L’inclusività è fondamentale nella risoluzione dei conflitti e nel mantenimento della pace. Ne è convinto Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, che insieme ai Quindici del Consiglio di Sicurezza ha discusso il valore della diversità. L’incontro è stato presieduto dal Presidente del Kenya Uhuru Kenyatta, e hanno preso parte anche politici come Paul Kagame, Presidente del Ruanda, l’ex Presidente sudafricano Thabo Mbeki, e la prima vicepresidentessa donna del Parlamento Afgano Fawzia Koofi.
Il tema della diversità è stato affrontato perché la maggior parte dei problemi di cui si occupa il Consiglio di Sicurezza sono dovuti a conflitti interni, in cui l’identità dei cittadini – razziale, etnica, religiosa o socio-economica – gioca una parte importante.
“La diversità non deve essere vista come una minaccia. È una fonte di forza – ha dichiarato Guterres durante la conferenza. – Bisogna implementare politiche e leggi che proteggano i gruppi più vulnerabili, incluse leggi contro la discriminazione basata su razza, etnia, genere, religione, disabilita, orientamento sessuale e identità sessuale”.
Guterres ha anche evidenziato come, storicamente, siano proprio le divisioni interne e la discriminazione di un intero gruppo a portare nuovi conflitti nei paesi che “su carta” hanno ottenuto la pace. L’unico modo per evitare questo rischio è quello di invitare ogni settore della società a partecipare al governo locale e al processo di ricostruzione. Solo così ci si può assicurare una pace sostenibile nel tempo.
Il Presidente del Kenya, invece, ha posto l’accento su incitamento all’odio e hate speech, chiedendo ai governi, alle Nazioni Unite e alle piattaforme social di unirsi per combattere l’odio online e non. Elaborando, per esempio, “un codice di condotta globale accettato dalle compagnie” e sviluppando “strumenti di allarme per rilevare le tendenze in aumento”, in modo da agire preventivamente.

Durante la riunione è stato inevitabile discutere del conflitto afgano, e del modo in cui la discriminazione nei confronti delle donne stia tornando a renderle invisibili. Fawzia Koofi, paladina dei diritti delle donne in Afghanistan ed ex vicepresidentessa del parlamento, ha espresso il bisogno di un intervento dell’ONU per evitare che vengano considerate cittadine di seconda classe.
“In Afghanistan vogliamo incontri diretti e faccia a faccia con i Talebani”, ha detto ai Quindici del Consiglio tramite videoconferenza. “Potreste includerci nei vostri gruppi di mediazione. Potreste facilitare un incontro tra una delegazione di donne e i Talebani. Vogliamo farlo per le nostre sorelle che sono ancora nella nostra patria”.
Koofi ha abbandonato il paese a fine agosto per ragioni di sicurezza, poco dopo l’arrivo dei Talebani a Kabul. La donna ha infatti subito almeno due attentati e, nonostante speri di tornare presto nel suo paese, al momento lavora da lontano per i diritti delle donne afgane.