(Prima parte)
C’era una volta la vacanza estiva. I miei genitori lavoravano sulla spiaggia a Rimini (Rémin in romagnolo), per cui per me e i miei tre fratelli (eravamo nell’ordine due maschi e due femmine, e io ero il più grande) l’estate durava quattro mesi, da inizio giugno a fine settembre. Avevamo anche un cane, un barbone marrone chiamato Pelé, che era considerato il quinto figlio, ovviamente quello preferito da mia madre.

Nel 1960, quando avevo dieci anni, mia mamma, Marion, si era risposata con un riminese, Michele Lombardini, che faceva il Maestro di Nuoto sulla spiaggia. Lei lo aiutava intrattenendo i clienti e curando l’aspetto finanziario. Mi ricordo che aveva fatto stampare delle tesserine su cui erano segnati una serie di numeri. I clienti acquistavano un certo numero di lezioni per i loro bambini e ogni giorno mia mamma faceva un buco sulla tessera.

Le lezioni si dividevano in due parti: mezz’ora di ginnastica e poi un’altra mezz’ora in mare. Come prima cosa, i bambini facevano ginnastica sull’arenile, accanto all’ombrellone sotto al quale era seduta mia mamma con Pelé e, ogni volta, oltre ai genitori si radunava una discreta folla per ammirare lo spettacolo. Ciccia (come chiamavamo Marion, la più grande delle mie due sorelle) doveva partecipare a tutte le sessioni di ginnastica in modo da fornire un esempio da seguire agli altri ragazzini. Poi, a gruppi, i bambini accalcati sul moscone speciale di mio patrigno, molto più pesante e robusto di quelli usati dai vacanzieri per fare un giretto in mare, andavano al largo qualche centinaio di metri per fare gli esercizi in acqua.
Per noi ragazzi le vacanze erano sinonimo di libertà quasi senza limiti. I miei ci avevano insegnato che non dovevamo mai andare in mare da soli affinché nel caso remoto in cui ci pigliasse un crampo avessimo accanto un buon nuotatore a cui appoggiarci. Oltre a questa non c’erano regole se non quella di arrivare a casa all’ora del pranzo, verso le 14.30.
Noi abitavamo al Grattacielo, alto 100 metri e, quindi ben visibile da lontano da ogni direzione, che si trovava a circa 3, 4 chilometri in linea d’aria da dove era situato l’ombrellone di mio patrigno, all’altezza del Bagnino 21, e direttamente di fronte all’Albergo Corallo. In bicicletta, il tragitto richiedeva un quarto d’ora circa.

In quegli anni, tutti facevano parte di una comitiva. Nella maggioranza dei casi, la comitiva era costituita da un gruppo di ragazzi e ragazze provenienti da città differenti che d’estate si ritrovavano e passavano insieme le giornate e le serate. A volte ci si ritrovava dopo 8 mesi in cui non c’era stato alcun contatto ma l’intesa tra i singoli e il gruppo sembrava la stessa dell’ultimo giorno passato insieme l’estate precedente.
La mia comitiva era divisa a metà tra bolognesi e modenesi, che ogni anno si traferivano per un mese nelle stesse case nella vicinanza di Piazza Tripoli. Per diversi anni ho avuto una forte attrazione per la Mila, una delle bolognesi, timida, seria, di poche parole ma anche ironica, e poi per tanti anni sono stato innamorato dell’Isa di Modena, sempre allegra e piena d’energia come il sole. Mai ricambiato da nessuna delle due!

