Continuano i tragici naufragi a largo delle coste libiche. Giovedì 12 novembre sono morte nel Mediterraneo almeno 74 persone dopo che un gommone carico di migranti è affondato. Lo ha riportato l’Organizzazione internazionale per i migranti (OIM).
L’imbarcazione trasportava più di 120 persone ed era partita da Khoms il giorno precedente. 47 persone sono state salvate dalla guardia costiera e da alcuni pescatori, mentre sono stati recuperati 31 cadaveri, tra cui quello di un neonato di 6 mesi, mentre proseguono le ricerche dei corpi delle altre vittime.

La notizia di un secondo naufragio arriva da Medici senza Frontiere. Un altro gommone è affondato e sono morte altre 20 persone, solamente 3 donne sono sopravvissute, salvate dai soccorsi di Open Arms. “Erano sotto shock e terrorizzate, hanno visto i loro cari morire inghiottiti dalle onde” ha raccontato il team di Medici senza Frontiere.
Secondo l’OIM almeno “900 persone sono annegate nel Mediterraneo cercando di raggiungere le coste europee, alcune a causa di ritardi nel salvataggio”. La nave “Open Arms”, che è l’unica nave ONG attualmente operante sulla rotta, ne ha salvate più di 200 in tre operazioni separate.

“La crescente perdita di vite umane nel Mediterraneo è una manifestazione dell’incapacità degli Stati di intraprendere un’azione decisiva, di ridistribuire la necessaria capacità di ricerca e soccorso, nella più letale traversata marittima del mondo”, ha affermato Fredrico Soda, Capo della Missione dell’OIM in Libia. “Abbiamo a lungo chiesto un cambiamento nell’approccio evidentemente impraticabile alla Libia e al Mediterraneo, compreso la fine dei ritorni nel paese e l’istituzione di un chiaro meccanismo di sbarco, seguito dalla solidarietà degli altri stati. Migliaia di persone vulnerabili continuano a pagare il prezzo dell’inazione, sia in mare che a terra”.
Più 11.000 migranti sono stati rimpatriati in Libia, mettendoli a rischio di subire violazioni dei diritti umani, detenzioni, abusi, tratta e sfruttamento, tutti ben documentati dalle Nazioni Unite. Il peggioramento delle condizioni umanitarie dei migranti detenuti in centri sovraffollati, gli arresti e le detenzioni arbitrari diffusi, l’estorsione e gli abusi sono allarmanti.

Dunque, in assenza di garanzie per i migranti rimpatriati nel Paese, l’OIM chiede che la zona libica di ricerca e salvataggio venga ridefinita, per consentire agli attori internazionali di condurre operazioni salvavita.
L’OIM ribadisce che la Libia non è un porto sicuro per il rimpatrio e invita nuovamente la comunità internazionale e l’Unione europea a intraprendere azioni urgenti e concrete per porre fine al ciclo di rimpatrio e sfruttamento.
“Le continue restrizioni al lavoro delle ONG che conducono operazioni di soccorso cruciali devono essere eliminate immediatamente”, ha affermato l’OIM.
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