renzi e il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni le chiederanno con virile fermezza. Una patata davvero bollente, quella nelle mani di Barack Obama e del segretario di Stato John Kerry. Perché Renzi non ci pensa due volte a “rottamarti”…
Chissà perché, ma per quanti sforzi faccia non riesco a scaldarmi (e tantomeno a indignarmi) per il fatto che i servizi segreti americani abbiano spiato Berlusconi quand’era capo del Governo. Lo avranno “attenzionato” anche prima; e magari anche dopo; e anche il suo predecessore, e il suo successore… Ecco: ci si può chiedere se e quanto siano costate queste spiate; e che sugo abbia portato spiare Berlusconi, Napolitano, Monti, Letta, Renzi, Mattarella… ma al di là dell’inutilità (un sospetto che è una quasi certezza) dell’operazione, di grazia: cosa dovrebbe fare un servizio segreto? Solo gli Stati Uniti spiano, hanno spiato, spieranno Berlusconi e Renzi, Napolitano e Mattarella, e chiunque altro abbia un potere istituzionale o reale? Qualcuno può credere che riservino una speciale attenzione, un riguardo particolare agli italiani? E’ immaginabile che spiino, abbiano spiato e continueranno a spiare anche altri leader, altri politici, altri personaggi di potere.
Berlusconi probabilmente è stato meglio spiato dalla CIA (e anche dagli eredi del KGB), che dai servizi italiani, ma è questione “tecnica”, di mezzi, di know how; se la CIA (o il KGB), o i loro equivalenti, sono quello che dovrebbero essere, spieranno e avranno spiato anche i loro uomini di potere. Da sempre i servizi segreti raccolgono informazioni, le catalogano, confezionano dossier. Poi è da vedere come queste informazioni vengono usate. Se dobbiamo valutare i tanti flop conseguiti, si è tentati di credere che di tutta quella massa di informazioni ne sappiano che uso farne. Ma mettiamo in conto che nel loro calcolato cinismo i servizi deliberatamente fabbrichino anche dei flop, proprio per farci credere che non sono onnipotenti, onnipresenti; mentre al contrario lo sono; pensate: deliberatamente fare bene un errore, proprio perché attraverso l’errore si possa dubitare che si sanno fare bene le cose: una raffinatezza perfida; o, se si vuole, una perfidia raffinatissima.
Ma torniamo alle informazioni raccolte e al loro possibile utilizzo: il modo migliore di farlo, da sempre, è non farne uso: di modo che X sappia che Y sa che X sa. “Gioco” che vale fino a quando si osserva la regola di base: non svelare gli assi che si hanno in mano. Perché appena viene pronunciata, per una qualsiasi ragione, la parola “Vedo”, ecco che il ricatto finisce. Nel caso specifico: ora tutto il mondo sa che i servizi americani (e certamente non solo quelli americani) conoscono vizi, segreti, debolezze di Berlusconi. Per paradosso, proprio ora Berlusconi non è più ricattabile.
E per quel che riguarda chi per mestiere ha la pena di spiare Berlusconi: non si può che provare, nei loro confronti, un sentimento che spazia tra l’allegrezza e lo scetticismo: poveretti, per settimane, mesi, costretti ad ascoltare i nastri con le conversazioni di Berlusconi, a visionarne i filmati: le barzellette recitate a ripetizione; le “cene eleganti” con ragazzotte raccattate qua e là; il pio-pio e il bla-bla con Renato Brunetta, Angelino Alfano, Umberto Bossi, Ignazio La Russa…tutta quella corte dei miracoli che per anni circondava (e ancora circonda) Berlusconi… le Marie Rosarie Rossi, le Deborah Bergamini, i Giovanni Toti, le Daniele Santanché, i Dudù e le Dudine…mamma mia, devono essere ben pagati, questi spioni che per giorni e giorni si devono sorbire queste intercettazioni, queste “sorveglianze”. Davvero un lavoro “sporco”. Beninteso: lo stesso discorso vale per chi attualmente sgoverna l’Italia: ma immaginateli nel loro privato i Renzi, le Marie Elene Boschi, e tutti gli altri del “giglio toscano”. Poveri 007: oltre che la licenza di uccidere, bisogna rilasciar loro anche la licenza di suicidio.