Mi ricordo che oltre ai miei fratelli e al mio amico riminese coetaneo Roberto, cooptato a tutti gli effetti come membro aggiunto della nostra famiglia, soltanto Isa e sua sorella Daniela passavano a Rimini tutta l’estate come noi. Tutti gli altri arrivavano il 1 agosto e ripartivano il 31 dello stesso mese.
Rimini era un luogo magico in cui era possibile divertirsi dalla mattina alla sera anche senza avere un centesimo in tasca. Spesso al mattino, noi ragazzi costruivamo sul bagnasciuga una pista di sabbia con curve paraboliche per far correre delle palline di plastica, ognuna delle quali aveva la foto e il nome di uno dei corridori che partecipavano al Giro d’Italia.
Per giocare a biliardino, ci piazzavamo davanti ad uno dei bar che si trovavano vicino ai capanni e aspettavamo che qualcuno dei “grandi” si volesse giocare un caffè. Solitamente, preferivano fare la loro partita in quattro piuttosto che da soli per cui chiamavano due di noi a giocare con loro. C’era chi era bravo a giocare all’attacco, io ero specializzato a giocare in difesa e la mia specialità era fare goal con uno dei terzini con una frustata secca.
Poi, passavamo ore a nuotare con una meta essenziale, il trampolino d’acciaio alto tre metri, con una piattaforma di legno, che si trovava a circa 350 metri dalla riva. Ci sdraiavamo sull’impiantito di legno e restavamo a chiacchierare lontani dalla pazza folla sulla spiaggia. Durante l’estate, i trampolini erano dislocati lungo la spiaggia ad ogni chilometro, e così ogni tanto nuotavamo da quello che si trovava davanti al nostro pezzo di spiaggia sino a quello successivo.
Il pomeriggio era il momento dei giri in bicicletta tra cui non poteva mancare la gita sino a San Marino. Era facile arrivare alla frazione di Dogana, situata sul confine tra l’Italia e il piccolo stato indipendente, che si trovava a 10 chilometri di strada tutta in pianura da Rimini, ma per raggiungere il centro storico del piccolo stato occorreva pedalare in salita per dieci chilometri sino ad arrivare in cima al Monte Titano.
Dato che i soldi in tasca erano pochi, abbiamo passato tante serate a chiacchierare alla gelateria Nuovo Fiore, ascoltando la musica del jukebox. Mi ricordo che un’estate, almeno 10 anni prima che nascesse MTV (nel 1981), c’era anche una specie di jukebox/video dove, oltre ad ascoltarli, si potevano vedere i cantanti. Non ebbe tanto successo perché una canzone costava il doppio rispetto al jukebox originale solo audio.
Spesso, di sera, con alcuni amici andavo al cinema, scegliendo tra i film in programmazione in una delle tante arene all’aperto. Di solito, scavalcavamo il muro e tentavamo di sederci senza farci notare dalla maschera. Il più delle volte, dopo un po’ venivamo scoperti e buttati fuori. Ovviamente, questo faceva parte del gioco ma non ci scoraggiava. Ci bastava fare una breve passeggiata sino alla prossima arena e poi scavalcavamo il muro anche lì. Posso dire che in quegli anni, ho visto molti film a spezzoni.
A Rimini, di notte i punti di ritrovo chic erano l’Embassy Club a Marina Centro e, sulla collina di Covignano, il Paradiso. L’Embassy era il dancing numero uno.
Poco distante, all’ombra del Grand Hotel, al Caffè Concerto Sombrero, poi diventato Caffè delle Rose e ora demolito, si esibiva Silvio Berlusconi insieme al suo compagno di scuola Fedele Confalonieri, che l’accompagnava al pianoforte. Berlusconi raccontava barzellette e cantava ispirandosi ai francesi Gilbert Becaud, Charles Trenet e Yves Montand. Berlusconi cantava anche all’ Embassy, dove si esibivano pure Fred Buscaglione e la Mina agli inizi della carriera.
Mi ricordo di essere andato due volte a sentir cantare Mina, sempre all’Embassy, posizionandomi accanto alle siepi che racchiudevano il locale e impedivano di vedere all’interno ma non di ascoltare chi si esibiva.

