C’era una volta una signora newyorchese chiamata Marguerite Guggenheim, era una famelica collezionista d’arte, passione che aveva ereditato dallo zio Solomon Robert Guggenheim. Marguerite, conosciuta con il vezzeggiativo Peggy, consolidò una notevole collezione in Europa e in America nell’arco di un decennio, a cavallo tra la fine degli anni ‘30 e la fine degli anni ‘40, momento in cui decise che Venezia sarebbe stata la città dove avrebbe vissuto per il resto della sua vita e dove fondò il museo d’arte del ventesimo secolo più rinomato al mondo, che porta tuttora il suo nome.
New York e Venezia hanno diverse affinità: entrambe sono delle isole, quartieri e sestieri fanno sì che le persone si riconoscano come in una piccola cittadina e naturalmente l’arte, la musica, il teatro e l’intero panorama culturale offrono continui stimoli ai propri abitanti. Quindi non sorprenderà scoprire il legame sentimentale che perdura nel tempo tra newyorchesi e veneziani, come dimostra l’americano John Leopoldo Fiorilla di Santa Croce, membro del Comitato Consultivo e presidente del Guggenheim Circle della Collezione Peggy Guggenheim.
Nel corso degli anni, la sua esperienza come patrocinatore delle arti soprattutto nella Serenissima, lo ha visto rivestire la carica di vice presidente dell’associazione Save Venice – con base a New York, raccoglie fondi per restaurare centinaia di opere d'arte e architettura a Venezia – e di membro del Consiglio Accademico dell’Ateneo Veneto di Scienze nel dipartimento di Lettere ed Arti, oltre ad essere stato trustee ex officio della Solomon R. Guggenheim Foundation.

John Leopoldo Fiorilla di Santa Croce, membro del Comitato Consultivo e presidente del Guggenheim Circle della Collezione Peggy Guggenheim
Fiorilla da sempre ha incanalato la sua professione di uomo di legge a sostegno delle arti, è infatti stato membro del Comitato sul Diritto dell’Arte dal 2011 al 2013 all’Association of the Bar of the City of New York, e ha sempre avuto un occhio di riguardo per la città che ha dato i natale a Goldoni, Bembo, Scarpa, Tiepolo, Tintoretto, Canova, Vivaldi, e Nono.
L’avvocato statunitense tra l’altro agglomera nel suo percorso professionale lo Studio Legale Brosio, Casati e Associati di Milano, quello di Sullivan & Cromwell a Londra e New York e il fondo di private equity focalizzato nell’acquisizione e nello sviluppo di piccole e medie imprese operanti nei paesi del Golfo Persico. È inoltre Consigliere di Nunziatura in materia di diritto internazionale pubblico alla Missione dell’Osservatore Permanente della Santa Sede all’ONU e membro della Delegazione della Santa Sede presso l’Assemblea Generale e presso diverse commissioni in seno alla stessa Assemblea Generale.
In questa intervista esclusiva John Leopoldo Fiorilla di Santa Croce racconta a La VOCE di New York il suo ruolo all'interno della Peggy Guggenheim:
Qual è il tuo ruolo specifico all’interno della Peggy Guggenheim e quali sono le scelte artistiche che il tuo ruolo comporta?
Faccio parte del comitato consultivo della Peggy Guggenheim e mi occupo di interagire con il direttore Philip Rylands e dare consigli sulla gestione generale. Nel corso degli anni ho avuto vari ruoli. La Peggy Guggenheim Collection ha un posto sul Board of Trustees di New York e come presidente del comitato esecutivo per tre anni sono stato il rappresentante di Venezia sul Board. Adesso mi occupo del Guggenheim Circle che ha l’obiettivo di coinvolgere nuovi patrocinatori del museo, attraverso delle iniziative volte ad arricchire la loro conoscenza artistica.
Come ebbe inizio la collezione di Peggy Guggenheim?
