Cosa c’è di più bello dell’Amore, in tutte le sue accezioni? Nulla!
E qualche decennio fa, due persone che si amavano, ma si trovavano a vivere lontane, senza poter accedere a SMS, WhatsApp, Email o a qualche altro “mezzo moderno” che abbiamo oggi a disposizione, come potevano comunicare l’un l’altra (non avendo neanche Skype), scambiandosi delicate e talora infuocate parole che esprimessero al meglio i propri sentimenti e passioni? Non rimaneva loro che scriversi delle lettere, per l’appunto Lettere d’Amore: col tempo molte di queste lettere sono andate perdute, talora perché erano testimoni di una relazione appassionata, ma clandestina e quindi, prima o poi, dovevano essere distrutte; oppure semplicemente perché erano state tutte realizzate (ovviamente, dati i tempi) su un supporto cartaceo che, di per sé, è abbastanza deperibile. Altre lettere, più lecite e che, spesse volte, si erano poi risolte in un lungo (o lunghissimo) felice matrimonio, hanno talora meglio sostenuto l’usura del tempo perché, anziché andare distrutte per motivi di privacy, sono state conservate dagli stessi interessati, magari gelosamente e quindi in un ambito strettamente privato e familiare, in ogni caso ben protetto. Peraltro alcune di queste lettere – clandestine o non, intime o meno – erano state scambiate tra personaggi famosi e quindi appartenenti alla Storia; è questo il caso delle lettere raccolte negli “epistolari”, i quali hanno tanto contribuito alla conoscenza di particolari troppo spesso omessi, sia pure incolpevolmente, dalla grande Storia e sarebbe stato importante – nonché di grande utilità per la conoscenza di quanto era intercorso tra i grandi personaggi in questione – poterli esaminare e confrontare al momento stesso della consultazione. Tuttavia, questi epistolari erano conservati in luoghi differenti (case-museo, biblioteche, fondazioni et similia) e, naturalmente, spesso distanti tra loro e ciò rendeva più difficoltoso per lo storico – pur se l’impresa non era insormontabile – studiare i vari rapporti interpersonali e gli eventi, spesso di grande importanza, ad essi collegati. Molti problemi si sono appianati allorché – grazie allo sviluppo del web – la consultazione di biblioteche, di archivi e perfino di taluni epistolari (per lo meno quelli che sono stati digitalizzati) è diventata più agevole e spedita ma, “romanticamente”, è mai possibile mettere in discussione il valore del “cartaceo”, il piacere di accarezzare una lettera ed eventualmente sentirne il profumo? No, perché avere tra le mani proprio una lettera originale è il modo migliore e più struggente di tenere memoria dei buoni sentimenti, quelli che hanno fatto sì che qualcuno, pensando alla persona amata, scrivesse una Lettera d’Amore!
Peraltro, in un momento in cui non era ancora agevole (come lo è oggi) poter accedere tramite la rete ai vari epistolari esistenti, per il bene della ricerca e della Storia qualcuno, intelligentemente, si è chiesto: “Perché non riunire insieme tutte queste lettere?”. Ma non solo quelle relative ai grandi personaggi, bensì anche quelle che riguardavano gli individui più semplici e comuni i quali, pur non avendo scritto in prima persona la grande Storia, ad essa avevano in qualche modo contribuito quotidianamente, con vicende serene oppure sconsolate, con i loro sforzi e sacrifici, con il loro lavoro e quella operosità che li aveva animati nel corso della vita. Peraltro, riunire e riordinare tutte queste testimonianze scritte non era un’impresa facile – al punto di poterla definire una vera e propria “missione” – e per realizzarla occorrevano soprattutto tenacia, pazienza, cultura spesso al di là dell’immaginabile, nonché il sacrificio del proprio tempo libero e, last but not least, tante risorse economiche; inoltre, il modo in cui realizzare una simile opera non era scontato, né immediato: occorreva pensarci, farsi venire l’idea vincente (e ciò non era alla portata di tutti!) e poi, prima di affrontare altri problemi, sarebbe stato necessario avere un luogo in cui conservare le lettere stesse, per poter “godere” del piacere di vederle e, in taluni casi, perfino toccarle.