A quei tempi, i teenager andavano raramente al dancing. Di solito ci andava uno dei più grandi con la ragazza svedese o la tedesca “rimorchiata” sulla spiaggia, ma non prima che fossero passati un paio di giorni, per essere certi che valesse la pena fare quel piccolo investimento. Per fortuna, con il biglietto d’ingresso, si aveva diritto a una consumazione. Il più delle volte l’eventuale seconda consumazione offerta all’amica era una Coca Cola, per spendere di meno.
Mi ricordo che la Cice (una splendida ragazza di Bergamo di nome Beatrice), mi fece conoscere Lucio Battisti, che andammo a sentire dal vivo all’Altro Mondo di Miramare, una discoteca gigantesca da duemila posti.
A partire dalla fine degli anni Cinquanta, a Rimini e lungo tutta la Costiera Romagnola, il turismo di massa originò un diffuso benessere economico. Inoltre, innescò lo sviluppo economico dei territori costieri e creò le condizioni per la trasformazione dell’economia locale che sino ad allora era stata un’economia esclusivamente agricola. Ancora, a Rimini e dintorni, la crescente industria del turismo e la costruzione continua di nuove strutture per ospitare i turisti, ha stimolato la nascita di un indotto specifico, favorendo la creazione di una serie di piccole e medie imprese per la produzione dei mobili e delle cucine.
La Riviera Romagnola così come la conosciamo oggi, nasce in quel clima di benessere e di euforia degli anni ‘60 quando la classe media diede inizio al turismo di massa e la vacanza assunse il significato di “evasione” dal quotidiano.

Ecco allora che a Rimini furono allestite sulla spiaggia numerose aree attrezzate per la balneazione e l’accoglienza dei villeggianti, dapprima con tende sedie a sdraio e poi con ombrelloni e lettini, e nelle zone più vicine al mare sorsero migliaia di accoglienti pensioncine “tutto compreso”, a gestione familiare pronte ad ospitare famiglie e giovani di tutte le nazionalità.
Paradossalmente, l’arte dell’improvvisazione diede vita a quella che ancor oggi è considerata una delle località turistiche più famose in tutto il mondo.
Allora non esistevano scuole alberghiere, nessuno veniva addestrato su come dar vita ad una struttura ricettiva di successo. Nella pensioncina, le mogli lavoravano in cucina, i mariti al ricevimento, i figli rifacevano le stanze e servivano a tavola durante i pasti. Tutto avvenne in modo spontaneo. in quel periodo unico e magico di rinascita economica di un paese che era uscito distrutto da un lungo conflitto mondiale.
Un’altra conseguenza dello sviluppo del turismo di massa fu l’urbanizzazione quasi completa della costa, con la creazione di un’unica lunga città lineare, nata in modo spontaneo e con Miami Beach – con la sua serie ininterrotta d’importanti alberghi situati lunga alla costa – come modello di riferimento.
A questo proposito, è importante sottolineare che il grande successo di Rimini come meta dei turisti italiani e stranieri non è dipeso dalla bellezza della costa ma dal fatto che un gruppo di pionieri aveva deciso di orientare il turismo riminese sul modello americano della customer satisfaction, e cioè sulla qualità del prodotto e della soddisfazione del cliente.