Peggy Guggenheim nel 1937
Peggy Guggenheim iniziò ad appassionarsi all’arte del ventesimo secolo e a collezionare vari artisti. In principio aprì una galleria a Parigi, e poi da lì si trasferì a New York. Negli anni ‘20 lavorava in una libreria ed è lì che ha conosciuto quello che sarebbe divenuto suo marito, Laurence Vail, il quale era un artista appassionato di Venezia. Fu grazie a lui che Peggy si innamorò della Serenissima. Il padre di Vail conosceva molto bene Venezia perché era un artist in residence lì. Così è nata la passione di Peggy Guggenheim per Venezia, che poi ha comprato casa e si è stabilita in pianta stabile.
Ma per quale motivo Peggy scelse di vivere a Venezia?
Perché no? [ride] Grazie a Laurence Veil, Peggy ha avuto l’opportunità di conoscere la città molto bene, poi i suoi quadri hanno fatto parte della Biennale, ha avuto una bella accoglienza da parte della città.
Quale fu il suo rapporto con Solomon e come funziona la collaborazione tra le due istituzioni oggi?
Negli anni ‘30 c’è stata un po’ di tensione tra Solomon Guggenheim e Peggy Guggenheim, poiché lei aveva offerto a Solomon – nel 1938 – di comprare un certo quadro di Kandinskij e alcuni dipendenti di Solomon Guggenheim hanno risposto malamente che non erano interessati, motivo per cui era rimasta un po’ di frizione tra i due. Poi, dopo la morte di Solomon, suo nipote Harry è riuscito ad appianare la vecchia diatriba. Nel 1969 il Guggenheim Museum ha proposto di fare una mostra con le opere di Peggy Guggenheim a New York. In questa occasione è cambiato il rapporto ed è per questo che Peggy ha deciso di lasciare in eredità la sua collezione al Guggenheim di New York, pur facendola rimanere a Venezia. Oggi la Solomon Art Guggenheim Foundation è la fondazione lasciata da Solomon e gestisce i due musei, quello di New York e quello di Venezia.
Qual è il futuro della collezione?

La tomba di Peggy Guggenheim nel giardino di Palazzo Venier dei Leoni, all’interno della Peggy Guggenheim Collection. Di fianco una targa ricorda i suoi amati cani
Lo scopo della collezione è di espandersi e continuare ad approfondire la conoscenza di Peggy Guggenheim. L’acquisizione più recente è stata la Schulhof Collection di arte degli anni ‘50 e ‘60. La famiglia Schulhof ha avuto modo di conoscere Peggy Guggenheim che ha raccontato il modo in cui sceglieva gli artisti per la sua collezione e come sostenesse esclusivamente gli artisti del suo secolo. Perciò gli Schulhof hanno iniziato a creare la loro collezione in base a questi principi.
Rispetto al modo in cui viene gestita l’arte in Italia e alla situazione culturale italiana in genere, il modello della Peggy Guggenheim in cosa si differenzia?
In Italia le nuove iniziative del governo per coinvolgere il pubblico nel mondo dell’arte scarseggiano o non funzionano molto bene. Il governo dovrebbe concentrarsi di più sulla salvaguardia delle opere rispetto alla gestione di ogni museo. Tutto quello che viene raccolto dal Peggy Guggenheim rimane nel museo e quindi ci sono i fondi necessari per finanziare programmi all’interno della struttura. Ci sono attività per coinvolgere i giovani, come l’Happy Spritz e altra ancora per coinvolgere i bambini nel museo. Peggy Guggenheim rappresenta sicuramente un modello che funziona.
Abbiamo esplorato la passione di Peggy per Venezia, qual è invece il rapporto di John con Venezia?
Io sono di origini italiane, ho studiato a Roma, ho vissuto a Milano molto tempo. Mia moglie, Annie, è di Torino. A lei non piaceva Milano, a me non piaceva Torino e quindi abbiamo adottato Venezia come luogo italiano in cui tornare. Trovo inoltre che sia la città più internazionale d’Italia. In qualche modo ha alcuni tratti di un paesino, dove tutti si conoscono, ci sono anche i pettegolezzi, ma ci sono anche tanti aspetti di una metropoli dove arrivano persone da tutto il mondo. Per esempio durante la Biennale d’Arte, durante la Mostra del Cinema e poi ci sono tutti quelli che sono appassionati di Venezia e hanno casa in città. Quindi c’è un interscambio unico per l’Italia, se non per l’Europa.
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