Ebbene, a creare un luogo in cui venissero raccolte le lettere che esprimevano i sentimenti più appassionati, toccanti e intimi di persone famose e non, ci hanno pensato una ventina di anni fa – con una splendida intuizione – il poeta e saggista teatino Massimo Pamio e sua moglie, Giuseppina Verdoliva, curatrice delle loro numerose iniziative: inizialmente, nel 2000, essi organizzarono un Concorso della Lettera d’Amore che, fin dalla prima edizione che si concluse con un festival letterario tenutosi dal 6 al 9 agosto 2001, ebbe la soddisfazione di attirare una forte partecipazione di privati (circa milleduecento) che avevano deciso di creare – ex novo – un loro componimento sotto la forma di una Lettera d’Amore alla persona amata, indifferentemente che fosse un familiare, la/il compagna/o di una vita oppure la/il partner di una stagione amorosa, breve o lunga che fosse stata, ma ormai giunta a conclusione: d’altronde l’Amore è (o per lo meno dovrebbe essere: quello “vero” lo è!) un sentimento inarrestabile, un motore della vita, un “qualcosa” che non è fine a sé, ma è come un essere vivente che cresce, si modifica e si fortifica. A un certo punto di questa loro meravigliosa avventura emozionale e culturale, data la larga partecipazione di autori al loro concorso e, soprattutto, viste le lusinghiere recensioni che a questa loro brillante e originale iniziativa provenivano dalla stampa e dal mondo della cultura, Massimo e Giuseppina decisero di compiere un passo avanti – e che passo! – in questa loro esaltazione dell’Amore: pensarono di raccogliere in un Museo tutte quelle talora piccole, ma sempre significative opere del sentimento umano che erano le Lettere d’Amore. Occorreva però trovare uno spazio espositivo e quindi a loro, che risiedevano nella vicina Chieti, venne in aiuto il Comune di Torrevecchia Teatina, incantevole borgo di quattromila abitanti arroccato sulle colline abruzzesi, nella provincia di Chieti, non lontano dal mare, che mise a loro disposizione il settecentesco Palazzo del marchese Valignani, comunemente noto come Palazzo Ducale: situato nella centralissima piazza San Rocco, il palazzo era – sotto vari aspetti – la sede più adatta da destinare al Museo della Lettera d’Amore, sia perché è un edificio di grande pregio e interesse storico, sia perché il marchese Federico Valignani, vissuto dal 1669 al 1754, che l’aveva fatto edificare era, a sua volta, un egregio poeta e letterato.
Pertanto, sulla scia dei consensi fino allora conseguiti, il 9 agosto 2011 con la conclusione del festival letterario e in concomitanza con la premiazione del relativo XI concorso (che, tradizionalmente, sin dal 2001 si tiene sempre quel giorno), venne inaugurato da Massimo e Giuseppina – e alla presenza di numerose autorità – il Museo della Lettera d’Amore, con l’iniziale dotazione delle lettere che per oltre un decennio erano state ammesse al concorso, via via arricchita non solo dalle lettere inviate dai vecchi e nuovi concorrenti, ma implementata anche con le donazioni di lettere di importanza storico-letteraria o di comuni privati da parte di chi, con il tempo, era venuto a conoscenza di questo Museo interessante e unico (perché non ne esiste un altro uguale al mondo!) di cui è direttore lo stesso Massimo Pamio, il quale è anche Presidente dell’Associazione ONLUS AbruzziAMOci, molto attiva in campo culturale, con particolare riguardo all’Abruzzo.
Il 16 ottobre 2013 i Papaboys hanno solennemente donato al Museo le lettere, i messaggi e i biglietti che erano stati indirizzati a papa Giovanni Paolo II – oggi venerato come San Karol – dai fedeli di tutto il mondo, in un arco di tempo che andava dalla sua elezione al soglio pontificio (16 ottobre 1978) fino al momento della sua morte (2 aprile 2005): pertanto nel percorso museale è stata a Lui intitolata una sala speciale e in essa – che è la più grande del Museo – e in un’altra adiacente, vengono custodite le testimonianze donate dai Papaboys, con quelle più significative e toccanti esposte in apposite teche.
