Notturno libico (Solferino editore), è un bel romanzo (ma storia vera) di Raffaele Genah, che attraverso l’incredibile vicenda di Giulio e Jasmine racconta anche i dimenticati pogrom contro l’antichissima comunità ebraica di Libia (cominciati quando ancora lo Stato d’Israele non c’era). Si apre con un’epigrafe tratta dal Talmud: “Quando insegni a tuo figlio, insegni al figlio di tuo figlio”. È il prezioso antidoto, il contravveleno che si può opporre all’amara e non infondata riflessione della senatrice Liliana Segre, ormai una delle poche sopravvissute viventi alla tragedia della Shoah.
Il timore di Liliana Segre è che con il tempo, ricordi e memoria si scolorino; si dimentichi l’orrore che è stato, chi ne è stato fattualmente responsabile, con la complicità degli inerti e degli indifferenti, di chi poteva dire NO e invece si è accodato al SI o ha taciuto.
Non che l’amarezza di Liliana Segre sia infondata. In un colloquio con Corrado Augias che benevolmente cerca di opporre qualche ragione di speranza e ottimismo, lei ricorda la tragedia degli Armeni, anche quello un genocidio consumato nel 1915, perpetrato con spietate deportazioni dai turchi dell’allora impero ottomano: un milione e mezzo almeno di morti. Cent’anni dopo, chi se lo ricorda? Così, teme Liliana Segre sarà anche per la Shoah: fra cent’anni, una riga in polverosi libri di storia. Per questo soccorre il Talmud, con il suo esortare a “insegnare” perché quell’insegnamento poi sia tramandato. Da qui deriva l’importanza del 27 gennaio, Giorno della Memoria: giornata per ricordare i milioni di vittime della Shoah, ebrei, ma anche rom, omosessuali, disabili e tutti coloro che la barbarie nazista eliminò in omaggio delle allucinanti teorie sulla purezza della razza.
Il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche comandate dal maresciallo Ivan Konev arrivano nella città polacca di Oświęcim e al vicino campo di sterminio di Auschwitz, ne liberano i superstiti che i nazisti non hanno avuto il tempo di massacrare. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelano ufficialmente al mondo l’orrore del genocidio nazista. La data del 27 gennaio è adottata dagli Stati membri delle Nazioni Unite con la risoluzione 607 del 1° novembre 2005 per ricordare l’Olocausto nei confronti degli ebrei e altre minoranze.
L’Italia istituisce la Giornata della Memoria alcuni anni prima della risoluzione ONU. Inizialmente Furio Colombo propone il 16 ottobre. È il giorno del rastrellamento del ghetto di Roma, quando – è il 1943 – oltre mille cittadini italiani di religione ebraica vengono deportati nel lager di Auschwitz. Colombo lavora sulla proposta di legge sul Giorno della Memoria appena eletto deputato, nel 1996. Sceglie quel giorno perché vuole ricordarci che il rastrellamento del Ghetto di Roma è una delle dimostrazioni che la Shoah è un delitto anche italiano (per saperne di più, c’è un bel libro di una storica italo-statunitense,
Susan Zuccotti: L’Olocausto in Italia).
“È vero”, racconta Colombo, “che il nostro Paese ha avuto un alto numero di Giusti, ma è anche vero che ha scritto delle leggi razziali peggiori di quelle naziste. Tuttavia, nel dopoguerra non abbiamo fatto i conti con le nostre responsabilità ma ci siamo autorappresentati come vittime”. Colombo si ritrova da solo a sostenere la data del 16 ottobre. Ricorda un confronto al Maurizio Costanzo show: tutti gli ospiti, a parte lui, sono per il 27 gennaio: “La data del 16 ottobre veniva considerata limitante da parte dei rappresentanti dei deportati militari e di quelli politici nei campi di sterminio nazisti. La stragrande maggioranza delle vittime furono gli ebrei ma non si poteva negare il tributo dato dagli altri”.
A fargli cambiare idea è Tullia Zevi, allora vicepresidente del congresso ebraico mondiale. Così Colombo scrive un secondo disegno di legge che propone il 27 gennaio come Giornata della Memoria. Cosa fatta? No. Il percorso, racconta Colombo, non fu semplice: “Non ho avuto nessun particolare sostegno, nemmeno nel Partito Democratico. Sembrava che l’istituzione per legge di una Giornata della Memoria non fosse sentita come una priorità. Ho dovuto chiedere molti incontri con i vari leader politici del momento prima che si arrivasse finalmente alla votazione del 20 luglio 2000. Le principali obiezioni non venivano dalla destra di Gianfranco Fini, che prima tenne un atteggiamento neutro poi si dichiarò fortemente favorevole, ma da alcuni settori di Forza Italia, i quali volevano che accanto alla Shoah si ricordassero contestualmente i Gulag e le Foibe. La mia obiezione fu che, mentre la Shoah era stato un delitto anche italiano, nei Gulag noi non avevamo avuto responsabilità. Devo dare atto al presidente della Camera di allora, Luciano Violante, di un gesto molto significativo: far trovare sui banchi dei deputati il testo delle leggi razziali stampato in caratteri ancora in uso. Prima della votazione dissi ai miei colleghi che, se i deputati fascisti avevano approvato all’unanimità le leggi razziali, noi dovevamo votare all’unanimità l’istituzione di un Giorno della Memoria. E così avvenne”.
Memoria significa ricordo, ma anche conoscenza e consapevolezza. Un Giorno della Memoria a questo può e deve servire; perché i timori di Liliana Segre sono reali e fondati. Grazie dunque a Furio Colombo. Grazie davvero.