La “stagionalità” del turismo riminese era sottolineata dal fatto che negli anni Cinquanta, Rimini era fisicamente divisa dalla ferrovia Bologna-Ancona in due parti distinte: la zona del centro storico chiamata Rimini Città e quella più vicina al mare chiamata Rimini Marina. Nei primi anni del dopoguerra la ferrovia aveva determinato una linea di separazione anche dal punto di vista politico, tra un’amministrazione comunale rossa in città e, a lato mare, l’azienda di soggiorno che dipendeva dal governo e, quindi, aveva presidenti democristiani e le associazioni di albergatori che si appoggiavano ai partiti di centro.
L’area della marina, si distingueva dalla città per il suo sviluppo edilizio e un’economia basata interamente sul turismo e, quindi, limitata al periodo estivo, tanto è vero che da metà settembre veniva completamente abbandonata, diventando una città fantasma. Il centro storico ha il ruolo di cuore della città e i riminesi svolgono i loro affari nell’area che si sviluppa intorno a piazza Tre Martiri e Piazza Cavour. Nei mesi invernali è qui, in un piccolo tratto del corso d’Augusto situato tra queste due piazze che ha luogo il rito della passeggiata tra negozi più importanti, definita nel linguaggio comune “vasca”.
Ma a Rimini, da sempre, le istituzioni e le diverse categorie hanno saputo fare squadra, e c’è stata sempre un’unità d’intenti tra le autorità politiche, gli albergatori, i commercianti, i bagnini e i riminesi, con l’obiettivo di fare tutto ciò che potesse servire al fine di permettere ad un numero crescente di persone di poter vivere bene tutto l’anno nonostante il fatto che la stagione turistica estiva durasse soltanto tra i 3 e 4 mesi.
Questo significava anche agevolare il lavoro di tutti con provvedimenti che tenessero conto delle esigenze dei negozianti di massimizzare le possibilità di vendita durante quel periodo limitato.
E, allora, ci fu chi prese atto dell’enorme numero di persone che ogni giorno affollava la Via Vespucci, la striscia parallela al mare sul quale si affacciavano praticamente tutti gli alberghi più prestigiosi. Durante la stagione estiva era la meta preferita per il passeggio serale e i numerosi tavolini la tramutavano in un enorme salotto, che partiva da Marina Centro e continuava per chilometri lungo la costa in direzione sud, verso Miramare. Ma oltre ai bar, alle gelaterie, alle Sale Giochi e ad alcuni dancing, quest’importante via era costellata da una miriade di negozi, per cui si decise di permettere l’apertura serale sino alla mezzanotte e nei weekend, e questo provvedimento fu premiato con un incremento esponenziale degli affari.
Successivamente, sulla Costiera si decise di ampliare l’offerta di svago per i turisti e, in particolare per i bambini e le famiglie, investendo sulla creazione di parchi tematici: per primi, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta erano arrivati gli acquari, poi vennero inaugurate Fiabilandia, il primo parco tematico che s’ispirava a Disneyland, e l’Italia in Miniatura, una sorta di mappa tridimensionale del Belpaese su cui erano state riprodotte in scala oltre 200 delle più importanti meraviglie architettoniche italiane, che i turisti potevano ammirare in un’unico luogo, a pochi metri l’una dall’altra.
Un’altra idea che ebbe molto successo fu l’arricchimento e la diversificazione dell’offerta turistica con proposte culturali e questo avvenne inizialmente con il restauro della Biblioteca Gambalunga, e successivamente con la riapertura del Castel Sismondo, di epoca medioevale, la riqualificazione della Piazza Malatesta, di epoca rinascimentale, il restauro del quattrocentesco Tempio Malatestiano di Leon Battista Alberti, la riqualificazione di tutti i borghi dell’entroterra, insieme alla creazione di percorsi letterari e delle strade del vino.

Esattamente cinquant’anni fa, a Sant’Arcangelo di Romagna, o Sant’Arcanzul come i locali chiamavano il borgo che si trovava a pochi chilometri da Rimini, venne creato il primo festival internazionale di teatro e danza.
Un altro importante obiettivo raggiunto fu l’allungamento della stagione o la creazione di nuove stagioni sfruttando il turismo congressuale e fieristico. Il Palacongressi è la più grande opera congressuale costruita ex novo in Italia e una delle più grandi d’Europa mentre la Fiera di Rimini è uno dei più grandi quartieri fieristici d’Italia in termini di superficie, dotata anche di una stazione ferroviaria sulla linea Milano-Bari.
Di solito, sulla spiaggia ognuno restava sempre nella propria zona ma per i ragazzi più grandi c’era un ottimo motivo per avventurarsi verso Sud, tra Viale Tripoli e Viale Pascoli, perché era qui che si trovavano gli ombrelloni dove si sistemavano le villeggianti svedesi del Club 33 (un’agenzia di viaggio i cui membri potevano avere al massimo 33 anni).
A quei tempi (dalla fine degli anni 50 in poi), le giovani donne svedesi e tedesche erano il sogno non proibito dei giovani maschi riminesi perché erano molto belle e – a differenza delle coetanee italiane – sessualmente disponibili.