Nel settembre 2016 è stata inaugurata una sala dedicata a quel particolare tipo di corrispondenza amorosa rappresentato dalle Cartoline d’Amore d’Epoca: questa speciale esposizione è nata dal dono di circa 160 cartoline di varie epoche e tipologie, appartenute al collezionista Renato D’Amario – un appassionato docente abruzzese, nonché maratoneta amatoriale ma di valore – fatto dalla sua vedova, signora Maria Pia, all’Associazione AbruzziAMOci. La Cartolina d’Amore è stato un genere letterario – epistolare e romantico – molto diffuso nel secolo scorso, in particolare a partire dagli anni Trenta fino a che la rapidità e soprattutto l’immediatezza di mezzi più moderni hanno fatto scadere l’importanza e la diffusione della comunicazione scritta, cartolina o lettera che fosse: tuttavia, come afferma Massimo Pamio “La Lettera d’Amore è un genere letterario codificato universalmente”, aggiungendo in un suo personale e condivisibile auspicio che “è magari soggetta a un decadimento, ma non è in alcun modo destinata all’estinzione”. Purtroppo, nel Museo, l’esposizione a titolo permanente delle Cartoline d’Amore d’Epoca risulta attualmente un po’ sacrificata dalla limitatezza degli opportuni spazi espositivi; tuttavia, data la singolarità di questo Museo, capace di suscitare, conservare e tramandare i sentimenti migliori e più intimi, sono in corso produttivi contatti con il Comune di Torrevecchia Teatina al fine di ottenere nuovi ambienti, che si confida verranno presto reperiti. Nel percorso museale vi è anche una sala in cui le Lettere d’Amore scendono dal soffitto, legate insieme come una sorta di fil rouge che collega nel tempo e nello spazio le emozioni profonde suscitate dall’Amore, mentre un’altra sala è dedicata al delicato tema della corrispondenza di sentimenti e di affetti originata dall’emigrazione italiana verso il Nuovo Mondo.
In un vero e proprio tourbillon di iniziative, al consueto concorso letterario indetto per l’anno 2020, si è aggiunto un ulteriore cimento poetico avente come tema la Lettera d’Amore al Giro d’Italia. Peraltro, la storica corsa – in questo drammatico anno di pandemia e di diffuso pericolo per la salute delle persone – è stata spostata di data, dopo che come misura prudenziale si era addirittura ventilata la possibilità di annullarla, poi fortunatamente rientrata. Quindi, una volta che gli organizzatori hanno deciso di effettuare in ottobre il Giro d’Italia, a loro volta anche Massimo e Giuseppina hanno spostato lo svolgimento di questo ulteriore concorso letterario, fissandone la premiazione al 13 ottobre 2020, in concomitanza del passaggio del Giro in Abruzzo, con la X tappa Lanciano-Tortoreto. Il Concorso della Lettera d’Amore al Giro d’Italia, la cui cerimonia di premiazione è stata impreziosita dalla presenza – in qualità di madrina di eccezione – di Gioia Bartali, nipote del grande Gino, asso del nostro ciclismo dagli anni Trenta ai Cinquanta del secolo scorso, ha visto tre vincitrici ex-aequo, che sono state premiate su di un podio come in una gara sportiva. Qui, in una doverosa ma breve digressione, non possiamo non ricordare la generosa e umana figura del Ginettaccio nazionale, quello che, forse un po’ pessimista (ma neanche tanto…!), nei suoi ultimi anni di vita soleva dire del ciclismo nostrano, con la sua caratteristica inflessione toscana, “gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare”: nel 2013, ovvero alcuni anni dopo la sua morte, avvenuta a Firenze il 5 maggio 2000, lo Stato di Israele lo proclamò Giusto tra le Nazioni, perché lui, non Ebreo, durante il duro periodo dell’occupazione nazista della Toscana aveva contribuito a salvare la vita a numerosi Ebrei. Ebbene Gino Bartali, con la sua consueta nobiltà d’animo, finché fu in vita non fece mai cenno di questo suo slancio di generosità e umanità che, qualora fosse stato scoperto all’epoca dei fatti, gli sarebbe costato la vita: dei pericoli corsi dal Ginettaccio nazionale lo si seppe solo dopo la sua morte. Anche questo è Amore, anche se non espresso in una Lettera!
