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Riforma Consiglio di Sicurezza: l’India spinge per un posto a tavola

L'ambasciatrice all'ONU Ruchira Kamboj non crede che la "scarsa" libertà di stampa nel suo paese allontani il traguardo del seggio permanente

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

“Siamo un’ antica civiltà, con una democrazia con origini che risalgono a 2500 anni fa. Non ci facciamo dire da nessuno come dovremmo condurre la nostra democrazia”. Così ci ha risposto l’elegante ambasciatrice dell’India Ruchira Kamboj, la prima donna rappresentante permanente alle Nazioni Unite del suo paese e per il mese di dicembre presidente di turno del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Durante la conferenza stampa al Palazzo di Vetro, a proposito della riforma del Consiglio di Sicurezza, dato che la democrazia più grande del mondo negli ultimi anni figura tra i peggiori paesi nel ranking sulla libertà di stampa e d’espressione (150esima su 180 paesi!), le avevamo chiesto se questi passi indietro per nulla democratici potessero complicare il supporto all’India per una riforma del Consiglio che le dia il tanto agognato seggio permanente dell’UNSC…

L’Ambasciatrice nel replicare dicendo che sulla democrazia l’India “non ha nulla da imparare dagli altri”, ci ha però detto troppo poco per smentire le autorevoli organizzazioni, come Reporters Without Borders, che indicano l’umiliante performance del governo di Narendra Modi sulla libertà di stampa: si può ancora essere percepiti come la più grande democrazia del mondo quando “a pillar of democracy” diventa così traballante? “Abbiamo tutte le colonne della democrazia a posto, quello esecutivo, quello legislativo, quello giudiziario, e sì anche quello del quarto potere (i media, ndr), con una vibrante informazione anche on line. Ogni cinque anni teniamo le elezioni, è così che funziona il nostro paese e la traiettoria sta andando benissimo. E non devi ascoltare me, perché lo dicono gli altri”. Purtroppo per l’ambasciatrice, almeno sulla libertà di stampa, le autorevoli organizzazioni che la monitorizzano nel mondo, come il CPJ, non la pensano così.

La mappa di Reporters Without Borders, che indica i gradi di libertà di stampa nel mondo, con l’India al 150 posto su 180 paesi.

L’India resta una potenza all’Onu molto fiera del lavoro svolto finora come membro non permanente eletto all’interno del Consiglio di Sicurezza: ”Negli ultimi due anni della nostra appartenenza al Consiglio, posso affermare con certezza che ci siamo assunti bene le responsabilità e abbiamo fatto ogni sforzo per colmare le diverse voci all’interno del Consiglio in modo da garantire che il Consiglio stesso parli con una sola voce per quanto possibile su una varietà di questioni. Porteremo lo stesso spirito alla nostra presidenza di dicembre”, ha detto orgogliosa Kamboj ai giornalisti mentre li informava sul programma di lavoro voluto dalla presidenza indiana che chiude anche la presenza dell’India dopo due anni al Consiglio di Sicurezza.

Ruchira Kamboj (centre at dais), President of the Security Council for the month of December and Permanent Representative of India to the United Nations, briefs reporters on the programme of work of the Security Council for the month. (UN Photo/Manuel Elías)

La riforma del Consiglio di Sicurezza, di cui i Quindici discuteranno il 14 dicembre nel programma presentato dall’ambasciatrice, è un chiodo fisso da ormai un quarto di secolo della politica estera dell’India, che con Giappone, Germania e Brasile ambisce ad ottenere una riforma che le conceda lo status di membro permanente (anche senza diritto di veto).  Sarà infatti lo stesso ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankara presiedere le riunioni di  metà dicembre al Consiglio sulla costruzione di un nuovo orientamento verso il “multilateralismo riformato”, del quale Kamboj ha detto che l’ONU “chiaramente è ben lungi dal rifletterne la vera diversità” dei membri delle Nazioni Unite. Kamboj ha attaccato lo stallo in corso, affermando che 22 anni dopo che i leader mondiali si pronunciarono per una riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, “non ci siamo mossi di un centimetro e manca persino un testo negoziale”. L’ambasciatrice ha aggiunto che l’architettura di sviluppo globale al di fuori delle Nazioni Unite è “ugualmente distorta” e richiederebbe sforzi intensi per migliorare la coerenza dei sistemi monetari, finanziari e commerciali internazionali. “C’è un raggio di speranza, se posso metterla in questo modo”, ha detto Kamboj sottolineando che durante la 77a sessione ad alto livello dell’Assemblea generale, ben 76 paesi hanno sostenuto le riforme del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e 73 hanno parlato a favore delle riforme delle Nazioni Unite.

