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March 17, 2021
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La pandemia ha ridotto la libertà delle donne e con loro messo in pericolo la democrazia

Una donna su tre subisce violenza sessuale nella sua vita, ed una su 4 ne è vittima per mano del partner prima dei 25 anni: con Kamala Harris si discute all'ONU

Sonia TurrinibySonia Turrini
Time: 4 mins read

“Lo status delle donne è lo status della democrazia”, ha detto Kamala Harris martedì nel suo discorso alla 65esima Commissione sullo Status delle Donne, organizzata dall’ONU virtualmente questa settimana. Le fa eco l’Alto Commissario per i Diritti Umani Michelle Bachelet: “alzare la voce e contribuire al processo decisionale è il diritto di ogni essere umano, donna tanto quanto uomo. Ed è anche una potente leva per ottenere politiche migliori, per tutti”.

Quest’anno, inevitabilmente, la pandemia permea ogni dibattito, ed è stata messa al centro della conversazione anche in questa occasione dal Segretario Generale. Antonio Guterres ha descritto, nel suo intervento, un quadro drammatico dell’impatto economico e sociale della pandemia sulle condizioni delle donne del mondo, in particolare di quelle più povere e marginalizzate. Dal peso delle chiusure delle scuole sulle madri dei giovani studenti in DaD, alla sproporzione di genere nella cura degli anziani fino ai nuovi dati UNICEF, che hanno riportato la scorsa settimana che “fino a 10 milioni di giovani sono a rischio di diventare spose bambine a causa della pandemia” .

Nell’ultimo anno è stato registrato, inoltre, un triste aumento nell’incidenza della violenza perpetrata ai danni delle donne. L’ambasciatrice statunitense all’ONU Linda Thomas-Greenfield, durante un evento co-sponsorizzato da USA ed Israele, ha riportato i dati dell’OMS secondo cui una donna su tre subisce violenza sessuale e fisica nella sua vita, ed una su quattro ne è vittima per mano del partner prima dei 25 anni, se ha una relazione. “Questa è una crisi, ed è una calamità”, ha commentato l’ambasciatrice, “ed è solo peggiorata con l’epidemia da COVID-19, che sappiamo avere aumentato la violenza di genere”, un fenomeno che negli Stati Uniti chiamano “l’ombra della pandemia”.

Alcune parlamentari afghane (Foto UN Women)

La vicepresidente Harris, nel suo discorso, ha sottolineato come questo deterioramento nella condizione delle donne si è inestricabilmente accompagnato ad un deterioramento nella condizione della democrazia globale. “Questo ultimo anno è stato il peggiore che si ricordi per il depauperamento globale della democrazia e della libertà”, ha detto Harris. “Anche mentre affrontiamo una crisi sanitaria e economica, è essenziale che continuiamo a difendere la democrazia”.

Infatti, la pandemia si configura come una diretta minaccia alla democrazia in quanto mette a repentaglio i progressi ottenuti nel campo della parità di genere. Un rischio inaccettabile secondo il Segretario Generale Guterres: “retrocedere nel percorso verso la parità non è sbagliato solo per le donne. Minerà la resilienza di intere economie e società” poiché “le società dominate dagli uomini troveranno soluzioni dominate dagli uomini”. Soluzioni che, specie nell’ultimo anno, si sono già dimostrate inefficienti: “non possiamo tornare alle politiche maschili fallimentari che hanno creato la fragilità che vediamo intorno a noi – nei sistemi sanitari, nelle protezioni sociali, nell’accesso alla giustizia, nel benessere del pianeta”, ha detto il Segretario.

La Ministra delle pari opportunità Elena Bonetti (wikimedia)

Se la pandemia ha colpito sproporzionatamente le donne, esse devono essere un tassello fondamentale della ripresa e della ricostruzione: “il mondo ha bisogno del talento e delle prospettive di tutte le donne per risolvere le nostre maggiori sfide, da ricostruire l’economia globale a combattere il razzismo a affrontare il cambiamento climatico”, ha aggiunto. 

Concorda con lui la Ministra alle Pari Opportunità Elena Bonetti (Italia Viva), che rappresenta l’Italia alla Commissione sullo Status delle Donne: “Mentre affrontiamo la crisi pandemica, siamo chiamati ad un nuovo impegno per una effettiva partecipazione delle donne ai processi decisionali. Sulla strada della ripartenza, che vogliamo percorrere, abbiamo bisogno di seguire due orientamenti fondamentali: il primo, preliminare, per debellare la diffusione del virus. Il secondo, altrettanto necessario, per consentire alle donne di mettere in campo tutto il loro potenziale e contribuire alla pari con gli uomini nel costruire il futuro che vogliamo”.

Aldilà dell’”imperativo morale”, come lo ha chiamato Guterres, di raggiungere la parità di genere tanto nel settore privato quanto nel pubblico ed in politica, questo traguardo avrebbe anche ragguardevoli impatti economici: secondo quanto riportato dal Vicesegretario Amina Mohammed, comporterebbe un aumento di 13 triliardi di dollari al prodotto interno lordo globale. Vi si aggiungono le evidenze sul valore aggiunto che la parità di genere porta alla politica: maggiori investimenti sulla protezione sociale e sul clima, esiti più soddisfacenti e duraturi delle trattative di pace e, sì, migliore performance nella gestione di emergenze come per esempio l’ultima pandemia.

Nonostante questi dati, nelle attuali proiezioni la parità in politica non sarà raggiunta fino al 2150.  L’ONU propone quindi cinque “azioni trasformative” per puntellare la rappresentanza, leadership e partecipazione femminile: abrogare le leggi discriminatorie per garantire equo accesso alle sedi di potere, raggiungere la parità di retribuzione, combattere la violenza contro le donne indirizzandovi seriamente investimenti ed attenzione politica, ed infine supportare le giovani leader donne.

“Sappiamo che lo stato della democrazia dipende dal nostro impegno collettivo verso quei valori articolati nella Dichiarazione dei Diritti Umani”, ha detto Kamala Harris nel suo discorso, in cui ha anche annunciato che gli USA rientreranno nel Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. “Lo stato della democrazia dipende in maniera fondamentale dall’empowerment delle donne”, ha concluso.

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Sonia Turrini

Sonia Turrini

Sono laureata in psicologia, attualmente impegnata in un PhD in Neuroscienze a Bologna. Sono cresciuta con la cultura americana nell’aria, l’Herald Tribune in salotto, i libri dei grandi presidenti sulle mensole di casa, e Bruce Springsteen nelle orecchie. Non ho memoria di quando ancora non conoscevo Streets of Philadelphia, perché ero troppo piccola per ricordare. E pensavo parlasse di formaggio. Ho visitato gli Stati Uniti la prima volta, ancora ragazzina, nell’estate 2008, e ho passeggiato con la mia spilletta Yes We Can appuntata sullo zaino. Seguo con passione la politica americana da anni, e oggi ne scrivo sperando di portarci il valore aggiunto della mia formazione scientifica: le opinioni sono sempre ben accette, ma solo sulla base di fatti oggettivi, dimostrati e condivisi.

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