Con buona pace di scettici e negazionisti, il cambiamento climatico è una realtà sotto gli occhi di tutti. Si può discutere a cosa sia dovuto, per responsabilità di chi; se sia un ciclo “naturale” o se sia il pedaggio che si deve pagare al “progresso”; ma che qualcosa sia mutato e muti lo può negare solo un terrapiattista o chi ha qualche lucroso interesse a sostenere il contrario.
James G. Ballard è uno scrittore britannico. Nasce a Shanghai nel 1930, muore a Shepperton nel 2009. Acquista una certa notorietà grazie al ciclo de “L’impero del sole” da cui Steven Spielberg, nel 1987, ricava l’omonimo film.
Anni prima, negli anni Sessanta, Ballard pubblica un romanzo di fantascienza, “Terra bruciata” e successivamete la sua versione più estesa, “The Drought”. Racconta di un mondo dove la lotta, letterale, per la vita è per accaparrarsi taniche d’acqua: a causa di una interminabile siccità, i fiumi si sono seccati, la terra è polvere, le popolazioni emigrano verso il mare. La siccità è causata da residui industriali scaricati senza criterio in mare che costituiscono una barriera impermeabile all’ossigeno di polimeri saturi a catena lunga; il risultato è che non c’è più evaporazione, viene meno il ciclo delle precipitazioni. Magari nella mente di Ballard è una più generale metafora del destino umano, condannato a evaporare “dentro”.
Veniamo ai nostri giorni. Arriva la certificata notizia che da circa un decennio il pianeta diventa più arido: la quantità di acqua dolce presente in fiumi, laghi e falde acquifere diminuisce in maniera esponenziale. Sintomo, si ragiona, di un possibile inizio di una nuova fase persistentemente più secca. Lo certificano i dati che vengono dai satelliti Grace e Grace-Follow On della Nasa e dell’Agenzia spaziale tedesca, pubblicati sulla rivista “Surveys in Geophysics”.
Figuriamoci: chi scrive non ha né scienza né competenza per dare giudizi in un senso o in un altro. Ci si limita a leggere e andare indietro negli anni, e ci si ricorda di quella lontana lettura del romanzo di Ballard.
Per tornare ai satelliti Grace, operativi da marzo 2002 a ottobre 2017, e quelli della generazione successiva Grace-Follow On, lanciati a maggio 2018, essi hanno misurato su scala mensile le fluttuazioni della gravità terrestre che rivelano cambiamenti nella massa d’acqua del suolo e del sottosuolo. Le misurazioni fatte tra il 2015 e il 2023 mostrano che la quantità media di acqua dolce immagazzinata sulla terraferma (che include l’acqua liquida superficiale di laghi e fiumi, oltre all’acqua delle falde acquifere sotterranee) è stata di 1.200 chilometri cubici inferiore ai livelli medi registrati dal 2002 al 2014.
Il declino è iniziato con una grande siccità nel Brasile settentrionale e centrale, ed è stato poi seguito da una serie di importanti episodi di siccità tra Asia e Australia, in Nord e Sud America, Europa e Africa. Le temperature oceaniche più calde nel Pacifico tropicale dalla fine del 2014 al 2016, culminate in uno degli eventi El Niño più significativi dal 1950, hanno portato a cambiamenti nelle correnti a getto (jetstream) atmosferiche alterando il meteo e le precipitazioni in tutto il mondo.
Successivamente, anche dopo la fine di El Niño, l’acqua dolce globale non è aumentata. Tredici dei trenta episodi di siccità più intensi al mondo osservati dai satelliti Grace si sono verificati a partire da gennaio 2015. «Il riscaldamento globale porta l’atmosfera a trattenere più vapore acqueo, il che si traduce in precipitazioni più estreme», sostiene il meteorologo della Nasa Michael Bosilovich. «Il problema quando si verificano precipitazioni estreme è che l’acqua finisce per defluire invece di essere assorbita e riempire le riserve di acqua sotterranea. Le temperature elevate aumentano sia l’evaporazione dell’acqua dalla superficie all’atmosfera, sia la capacità di ritenzione idrica dell’atmosfera, aumentando la frequenza e l’intensità delle condizioni di siccità».
Uno sguardo, ora, alla cartina del mondo. A parte il Mississippi-Missouri, già fin da ora, attorno a tutti i grandi corsi d’acqua del mondo ci sono tensioni se non proprio guerre. Non l’attuale, forse neppure la prossima, ma ci sono possibilità che il problema della terza generazione a venire sia quello dell’acqua. In una “terra bruciata” come quella immaginata e raccontata da Ballard.