Varie reti televisive – le italiane Rai 1 e TV2000, la tedesca Das Erste, la polacca TVP 1 (Telewizji Polskiej 1) – hanno dedicato in più occasioni dei servizi informativi e culturali al Museo della Lettera d’Amore. Chi – trovandosi in quella terra forte e gentile che è l’Abruzzo – volesse visitarlo, deve recarsi a Torrevecchia Teatina che, pur appartenendo amministrativamente alla provincia di Chieti (dal cui capoluogo dista poco più di dieci chilometri), si trova abbastanza vicina anche a Pescara, da cui dista appena una quindicina di chilometri. Il borgo è abbellito da artistiche chiese (della Madonna della Libera; di San Giuseppe; di San Pasquale Baylon; di San Rocco), vi si può apprezzare la tipica e gustosa cucina abruzzese e dal 2004 è sede dell’Università telematica Leonardo da Vinci, legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano come emanazione (unicamente on line) dell’Università degli Studi Gabriele d’Annunzio di Chieti e Pescara.
Primo Levi, nel 1882, definì l’Abruzzo come una terra forte e gentile: ovviamente, anche per motivi squisitamente anagrafici, non si tratta dello scrittore che – tragico reduce da Auschwitz – con Se questo è un uomo, e con altri mirabili scritti, ci ha trasmesso una drammatica testimonianza di quanto avveniva nei KL nazisti, i Konzentrationslager. Il Primo Levi più famoso, ebreo e perseguitato dal nazismo, era nato a Torino nel 1919 e dopo l’atroce vicenda vissuta dal 1943 al 1945, era finalmente tornato nel capoluogo piemontese ove visse fino alla morte avvenuta nel 1987, a seguito di una tragica caduta dalla tromba delle scale del palazzo in cui abitava, tutt’oggi avvolta nel mistero: non si è mai chiarito, infatti, se sia stata una drammatica disgrazia o piuttosto (e questa sembra oggi l’ipotesi più accreditata) il gesto estremo di un’anima sofferente, talmente sensibile da chiedersi in continuazione “Perché mi sono salvato proprio io?”.
Invece fu il Primo Levi nato a Ferrara nel 1853 – e soltanto omonimo dello sfortunato chimico deportato nei lager e poi divenuto scrittore – che, dopo un viaggio in Abruzzo, questa terra la definì forte e gentile (un detto ormai famoso, che ha ampiamente oltrepassato i confini della regione). Anch’egli ebreo – ma vissuto in un periodo in cui non dovette subire orrori e persecuzioni – adoperando come pseudonimo solo il proprio nome, Primo, nel 1882 diede alle stampe a Roma, a cura dello Stabilimento Tipografico Italiano, un libro che riportava le sue impressioni di viaggio (quasi un reportage, per di più scritto con uno stile abbastanza innovativo per quei tempi) dandogli come titolo, per l’appunto, Abruzzo forte e gentile. Impressioni d’occhio e di cuore, col quale anticipava compiutamente la materia trattata nel libro stesso.
In questo difficile momento di crisi della cultura a causa della pandemia che sta imperversando non solo in Italia, sono stati momentaneamente chiusi al pubblico musei, gallerie d’arte e mostre e – stante l’attuale situazione di possibilità e pericolosità di contagio – non è dato prevedere quale sarà il momento effettivo della loro riapertura. Per quando essa avverrà, può essere utile ricordare le modalità di visita al Museo della Lettera d’Amore che sono state valide fino allo scorso novembre: l’ingresso è gratuito e il Museo è aperto la domenica dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 17.30; per poter effettuare una visita in altri giorni si deve prenotare telefonando al numero +39.327.996.0722 oppure scrivendo una mail a stampa@noubs.it. Per partecipare al Concorso della Lettera d’Amore occorre invece scrivere a manoscritti@noubs.it. In conclusione – quando finalmente avremo momenti di vita più sereni – l’invito, per tutti, è quello di visitare un gioiello culturale come il Museo della Lettera d’Amore di Torrevecchia Teatina, nato grazie allo spirito di iniziativa di Massimo Pamio e Giuseppina Verdoliva, nonché alla sensibilità e alla tenacia di tanti figli di quella terra forte e gentile che risponde al nome di Abruzzo.