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November 22, 2014
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I romani sono stanchi

Marco Di TillobyMarco Di Tillo
Time: 4 mins read

Non siamo ancora alle Banlieue parigine del 2005, ma poco ci manca. La recente furiosa rivolta degli abitanti romani del quartiere Tor Sapienza contro gli immigrati nordafricani dei centri d’accoglienza è probabilmente solo la punta di un gigantesco iceberg sotto la quale si cela una tensione sempre più crescente. I romani, infatti, di qualunque partito politico e di qualsivoglia estrazione sociale essi siano, stanno letteralmente esplodendo, non ce la fanno proprio più.

Roma è diventata, ormai da diverso tempo, una città assai poco vivibile, sotto tanti punti di vista. Depredata dalle mafie organizzate che si stanno letteralmente comprando a piene mani ogni locale commerciale, appartamento, ristorante, bar, albergo disponibile su piazza a suon di bigliettoni sporchi da ripulire, la città eterna è ormai da anni anche luogo di sbarco di immigrati provenienti un po’ da tutti i paesi del mondo. Oggi a Roma ci sono circa quattrocentomila stranieri residenti, su quattro milioni di abitanti. Ma la cifra aumenta quotidianamente, ogni giorno di più.

Saldamente al comando della classifica è la comunità rumena, con quasi centomila presenza ufficiali, comprese però anche le numerosissime famiglie Rom che hanno scelto la capitale come approdo. Dopo la Romania, tra le nazioni più rappresentate, abbiamo a ruota Filippine, Bangladesh, Polonia e Ucraina. Per quanto riguarda la comunità Cinese, invece, i dati ufficiali a disposizione sembrano essere ancora troppo bassi rispetto alle presenza, troppo spesso nemmeno dichiarata alle autorità. Negli ultimi tempi stanno aumentando moltissimo i nordafricani, grazie anche ai programmi di aiuto umanitario offerti dalla Comunità europea.

A Roma un quarto dei nuovi nati è da genitori stranieri. Il dato del 10% di cittadini stranieri iscritti nelle scuole di Roma è poco superiore alla media italiana e aumenta in alcuni comuni della provincia. Qui alcune classi senza di loro non si potrebbero formare. Mentre la popolazione italiana in città, negli ultimi dieci anni, è aumentata solo del 3%, quella straniera ha registrato un incremento del 130%, una cifra assolutamente pazzesca. Nel settore lavorativo, soprattutto in quello femminile, gli stranieri superano gli italiani: sono più del 70%, infatti, quelli occupati a Roma.

Anche dal punto di vista religioso i dati sono particolari. Ci sono a Roma e nel suo hinterland circa 300 luoghi di culto. I due terzi degli immigrati sono cristiani seguiti nell'ordine, da ortodossi, mussulmani, hinduisti, buddisti e sikh. Tutto questo però non ha fatto bene ai romani. Per niente. Roma infatti, secondo le ultime indagini effettuate, risulta la città meno disponibile d’Italia nei confronti degli stranieri. Ma perché?

È difficile da spiegare, ma vorrei lo stesso provarci, sperando che chi mi legge non parta subito con i soliti sospetti di un razzismo che mai, assolutamente, lo giuro, ha albergato nel mio cuore. Io sono nato qui, più di sessant’anni fa. E non mi sono mai mosso. Amo questa città, la adoro. Non potrei pensare di vivere da nessun’altra parte. Quando ero piccolo in città eravamo tutti dello stesso identico colore, il bianco, che diventava grigio o marrone a seconda del tipo di pozzanghera in cui noi ragazzini cadevamo giocando a pallone per la strada. Eravamo tutti italiani, anzi, in realtà, quasi tutti romani. Certo, c’erano quelli romani da un sacco di generazioni, altri solo da poche, con nonni provenienti da altre regioni, l’Abruzzo, la Puglia, il Molise. Ma, insomma, le uniche diversità che avevamo allora noi bambini degli anni cinquanta erano basate sull’altezza, la magrezza, il peso, la simpatia, la capacità scolastica e poco altro.

