Tra le mura virtuali del Partito Democratico di New York, si respira politica vera. Non sono molti, gli iscritti che partecipano alla vita del circolo, ma rappresentano appieno tutte le sfaccettature della loro italianità. C’è il militante navigato presente sin dalla prima ora, il giovane da poco sbarcato oltreoceano, il presidente che coordina e raccoglie le proposte.
Personalità e storie di vita diverse, accomunate però da un’unica grande passione: la democrazia.
Il circolo nasce dall’unione di persone che, ritrovatesi a New York a condividere l’amore per la politica, decidono di fondare un apparato istituzionale. I primi iscritti sono membri che arrivano dalla tradizione del Partito Democratico della Sinistra, l’antenato del PD nato in Italia dopo lo scioglimento del Partito comunista nel 1991, e dalla Margherita, il gruppo centrista creato nel 2002 partendo dall’idea di Francesco Rutelli.
I membri che si incontrano qui hanno una particolarità: fanno campagna politica italiana pur vivendo all’estero, addirittura oltreoceano. “Essere attivista per me significa dare spazio a ciò che uno pensa sia il proprio ruolo come cittadino nella società”, risponde uno di loro alla mia domanda. “L’obiettivo è che ci sia sempre più interesse da parte delle istituzioni che gestiscono la ‘cosa pubblica’ verso il benessere generale e all’interesse comune, piuttosto che quello particolare”.
Si discute di idee, progetti e attualità e ovviamente si parte dall’identità del Partito Democratico. Su questo, gli iscritti sono divisi. Per alcuni, il PD ha un chiaro problema di immagine e una posizione indecisa su molti dei grandi temi che ruotano attorno alla politica di sinistra. “La scuola!” porta come esempio un giovane arrivato da poco negli States. Per altri, invece, l’essenza del partito è chiarissima ed è “tutta scritta nello statuto. Il problema, più che altro, è l’adesione di persone che ideologicamente non condividono troppi punti con il nostro programma. In ogni caso, chiunque voglia sapere cosa pensi il partito su una questione fondante, troverà la risposta nello statuto”.
Forse, i problemi si sono acuiti dopo i due anni di leadership di Nicola Zingaretti. L’ex segretario, soprattutto in materia di alleanze, ha fatto scelte che hanno confuso la base. Prima la presa di posizione contro il Movimento 5 Stelle, poi l’adorazione di Giuseppe Conte e infine il governo di unità nazionale a fianco della Lega. “Ci si allea con chi c’è”, ribatte un iscritto, nonostante si dica insoddisfatto dei 5 Stelle. “Oggi non possiamo più parlare di ‘destra vs. sinistra’, ma dobbiamo spostarci sulla visione ‘europeisti vs. non europeisti’. Ci ostiniamo a tenere con noi il Movimento, ma non credo proprio che loro abbiano la nostra stessa visione di Europa”.
A differenza di Zingaretti, invece, Enrico Letta è accolto da tutti in maniera positiva. “Penso sia una persona perbene – commenta un attivista – che ha dimostrato nella sua vita di avere una coerenza etica e morale con la quale riesco benissimo a identificarmi”. “Non saprei chi meglio di lui possa essere il nostro segretario”, aggiunge convinto un altro simpatizzante.
Certo, Letta ha il favore degli elettori, ma è chiamato a un cambio di rotta insidioso. Come primo passo, ha deciso di rivalutare il ruolo delle donne, ma lo ha fatto in modo controverso. Con un colpo di mano senza possibilità di replica ha preso Simona Malpezzi e l’ha messa come capogruppo alla Camera. È questo il modo per valorizzare le quote rosa? Giorgia Meloni, avversaria politica dei democratici, è convinta che una donna debba raggiungere posizioni di potere per la propria competenza, non per il proprio sesso.
Quando ai membri del circolo si chiede cosa ne pensino, rispondono in coro: “La Meloni ha ragione”. “La società si è evoluta – proseguono – e ha capito di non poter fare a meno delle donne capaci. È evidente che qualcosa non funzioni se ai vertici del partito sono tutti uomini, quindi è necessario iniziare a riformare”.
Ed ogni inizio, si sa, è proiettato al futuro. Guardando in avanti, il PD newyorkese si aspetta che il partito “sia coerente con i principi espressi nello statuto, anche se le dinamiche esterne saranno senza dubbio diverse, da qui a qualche anno”. “Solo una cosa ci auguriamo non cambi – concludono – ed è il senso democratico della società. Quello, vorremmo davvero che non morisse mai”.