Sono ormai trascorsi due mesi da quando Maria Fernanda Espinosa Garcia, già ministro degli Esteri dell’Ecuador, si insediava alla presidenza dell’Assemblea Generale, da lei subito definita “Parlamento del mondo”. Sono passati due mesi da quando, in occasione del suo primo incontro con i giornalisti, rispondeva a una domanda della Voce, individuando nel rispetto dei diritti umani il “pilastro” su cui si regge la macchina delle Nazioni Unite. Poco più di 60 giorni dopo, Espinosa ha incontrato la stampa – una relazione che ha dimostrato di voler coltivare con cura –, per la seconda volta dopo la conferenza tenuta ad ottobre. E, rispetto al primissimo impatto, l’abbiamo trovata più sicura, ma anche più prudentemente calata nel suo importante ruolo istituzionale.
Clima e migranti sono state le due priorità sottolineate dalla Presidente, mentre si avvicinano due appuntamenti internazionali chiave: la 24esima sessione della Conferenza delle Parti, COP 24, che si terrà a Katowice dal 3 al 14 dicembre, e la Conferenza per l’adozione del Global Compact for a Safe, Orderly and Regular Migration, che sarà ospitata dal Marocco, a Marrakech, il 10 e 11 dicembre prossimi. Il documento ritornerà poi a New York, sul tavolo dell’Assemblea Generale, per la sua implementazione.
Proprio quest’ultimo tema è stato al centro delle domande della stampa, che hanno ripetutamente sondato le aspettative di Espinosa per i risultati di un documento che non è legalmente vincolante, e che peraltro ha già diviso la comunità internazionale. Stati Uniti, Australia, Ungheria e Austria – tutti e quattro Paesi che hanno fatto della lotta all’immigrazione una bandiera – hanno infatti coerentemente deciso di non firmarlo, e in tutto il mondo la propaganda xenofoba e anti-migranti è sempre più diffusa. Eppure, secondo la presidente dell’Assemblea Generale, l’appuntamento resta più che degno di nota. Tra le aspettative di Espinosa, il fatto che questa Conferenza mandi un forte messaggio condiviso sul tema, per assicurare che la migrazione sia ovunque “ordinata e regolare” e che vi sia una risposta “multilaterale” da parte degli Stati al fenomeno.
Secondo la Presidente, dunque, Marrakech sarà un apripista, un esempio da seguire. E quando i giornalisti le hanno fatto notare la ritirata di diversi Paesi, Espinosa ha sottolineato che “il bello dell’accordo è che non è legalmente vincolante: per questo, consente una certa flessibilità da parte degli Stati” di applicare parti del Compact che siano compatibili con gli indirizzi stabiliti nell’ambito della propria sovranità. Il che, aggiungiamo noi, sarà sì “il bello”, ma anche “il brutto” dell’accordo, perché molto più difficilmente i vari Paesi si sentiranno concretamente vincolati a dare seguito ad impegni complicati, soprattutto di questi tempi, da mantenere. “Comprendiamo pienamente la decisione di alcuni Paesi che non si sono sentiti pronti ad impegnarsi, e forse questo è accaduto anche perché prendono la questione migratoria molto seriamente, e hanno bisogno di affrontare discussioni interne più ampie”, ha detto la Presidente. Che sembra ancora nutrire qualche speranza che quegli Stati possano decidere, in futuro, di condividere l’iniziativa. Concetti, questi, tutti ribaditi ancora una volta quando una reporter le ha chiesto che cosa direbbe ai non firmatari qualora si ritrovasse con loro chiusa in una stanza.
Altro tema di grande interesse per i corrispondenti all’ONU, gli sviluppi in merito al caso Amal Khashoggi. Innanzitutto, da Espinosa è giunto un fermo no comment sulle ultime dichiarazioni di Donald Trump in merito. Quindi, la Presidente ha fatto capire che la situazione è ancora in fase di evoluzione, ma che l’Assemblea Generale ha già espresso, tramite risoluzione, una forte condanna contro ogni forma di violenza e repressione nei confronti della stampa e dei suoi operatori nel mondo. Espinosa ha poi confermato la possibilità che un certo numero di Stati membri richieda al Segretario Generale un’inchiesta indipendente. Ha però aggiungo che, al momento, non è in discussione “alcuna specifica richiesta di una particolare forma di investigazione”. Nelle scorse ore, tuttavia, la Turchia si è detta non soddisfatta del livello di cooperazione offerta dall’Arabia Saudita sulla questione, e, per bocca del ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, ha ventilato la possibilità che venga avanzata la richiesta di un’indagine internazionale – argomento che, ha detto il Ministro, è già stato discusso con il Segretario Generale, Antonio Guterres –.
Noi della Voce abbiamo chiesto ad Espinosa la sua opinione sulle notizie secondo cui il Dipartimento di Giustizia USA avrebbe pronto un rinvio a giudizio nei confronti di Julian Assange, rifugiato da anni nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. “Voglio essere chiara”, ha detto Espinosa. “Essendo ex ministro degli Esteri dell’Ecuador non posso commentare le decisioni dell’attuale Governo”. Tuttavia, la Presidente non ha negato di “avere un’opinione personale in proposito”, a prescindere che Assange sia o no considerato un “giornalista”: “È prima di tutto un essere umano”, ha puntualizzato Espinosa, e, in quanto tale, il suoi diritti umani e la sua dignità devono essere rispettati.