L’ambasciatrice ha anche annunciato che il 15 dicembre ci sarà una riunione speciale del Consiglio di Sicurezza dedicata all’antiterrorismo, dove parteciperà sempre il ministro degli Esteri. Inoltre durante la presidenza dell’India, verrà inaugurata una statua di Mahatma Gandhi al Palazzo di Vetro.

Ruchira Kamboj, President of the Security Council for the month of December and Permanent Representative of India to the United Nations, briefs reporters on the programme of work of the Security Council for the month. (UN Photo/Manuel Elías)

A chi gli chiedeva sulla guerra in Ucraina e come l’India condurrà i lavori del Consigli di Sicurezza  (ricordiamo che sulle risoluzioni contro la Russia presentate sia al Consiglio di Sicurezza che all’Assemblea Generale l’India si è astenuta), l’ambasciatrice Kamboj ha sostenuto il fondamentale ruolo di  “mediatore” dell’India: “Noi rappresentiamo la voce della moderazione. Siamo in grado di parlare sia con l’Occidente che con la Russia, cercando sempre di farlo negli interessi della pace. Abbiamo chiarito subito la nostra posizione e abbiamo condannato gli attacchi ai civili, da qualunque parte questi provengano”.

All’ambasciatrice è stata fatta la domanda su cosa pensasse di quello che solo poche ore prima era stato lamentato dalla Russia: l’accusa alla NATO di voler influenzare l’India per schierarla contro Mosca. E’ veramente così? “L’India è troppo grande, resta dritta da sola nel prendere le decisioni senza essere influenzata da nessuno. Noi ascoltiamo e per questo siamo in grado di parlare con entrambe le parti. Siamo sempre concentrati sulla situazione umanitaria e lo abbiamo dimostrato con il nostro aiuto alla popolazione in Ucraina. Nessuno può influenzarci nel prendere le nostre decisioni”.

Ruchira Kamboj, Permanent Representative of India to the United Nations and Chair of the Security Council Counter-Terrorism Committee, briefs the Security Council meeting. (UN Photo/Eskinder Debebe)

Quando qualcuno ha chiesto cosa ne pensasse delle proteste in Cina a causa delle restrizioni sul Covid, Kamboj è stata di poche parole: “L’India non commenta mai sui problemi interni di altri paesi”.

Tornado alla riforma del Consiglio di Sicurezza, quando le abbiamo chiesto cosa pensasse del “potere di veto”, l’ambasciatrice indiana ci ha risposto: “Idealmente non ci dovrebbe essere per nessun membro il potere di veto, ma se non si riesce a togliere allora dovrebbe valere per tutti”. Le avevamo fatto anche notare che nel quasi quarto di secolo di tentativi di riforma, quella che dovrebbe aggiungere dei seggi permanenti non è mai riuscita a convincere i paesi necessari a farla passare dall’Assemblea Generale, che sono in numero sufficiente a bloccarla perché contestano la non democraticità della riforma portata avanti da India, Germania, Giappone e Brasile. L’ambasciatrice Kamboj ha cercato di restare ottimista: “E’ normale che ci siano opposizioni all’interno dell’ONU, ma noi spiegheremo bene la nostra idea di riforma e cercheremo di convincere gli altri”.

Riusciranno gli indiani a far cambiare idea al gruppo “Uniting for Consensus”, cofondato  e tutt’ora guidato dall’Italia, con l’ambasciatore Maurizio Massari che tra le sue fila ha anche il Pakistan, l’arci-rivale dell’India? Difficile.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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