Ha seguito il cuore, guidato dall’energia della città. La macchina fotografica è diventata la sua compagna lungo il cammino, immortalando luci e ombre della sua anima. Un miscuglio di stati d’animo, un cocktail emozionale viveva in lei. E oggi racconta la sua evoluzione personale, insieme a quella della City, in una mostra fotografica dal titolo NY After 9/11.
"Mentre per molti l’istantanea è un simbolo di spensieratezza e casualità, essa è in realtà un’intuizione fulminea, qualcosa che per vari motivi desideriamo perpetuare e che può avere un autentico valore umano e storico. Quanto più guardiamo, tanto più vediamo e quanto più vediamo, tanto più reagiamo". Ansel Adams
Oggi vi parlo di Vittoria Iembo, 38 anni, nata sotto il segno dei gemelli a Crotone, in Calabria, modellista di borse. In azienda è lei la persona che sviluppa l’idea e la rende fattibile.
Vittoria, per gli amici Vitto, è un’esplosione di creatività, curiosità e determinazione. Capelli rossi e tante lentiggini quante le idee che traboccano dalla sua mente, è arrivata a New York nel 2008 per motivi di lavoro. L’ho incontrata due volte. Una non è bastata per raccontarsi. La prima a Central Park dove abbiamo chiacchierato camminando nel verde dell’immenso parco. Vitto è un fiume in piena nel descrivere la sua esperienza a NY. La seconda volta ci siamo trovate a Union Square dove ci siamo sedute su una panchina in compagnia di qualche scoiattolo che rubacchiava fragole.
Vittoria mi racconta come sia finita nella Big Apple. Lavorava a Firenze per un’azienda di moda americana la cui casa madre era a New York. La voglia di imparare e di crescere professionalmente la spingeva a cercare nuove esperienze, così ha chiesto e ottenuto di poter fare esperienza a NY lavorando nella casa madre. Lo poteva fare solo durante le ferie così nel mese di agosto, invece di andare in vacanza, è volata verso gli States dove ha lavorato per un mese. Era il 2003. L’esperienza le era piaciuta molto. Nel 2005 ha replicato per un altro mese. Finché nel 2008 le hanno proposto di far parte del team newyorchese. Lei, naturalmente, ha accettato senza pensarci troppo. Il cambiamento ha avuto i suoi ostacoli:
“Dal punto di vista lavorativo è stato semplice trasferirmi. L’azienda mi ha aiutato molto dal punto di vista organizzativo, burocratico e per trovare una casa. La difficoltà è stata la parte sociale e la lingua. Mi trovavo in un Paese nuovo ed ero sola. Nonostante avessi già avuto un distacco forte dalla mia famiglia, ho ugualmente sentito molto la lontananza”. Vittoria ha lasciato la famiglia ad appena 13 anni perché è andata in collegio per 5 anni. Poi dopo la maturità è andata a Firenze, qui ha iniziato a lavorare per l’azienda americana disegnando borse e ha intrapreso il suo percorso lavorativo.
“I primi tempi a NY l’unica cosa che mi dava sicurezza era che sapevo fare bene il mio lavoro. Chiaramente mettevo tutto in discussione a causa della lingua che conoscevo poco. Cercavo di capire come potevo svolgere i miei compiti al meglio e come affrontare un confronto verbale al lavoro”.
A parte la sicurezza con il lavoro, tutto il resto era da costruire: amicizie, abitudini, alimentazione e i momenti di solitudine erano diversi: “Qui ero veramente sola. Non avevo nessun amico. Al lavoro ero la più giovane tra i miei colleghi quindi ero fuori dal loro target. E quando c’erano questi momenti di solitudine cercavo di creare un contatto anche solo telefonicamente, ma spesso non poteva avvenire. C’era il fuso orario che lo impediva”.
"Gli ostacoli non mi fermano. Ogni ostacolo si sottomette alla rigida determinazione. Chi guarda fisso verso le stelle non cambia idea". Leonardo Da Vinci
Vittoria è andata avanti. Gli alti e bassi c’erano. Durante la settimana si concentrava sul lavoro e quando aveva voglia di chiamare l’Italia rimandava al fine settimana. Questa forza le ha permesso di focalizzarsi sulla professione tanto da ricevere, due anni dopo il suo arrivo a NY, una promozione: da modellista a responsabile dei modellisti. La meritocrazia è un pregio degli americani. Vittoria ha ottenuto successi al lavoro e anche a livello personale.
Ha superato i momenti ‘no’ immergendosi completamente in quello che faceva e scoprendo il luogo in cui si trovava. “Ho sempre superato le difficoltà buttandomi in questa città. Sperimentandola, andando in giro per conoscerla. Volevo farne parte in questa maniera. Era molto individuale però in realtà è anche la mia personalità. Mi ricordo che anche quando mi ero trasferita a Firenze risolvevo la solitudine vivendo e scoprendo la città per capire il lato sociale, le sue dinamiche e iniziare ad interagire con la gente del luogo”.