La maggior parte di loro veniva a Rimini, come diceva lo slogan, per “sun, sea and sex”, o “sole, mare e sesso”. E, quindi, erano disposte a farsi corteggiare e ad avere una breve storia romantica dalla durata prefissata di un paio di settimane al massimo, con un bel ragazzo riminese che, oltre a fornire prestazioni sessuali più che soddisfacenti, le riempiva di mille attenzioni e sapeva farle divertire permettendole, quindi, di passare una vacanza perfetta.
Dato che parlavo perfettamente l’inglese, spesso i ragazzi grandi o i “vitelloni”, come erano noti quei giovani particolarmente dediti all’accompagnamento delle straniere, mi portavano con se per facilitare il “rimorchio” o “l’imbarcata” (così si chiamava in gergo l’adescamento della straniera). In quel modo, sin da piccolo ho imparato la strategia vincente con le giovani straniere che consisteva fondamentalmente in alcune frasi di circostanza e molti sorrisi. E, nel dubbio, sedersi accanto a loro sulla sabbia e continuare a chiacchierare e sorridere.
Mi ricordo che molto spesso il mio inglese non serviva e per arrivare al dunque con le bellissime svedesi spesso bastava un’unica frase nella loro lingua: “Vill du bada”? “Vuoi fare un bagno”? Loro facevano un sorriso e un cenno di approvazione con la testa, poi si alzavano e correvano verso il mare. Qualche rara volta serviva una seconda frase: “Vill du gå ut ikväll”? “Vuoi uscire questa sera”?
A proposito, bisogna sottolineare che le svedesi e le tedesche, pur essendo bionde, arrivavano bianche ma si abbronzavano velocemente, mentre le inglesi, che evidentemente avevano un altro tipo di carnagione, arrivavano bianche e poi si ustionavano diventando rosse come aragoste. Per cui, se il giorno dopo o ancor più due giorni dopo il loro arrivo ci capitava di vedere svedesi o tedesche abbronzate e da sole, non perdevamo tempo a tentare di rimorchiarle perché evidentemente (se erano ancora sole dopo uno o due giorni di permanenza a Rimini) non erano interessate ad avere un’avventura da spiaggia.
Le tedesche e le svedesi venivano a Rimini in vacanza perché gli uomini italiani erano belli e passionali mentre i loro uomini erano, e sono tuttora, più freddi e distaccati.
Va anche detto che molto raramente queste brevi storie estive avevano un seguito ma quando capitava, il più delle volte era il giovane riminese che si trasferiva in Germania o in Svezia dalla sua compagna. Ma a volte succedeva il contrario.

Pur essendo americana, si può dire che la lunga unione tra mia madre e mio patrigno rappresenti proprio una di quelle avventure estive che sono diventate la storia di una vita. Alta, bellissima e americana, mia madre ha lasciato il segno in città, specialmente nei primi anni di permanenza a Rimini quando certe novità ancora non erano arrivate sulla costiera e meno che mai in campagna. Mi ricordo che a quei tempi i miei spesso facevano delle gite nell’entroterra sulla Lambretta di mia patrigno. Mia mamma indossava a tracolla una radio a transistor portatile, e grande era la meraviglia dei contadini, che si alzavano stupiti a cercare la provenienza della musica che improvvisamente turbava la quiete della campagna…
(Continua domenica 5 settembre , con la seconda parte)