La potenza lobbistica di Comunione e Liberazione si deduce da un piccolo riquadro pubblicato giorni fa nelle pagine economiche del Corriere della Sera. Proprio come accadeva sulla Pravda. Beninteso è la pubblicità, non un articolo, sull'apertura del meeting di Rimini dove tra gli altri sono intervenuti il presidente del consiglio Enrico Letta e il suo vice. In basso si possono leggere gli sponsor che hanno generosamente contribuito all'evento. Eccoli: Enel, Finmeccanica, Intesa San Paolo, Wind, Eni, Coop, Trenitalia, Fiat, Motta, Sky, Superenalotto, Autostrade, Grana Padano. Li ho citati in ordine sparso, colossi dell'industria italiana che fanno la fila per "aiutare" i devoti di Comunione e Liberazione.
Mi sono semplicemente chiesto come mai. Non lo ha fatto nessuno, nemmeno il plotone di inviati dei principali quotidiani italiani che in un modo o nell'altro dipendono da quelle aziende appena citate. Perché è così importante essere al fianco di Cl? Perché Letta inaugura il convegno?
Mi piacerebbe sapere molto come mai Finmeccanica, che produce elicotteri da combattimento e apparecchiature belliche sofisticate, all'improvviso abbia sentito l'esigenza di essere al fianco dei ferventi attivisti. Nessun servizio, nessuna intervista, tra i tanti pubblicati in questi giorni a Rimini diventata per una settimana la capitale della politica e dell'imprenditoria, affronta esplicitamente la questione.
Un piccolo segnale però a ben vedere c'è stato. Qualcuno si è avvicinato all'argomento, con tocco molto felpato. Cl ormai da anni rappresenta un assetto di potere che ha giocato spesso un ruolo importante nelle vicende italiane e soprattutto lombarde, dato che l'ex presidente della Regione Formigoni, ne era diretta espressione. Forse fin troppo, dato che il movimento creato da don Giussani ha rischiato di naufragare assieme a Formigoni e alle sue giacche da Arlecchino, coinvolto in una dozzina di inchieste giudiziarie. Troppo legato alla politica, troppo influente, decisivo addirittura nel settore miliardario della sanità pubblica. Per questo Dario Di Vico, con un fondo in prima pagina sul Corriere intitolato "Domande aperte di un meeting", ha sentito il dovere di chiedersi e di chiedere ai responsabili del movimento se in questo momento in Cl prevalga l'anima religiosa e di testimonianza della fede, o "la ricerca dell'egemonia, l'attrazione per il potere". Di Vico conclude il fondo sostenendo che in Italia "di lobby ce ne sono già troppe", forse perorando la causa di Confindustria, prima lobby industriale italiana, azionista di riferimento del Corriere della Sera. Come dire: non allargatevi troppo.
Ma ci siamo fermati qui. Su questa strana creatura che mischia fede e politica, impegno e carriere, testimonianza e affari, si sa troppo poco. Mi domando se tutto questo succedesse negli Stati Uniti o nel resto d'Europa. Forse potremmo capire perchè tanti sponsor così importanti e ingombranti tengono a legare il loro nome a quello di Comunione e Liberazione, magari qualche inviato invece di usare il registratore come un gelato da porgere al politico di turno, ci avrebbe raccontato le biografie dei capi e dei loro amici, che beninteso nell'ultimo quarto di secolo sono stati soprattutto prima Andreotti e poi Berlusconi. C'è molto da scoprire, da raccontare. E invece non sappiamo nulla. Solo quella pubblicità…