"La curiosità è una delle forme del coraggio femminile". Victor Hugo
La sua curiosità e intraprendenza l’hanno portata a integrarsi nella – e con la – Big Apple regalandole tantissime cose. New York le ha permesso di conoscersi a fondo: “Mi ha dato la possibilità di far venire fuori chi sono veramente. Qui sei uno dei tanti individui che appartiene alla città quindi devi trovare il tuo posto. NY ha dato un grande contributo alla mia crescita. Mi ha insegnato ad affrontare la vita, ad interagire con le persone e la città stessa, a crescere in maniera più neutra senza farmi influenzare da mentalità e dinamiche italiane, permettendomi di far uscire chi sono veramente. Penso che a tutti noi ad un certo punto capita di fare la resa dei conti con chi siamo, dove siamo. In questo NY è stata molto sincera a farmi capire veramente a che punto di vita ero e chi sono”.
Trasferendosi, Vittoria si è rimessa in gioco. Si è riscoperta e ha capito quali sono le sue priorità, cosa vuole dalla vita ed i suoi interessi. In tutto questo ha ritrovato l’amore per fotografia: “Sono sempre stata creativa ma non trovavo la mia forma di comunicazione per far uscire quella creatività. La fotografia l’avevo sperimentata ma non affrontata veramente in Italia. Invece qui erano troppe le cose belle, gli stimoli, i colori, le forme. Ad un certo punto avevo l’esigenza di catturare, di strappare e prendere tutte queste emozioni che mi arrivavano dalla città. Ho ripreso in mano la macchina fotografica e non l’ho più lasciata”.
Questa sua passione è nata in un momento particolare della sua vita. Un momento misto di sofferenza, tristezza, malessere. E Vittoria ha utilizzato la fotografia per far venire fuori quello provava e viveva. Nei suoi scatti c’è molto di lei. “La macchina fotografica era diventata una compagna di viaggio. Indipendentemente dalle esigenze creative di catturare e di fare. Mi completava. Poi col passare del tempo le cose cambiano, torna l’equilibrio. Con la fotografia ho fatto un percorso creativo e di crescita personale”.
Da questo percorso ha deciso di realizzare una mostra fotografica dal titolo NY after 9/11 che si terrà a Borgo Val di Taro, in provincia di Parma dal 28 settembre al 13 ottobre. Un’idea nata per caso. “È nata un po’ per gioco. L’anno scorso ho conosciuto un ragazzo che scrive musica. Siamo diventati amici. Non è un musicista lo fa per hobby ma scrive della bella musica. Tra noi è nata una prima collaborazione. Ho scattato e messo delle foto su un brano che aveva scritto per un suo viaggio a New York. Ci è piaciuto. Da qui è nata l’idea della mostra. Abbiamo contattato il sindaco, Diego Rossi. Si è subito reso disponibile con una battuta ‘Portare una parte d’America a Borgo Val di Taro’. Da queste sue parole ho visto subito il progetto e la mostra”.
Una mostra fotografica che racconta il dopo 11 settembre. Cosa è cambiato e come è vissuto ancora oggi. Perché proprio l’11 settembre? “La mia prima volta negli Stati Uniti è stato nel 2003 per un mese, poi nel 2005 per un altro mese poi nel 2008 mi sono fermata qui. In queste mie trasferte ho sempre percepito che l’11 settembre era ancora vivo ed era motivo di conversazione con i cittadini newyorchesi. Volevo capire cosa era stato questo 9/11. A distanza di dodici anni ho percepito che c’è ancora il 9/11 come se fosse stato ieri”. Ha iniziato a scattare foto che parlassero di quello che fu e di cosa rappresenta oggi quel tragico giorno. Un cammino che si intreccia con il suo percorso individuale. La mostra vuole evidenziare una resa dei conti degli ultimi dodici anni. Di quello che è successo a New York e anche nella sua vita.
"Da un certo punto in avanti non c’è più modo di tornare indietro. È quello il punto in cui si deve arrivare". Franz Kafka
Vittoria con questa mostra vuole anche lanciare un messaggio: “Innanzitutto sensibilizzare il mondo in cui viviamo. Far capire dove siamo, di come ci sia una società malata con dinamiche sbagliate a tal punto da lanciare due aerei nelle Torri. Una situazione che ha lasciato delle cicatrici veramente forti e che non deve assolutamente ripetersi. Poi allo stesso tempo c’è un messaggio sulla capacità di rialzarsi. C’è stata una grande sofferenza e la città si è rimessa in gioco. Si è data da fare di fronte a quello che è successo. Non si è pianta addosso. Si è rimboccata le maniche. Quindi la risalita, l’andare avanti, evidenziato con il simbolo della Freedom Tower . Una cosa interessante è che gli americani non usano la parola 'ricostruito', ma dicono 'costruito'. Lanciando un messaggio di ripresa e ricrescita intesa come crescita”.
La mostra ha anche un aspetto ludico, mostrando stranezze e stravaganze di New York. “Di stravaganze ce ne sono tante. La più bella, si capisce, forse per me che lavoro nella moda, è nel modo in cui si veste la gente. C’è un’originalità tale nell’esprimere la propria personalità non solo per la voglia di essere se stessi ma anche per un desiderio di tirar fuori uno stato d’animo che può essere bizzarro, folle, impegnativo. A me piace molto questa stravaganza nel vestire che non appartiene solo alla gente giovane ma anche agli adulti. Come a indicare l’appartenenza alla città attraverso l’abbigliamento ma che poi riflette uno stato d’animo: la libertà di essere se stessi”.
Il suo sogno? “Al momento è la mostra. Vorrei avesse un’ottima affluenza e diffusione. Il 28 settembre sarò a Parma per l’inaugurazione”. E poi magari riuscire a portarla anche nella stessa New York City.