Ultime ore prima della verità. Lunedì alla Camera e martedì al Senato si avrà il voto di fiducia per stabilire il futuro del governo Conte II. Così, in questi giorni, altro non si fa che parlare di ipotetiche contrattazioni e scambi di favori dietro le quinte dei palazzi della politica.
Ieri il leader di Azione Carlo Calenda, candidato sindaco di Roma, ha detto di aver ricevuto una proposta dal numero uno dei trasformisti: Clemente Mastella. Qual era l’offerta scabrosa? “Una roba tipo ‘tu appoggi Conte e il PD appoggia te a Roma’. Scarsa capacità di valutare il carattere degli uomini. O quanto meno il mio. Costruttori del nulla”.
Con dichiarazioni del genere, è chiaro il motivo per il quale Conte abbia deciso di prendersi quasi una settimana per entrare in Parlamento e verificare di avere i numeri adatti ad andare avanti. Questi giorni servono per le contrattazioni, per gli scambi di favori, per gli accordi sottobanco. Non è un caso che in mezzo al pantano sia finito Mastella, nato e cresciuto sotto l’ala di quella Democrazia Cristiana che come nessuno ha costruito il proprio potere con intricate tele di negoziati.
“Ho riflettuto sul rendere pubblica o meno una telefonata privata – continua Calenda – e tuttavia considero questa offerta un insulto personale e un dato politico rilevante per capire il quadro di degrado in cui versiamo”. “Non ho motivo di pensare – conclude – che il PD fosse a conoscenza di quanto detto”.
Già, il PD, tirato in mezzo in questa situazione scottante. In questa crisi di governo unica nella storia repubblicana, il partito di Zingaretti sembra essere la parte più moderata della questione. Abbiamo parlato con l’Onorevole Francesca La Marca, deputata in forza al PD eletta nella circoscrizione estera Nord-Centro America. Dalle sue risposte, la posizione del principale partito di centrosinistra appare più chiara.
Gli attriti con Matteo Renzi sono evidenti. La Marca definisce irresponsabile la mossa del leader Italia Viva, perché “aprire una crisi dagli esiti imprevedibili nel pieno della pandemia, nel momento dell’avvio di un gigantesco piano di vaccinazioni, quando l’Europa già incomincia a dare segni di insofferenza per il rischio di ritardo nella definizione del piano italiano per il Recovery Fund, a un anno per altro dall’elezione del nuovo capo dello Stato, non può avere nessuna giustificazione”. Renzi sarebbe dunque il maggiore responsabile della crisi “per il il fatto che dopo che Mattarella e il PD hanno indotto Conte a offrire un rinnovato accordo di legislatura, il capo di Italia Viva abbia proceduto ad aprire la crisi anziché sedersi a un nuovo tavolo di trattative e far pesare le sue buoni ragioni, se pensava di averne. Insomma, Renzi – e non è la prima volta – è rimasto vittima della sua stessa manovra politica”. Su questo, sulla trappola in cui Renzi cade ogni volta che decide di personalizzare l’azione politica del partito che dirige, è difficile sollevare obiezioni.
Ora, però, è il momento di guardare avanti. Il PD, sempre stando alle parole della La Marca, sarebbe disposto a sostenere Conte al vertice di un nuovo esecutivo. Questo perché il Premier “è una persona capace di assicurare un accettabile equilibrio. Copre il sempre inquieto versante dei 5 Stelle ed è un leader che, grazie anche alle vicende della pandemia, può godere di un livello di consenso significativo nell’opinione pubblica”
E l’appoggio a Conte sarà ovviamente dato insieme al Movimento 5 Stelle. I due partiti proseguono in questa alleanza tenuta insieme da un collettore, Conte, che sembra l’unico loro punto in comune. Ricordiamo Zingaretti sostenere con grande foga “Mi sono persino stancato di dire che non intendo favorire nessuna alleanza con i 5stelle. Li ho sconfitti due volte e non governo con loro!”, e dall’altra parte Di Maio sentenziare “io col partito di Bibbiano non voglio averci nulla a che fare, col partito che in Emilia toglieva alle famiglie i bambini con l’elettroshok per venderseli non voglio avere nulla a che fare”. Parole al vento, il grande male della politica.
La Marca definisce l’accordo giallo-rosso come “pesante e difficile, soprattutto per le sensibili persistenze populistiche che il Movimento ha portato con sé nella sua esperienza di governo. In più, la crisi di consenso subita dai 5 Stelle ha acuito le tensioni interne e portato allo scoperto profonde differenze tra le sue componenti, alcune delle quali restie alla collaborazione con forze di centro-sinistra”. “Tuttavia – prosegue – è altrettanto evidente l’evoluzione di orientamento e di cultura di governo che il Movimento ha manifestato. Se la fatica nella gestione dei rapporti di alleanza è lo scotto da pagare per bonificare dal populismo strati di opinione consistenti e spostarli da una posizione di contrapposizione alle istituzioni verso un atteggiamento di responsabilità democratica, è giusto averla fatta e continuare a farla”.
La strana coppia continuerà a camminare a braccetto e le elezioni, almeno nell’ottica del centrosinistra, sono dunque un’ipotesi poco convincente. “Non ne abbiamo alcun timore – conclude La Marca – ma ritengo che questo non sia lo sbocco preferibile. Non tanto perché sarebbe un grazioso regalo al centro-destra, che non ha fatto nulla per meritarselo, quanto piuttosto perché farebbe perdere tempo al Paese e farebbe salire fortemente la tensione proprio quando avremmo bisogno di lucidità, spirito unitario e determinazione”.
Fiorella Mannoia cantava “come si cambia per non morire”. La politica italiana l’ha ascoltata alla lettera.