Rottamiamo la Legge Bossi-FiniAlle generazioni precedenti, quelle dei nostri genitori, dei nonni e dei bisnonni, non voglio neanche pensarci per come l’avrebbero pensata, ma per la nostra di generazione tutto questo cambiamento avvenuto negli ultimi vent’anni è stato davvero molto complicato da vivere. Improvvisamente, sui nostri marciapiedi, sono spuntati colori nuovi e, insieme ai colori, anche diversi modi di parlare, pensare, proporsi. Anche magnifico, in fondo, data l’opportunità che tutti abbiamo ogni giorno di conoscere nuove culture, nuovi modi di vivere, di mangiare, perfino di pregare. Ma, e questo è forse il vero problema, tutta questa gente non è venuta qui in vacanza. Assolutamente no. Tutti loro sono venuti nella nostra città, e nel nostro paese più in generale, perché stavano troppo male nel loro, anche perché, se così non fosse stato, sarebbero restati lì. Sono venuti per lavorare, per mangiare, sono venuti per vivere.

I primi ad arrivare sono stati i polacchi, negli anni novanta. Molti di loro erano addirittura laureati, ma privi di lavoro e stremati da anni di ristrettezze di tutti i generi. Il primo lavoretto che si erano inventati per tirare su qualche spicciolo era stato quello di lavavetri ai semafori. Noi romani li guardavamo un po’ incuriositi, con un velo di malinconia e, nonostante qualche seccatura, cedevamo sempre volentieri a consegnare qualche spicciolo. Non sapevamo infatti quello che sarebbe accaduto durante le soste davanti a quegli stessi semafori molti anni dopo. Oggi le nostre attese del sospirato verde sono affollate di mendicanti e questuanti di ogni tipo: zingari, lavavetri, clown, giocolieri, venditori di kleenex o di calzini da tennis, zoppi, mutilati veri o finti, ciechi accompagnati, punkabbestia, gente con cartelli imploranti scritti in un italiano improbabile.

In più assistiamo impotenti al continuo aumento di campi abusivi di ogni tipo. Basta un piccolo boschetto, una scarpata, una sterpaglia, un po’ di verde insomma, ed ecco spuntare tende, cartoni, stracci. Aumentano le persone, in genere di origine rumena, che girano continuamente per la città con dei piccoli trolley a rotelle e si immergono letteralmente nei nostri secchi della mondezza per raccogliere scarti di ogni tipo, per vivere di questo. E se vivono di questo qui, la gente si domanda: “Ma come vivevano nel loro paese?”

Povera gente. È vero, c’è tanta tantissima povera gente e per fortuna che ci sono le associazioni d’aiuto, soprattutto quelle religiose come la Caritas e la Comunità di S.Egidio, che spesso offrono riparo, vestiti e cibo. Per fortuna che ci sono laici e sacerdoti bravi e coraggiosi che dedicano il proprio tempo ad aiutare il prossimo e all'accoglienza.

Ma tutta questa gente sta diventando davvero troppa, è incontenibile, continua ad arrivare, ogni giorno, senza sosta. E non tutti sono buoni. Mescolate tra di loro ci sono anche persone cattive che rubano, picchiano, stuprano, uccidono. E noi vecchi abitanti di Roma stiamo letteralmente scoppiando. Come finirà?

 

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Marco Di Tillo

Marco Di Tillo

Ho scritto per televisione, radio, cinema e fumetti. Sono usciti in Italia i libri gialli “Destini di Sangue”,“Dodici Giugno”, “Il palazzo del freddo”, della serie con protagonista l'ispettore romano Sangermano, “Tutte le strade portano a Genova” con l’ispettore genovese Canepa e in Usa il thriller storico “The Other Eisenhower”. Per i ragazzi ho scritto “Il ladro di Picasso”, “Due ragazzi nella Firenze dei Medici”, “Tre ragazzi e il sultano” e le favole illustrate “Mamma Natale” e “Mamma Natale e i pirati”. Sopravvivo a Roma con moglie, tre figli maschi e un cane femmina.

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