Oggi Leonard Peltier potrà iniziare un nuovo capitolo della sua vita: sarà scarcerato dal Federal Correctional Complex Coleman in Florida. Tornerà a casa nella riserva indiana di Turtle Mountain, in North Dakota, dove trascorrerà quanto gli resta da vivere. Dopo quasi 50 anni di detenzione, l’attivista ha ricevuto una commutazione della pena grazie all’ex presidente Joe Biden. Sebbene non si tratti del perdono che molti dei suoi sostenitori desideravano, il rilascio in isolamento domiciliare rappresenta comunque la fine di un periodo drammatico.
L’inizio della lunga incarcerazione risale al 26 giugno 1975, al Jumping Bull Ranch di Oglala, nel South Dakota, nella riserva indiana di Pine Ridge. L’episodio rimasto tuttora controverso portò alla morte di due agenti dell’FBI e di un membro dell’American Indian Movement, AIM, un gruppo che si dedicava a combattere la discriminazione e la brutalità della polizia contro le comunità dei nativi americani.
Dopo una vasta caccia all’uomo, vennero fermati tre membri dell’AIM, Dino Butler, Bob Robideau assolti poi per legittima difesa e Leonard Peltier, che invece fu estradato dal Canada con prove contestate per poi essere processato nel 1977 in un procedimento segnato da manipolazioni e intimidazioni dei testimoni. Nonostante la mancanza di prove concrete, l’uomo venne condannato a due ergastoli consecutivi per omicidio di primo grado.
Il caso di Leonard Peltier ha suscitato ampie critiche, con Amnesty International che lo aveva definito un prigioniero politico. Documenti rivelarono che l’FBI aveva soppresso prove potenzialmente scagionanti e che le analisi balistiche usate per la pena erano inaffidabili. Il detenuto è diventato quindi un simbolo della resistenza indigena e delle ingiustizie nel sistema giudiziario statunitense.
Il 20 gennaio, nell’ultimo giorno in carica, Biden ha firmato una concessione esecutiva di clemenza, citando problemi di salute e età avanzata, per consentire all’imputato di scontare il resto della sua pena a casa con la famiglia, una decisione ampiamente osteggiata dalle forze dell’ordine, che chiedevano che l’attivista rimanesse in carcere.