Va bene, basta scherzare. Diciamo allora che i servizi segreti, quelli che spiano Berlusconi e tutti gli altri, ricordano quello “scherzo” che Gilbert Keith Chesterton si concede in quello che diventa poi uno dei suoi libri più famosi, L’uomo che fu giovedì. Il racconto ruota attorno a una società segreta di anarchici: una cospirazione che fa capo alla misteriosa figura di “Domenica”; più si procede nella lettura, e più certezze vengono messe in dubbio, ogni affermazione è smentita dalla successiva, ogni personaggio si rivela multiforme, diverso da quello che appare: verità e menzogna si fondono, si inseguono e si smarriscono; alla fine si prova un senso di vertigine, ci si perde come immersi in un gigantesco labirinto: falso e vero sono un tutt’uno, inscindibile, irriconoscibile; un grottesco e un assurdo che il lettore accorto presto comprende essere metafora del nostro pane quotidiano… In quella società segreta ognuno è convinto di essere un “infiltrato”, e dunque tutti lo sono; di conseguenza nessuno lo è. Qui è l’essenza di questa divagazione: ognuno spia, tutti spiano, spiare è inutile.
Sarebbe prova di grande saggezza fare tabula rasa dei servizi segreti. Non rinnovarli, ristrutturarli, meglio governarli o rifondarli, ogni volta vediamo cosa ne viene fuori. E’ inevitabile: è la somma di un “vecchio” con un “nuovo” ogni volta più “vecchio” del “vecchio” precedente. Leonardo Sciascia una volta propose di provare a farne a meno per un paio d’anni, con una motivazione di stringente logica: “Non succederà nulla rispetto alla sicurezza esterna del Paese (se nulla succederà per la sicurezza del mondo); e in quanto alla sicurezza interna, nulla accadrà di più grave di quel che accade. E forse, chissà, qualcosa di meno, e di meno grave”.
Immaginiamolo l’ambasciatore americano convocato d’urgenza da Renzi e dal Governo italiano che chiedono spiegazione di quel che accade ed è accaduto. Pazientemente ascolta le doglianze di rito, ripeterà stancamente il discorsetto confezionato da qualche funzionario di Washington, allargherà le braccia, assicurerà che comunque si è sempre amici; alla fine un caffé, un pasticcino, venga a trovarmi con la famiglia in Toscana, venga a trovarmi con la famiglia nel Maine, e alla prossima…
Burocratico e asettico il portavoce del Dipartimento di Stato americano Mark Toner racconta le cose come stanno: “Non conduciamo alcuna attività di sorveglianza di intelligence a meno che non vi sia una specifica e valida ragione di sicurezza nazionale. E ciò si applica a cittadini ordinari come a leader mondiali. Il presidente è stato chiaro sul fatto che, a meno che non vi sia uno stringente motivo di sicurezza nazionale, non monitoreremo le comunicazioni di capi di Stato e di governo dei nostri amici e alleati. Gli Stati Uniti e l’Italia godono di una lunga amicizia basata sui nostri valori condivisi e su una storia di cooperazione nel portare avanti interessi comuni in tutto il globo. In quanto alleati e partner, continueremo a lavorare a stretto contatto con l’Italia per proteggere la sicurezza collettiva dei nostri due Paesi e dei nostri cittadini”.
Traduciamo? Spiamo; spiamo ogni volta che ci sono ragioni legate alla sicurezza nazionale; spiamo per poter stabilire se vi sono ragioni legate alla sicurezza nazionale, e per poterlo stabilire dobbiamo spiare. L’abbiamo fatto, lo facciamo, continueremo a farlo. Non vi piace? Fatevene una ragione, così fan tutti. Noi sappiamo che voi sapete che noi sappiamo che voi lo sapete…
A questo punto non è più paradossale: l’unica cosa ragionevole da fare è sciogliere i servizi segreti. Ovviamente non se ne farà nulla.