A New York e dintorni Rosanna Di Michele è diventata una celebrità. Una faccia che è ormai un’icona, grazie allo stile personalissimo che la contraddistingue: capelli nero corvino racchiusi in una frangia stilosa, in perfetto abbinamento con la montatura degli occhiali in celluloide. Sorriso e calore tutto italiano, Rosanna più che una chef si sente una mamma. Una di quelle che ti prepara un piatto in dieci minuti in grado di stupire l’intera tavolata di ospiti per la semplicità e la ricerca. La cucina per lei è sempre stata una passione. Anzi un dovere. Come quando da piccola, era lei, che cucinava per le due sorelle e per i genitori. Viene da una famiglia legata alla gastronomia e per questo non poteva sottrarsi al suo destino, nonostante i venti anni trascorsi come strumentista in una sala operatoria. Poi la passione diventa lavoro e Rosanna Di Michele, dalla sua bellissima Vasto, in provincia di Chieti, arriva nella Grande Mela.
Ambasciatrice della sua terra, di cui ama i prodotti, Rosanna diffonde la cultura del cibo e del mangiare bene. La sua è una cucina conviviale. Quella delle grandi tavole familiari dove si discute del cibo, si ride, si scambiano emozioni. Ama la pasta che cucina ogni giorno in maniera di versa. A La VOCE racconta come è nato il suo format Rosanna cooking e cosa si porta dentro la valigia quando arriva oltreoceano.
Rosanna, ti vediamo impegnata in cooking show, in fiere del cibo, nei ristoranti italiani a New York. Chi è Rosanna Di Michele?
Tengo a precisare che non sono una competitor chef, ma una che ama la cucina, che ha sempre cucinato e che ha molta cura e ricerca per le materie prime del mio territorio, l’Abruzzo. Sono per gli chef una mamma che accoglie nelle tavole dei ristoranti i commensali con i piatti della cucina di una volta, quella autentica dai sapori legati alla famiglia e ai ricordi d’infanzia.
Hai lavorato per venti anni come strumentista di sala operatoria poi hai deciso di fare della tua passione, la cucina, il tuo lavoro. Cosa ti ha portato a questo cambiamento?
Sentivo che era arrivato il momento giusto. Le mie figlie erano cresciute abbastanza da essere indipendenti ed io, nel frattempo, oltre alle cene a casa mia e a casa dei miei amici, cominciavo ad essere invitata anche nei ristoranti. Succede che una sera, a casa mia, due amici americani sono rimasti folgorati dalla mia cucina riconoscendo grandi potenzialità negli Stati Uniti. Era il 2008 e da allora non mi sono più fermata.
La tua è una cucina legata alla tua terra, l’Abruzzo. Per questo, il tuo lavoro è una sorta di brand ambassador della tua regione?
La mia cucina non accetta compromessi. Una cucina di qualità per me significa una cucina territoriale. L’Abruzzo è una terra meravigliosa e io, sia in Italia che all’estero, utilizzo tutti i prodotti di questa splendida regione: dall’olio al vino, passando per il pistacchio e lo zafferano, di cui siamo i primi produttori. Di recente sono anche stata nominata brand ambassador di un’azienda di vino Collefrisio, che produce uno splendido Montepulciano d’Abruzzo. La mia mission è ricreare a tavola l’atmosfera conviviale delle grandi tavolate familiari dove si mangia, si beve, si commenta il cibo, si ride.
Cosa amano gli americani e come sono cambiati i ristoranti italiani a New York?
Gli americani sono molto curiosi e amano tutto della cucina italiana. Sono aperti a capire le differenze regionali e i vari piatti. Vanno pazzi per la pasta. I ristoranti italiani sono cresciuti non solo in quantità, ma anche in qualità. Oggi è più facile mangiare una buona pizza a New York che a Roma.
Quali sono i piatti simbolo della tua terra che vuoi fare conoscere?
Gli arrosticini simbolo della tradizione montana, la pecora, il castrato. La costa del Sud e il suo pesce. Il brodetto, ad esempio, la cui ricetta da anni si tramanda come tradizione comanda. Se non c’è il pesce giusto, il brodetto non si può fare. Abbiamo molti pastifici e come tributo alla pasta scelgo la pasta alla chitarra. Infine l’eccellenza dei formaggi e dei salumi, in particolare la ventricina del vastese. L’Abruzzo, poi, non può non essere ricordata per le sue patate, la carota nera, l’olio e il famoso Montepulciano d’Abruzzo.
Cosa non manca nella tua valigia?
I Tarallucci. Ogni paese ha una sua ricetta.
Cosa si mangia a casa di Rosanna?
Si cucina con quello che c’è in frigo. Freschezza e creatività. Non devono mancare le verdure.
Il piatto forte di Rosanna?
Io amo la pasta. Ho 365 ricette, una diversa per ogni giorno. Il mio forte sono anche gli antipasti.
Il segreto della tua cucina?
L’amore e il legame con il territorio. Una cucina deve parlare di tradizioni, storie, racconti. Deve raccontare da dove nasce quel salume, quel formaggio. È questo, alla fine, il segreto della cucina italiana. Non importa se in un ristorante italiano lo chef è di un’altra nazionalità.
Cucina sperimentale, molecolare. Cosa ne pensi?
Quello che conta è che dalla cucina venga fuori tutta la territorialità. La ricerca è importante, ma io sono per le tradizioni. Il mio brodetto è uguale a quello che si faceva trent’anni fa.
Rosanna quando gira per il mondo cosa ama mangiare?
Io sono italiana al 100 per cento e amo mangiare italiano anche fuori. Sono molto affascinata però dalla cucina giapponese di cui apprezzo la tecnica.
Una ricetta estiva che vuoi dedicare ai lettori de La Voce di New York?
Spaghettone allo scoglio. Un bello spaghettone trafilato al bronzo, con frutti di mare, calamaro, vongole e cozze, cui aggiungere peperoni e dell’olio extravergine di oliva.