Dopo il chiacchierato addio del principe giordano Zeid Ra’ad Al Hussein all’Alto Commissariato per i Diritti Umani, la scelta del segretario generale ONU Antonio Guterres è infine ricaduta su una donna: si tratta di Michelle Bachelet, già presidente socialista del Cile, nome approvato dai 193 membri dell’Assemblea Generale.
Noi della Voce vi avevamo già raccontato come il suo predecessore giordano si apprestasse a lasciare il proprio illustre seggio senza provare a ottenere un secondo mandato, scelta – pare – collegata ai tanti mal di pancia che le sue veementi prese di posizione hanno suscitato nel corso di questi quattro anni. Nella lettera in cui annunciava la propria decisione, del resto, Al Hussein puntualizzava che, al contrario, la decisione di ricandidarsi lo avrebbe obbligato a “inginocchiarsi in supplica; silenziare una dichiarazione di advocacy; diminuire l’indipendenza e l’integrità della mia voce, che è la vostra voce”. E nel suo ultimo intervento all’ONU prima di lasciare l’OHCHR, all’UNCA, non aveva risparmiato critiche ai populisti e, ancora una volta, al presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Non è un caso che l’ambasciatrice USA all’ONU Nikki Haley, che qualche settimana fa motivava l’addio americano al Consiglio per i Diritti Umani definendo quell’istituzione una “cloaca di pregiudizi politici”, abbia tempestivamente commentato l’incarico a Bachelet esprimendo importanti speranze per il suo mandato: “Gli Stati Uniti si sono ritirati dal Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite in parte a causa dell’evidente fallimento del Consiglio nell’affrontare le violazioni estreme dei diritti umani nell’emisfero occidentale, in Venezuela e Cuba in particolare. I fallimenti del Consiglio per i diritti umani rendono la selezione del Segretario Generale di un nuovo Alto Commissario ancora più importante”, ha dichiarato Haley. E ha aggiunto, poi, che “spetta alla scelta del Segretario Generale, la Bachelet, evitare i fallimenti del passato”. L’agenda di priorità suggerita da Haley alla nuova titolare dei Diritti Umani comprende Iran, Corea del Nord e Repubblica Democratica del Congo, mentre l’attenzione alla crisi mediorientale garantita fin qui da Al Hussein viene definita dalla rappresentante permanente USA una “ossessione per Israele”.
Proprio Tel Aviv ha salutato con soddisfazione la fine dell’era di Zeid Al Hussein. L’ambasciatore all’ONU Danny Danon ha infatti osservato: “Il Commissario uscente, il principe Zeid Raad al-Hussein di Giordania, non ha mai perso occasione di inventare menzogne e menzogne quando si tratta di Israele. Da molte delle sue affermazioni, si potrebbe pensare che considerasse Hamas un’organizzazione di welfare, non di terroristi. Durante il suo mandato, l’HRC è diventato un teatro dell’assurdo, con ipocrisie e doppi standard dilaganti nei suoi atti e rapporti”. Proprio in queste ore, Danon ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di condannare duramente l’ultimo lancio notturno di 180 razzi verso Israele da parte di Hamas.
Resta ora da vedere se la Bachelet soddisferà le aspettative di Washington e Tel Aviv, o se, per le sue prese di posizione, finirà per essere criticata proprio come l’ormai ex Commissario. In ogni caso, ad arricchire il suo curriculum figura non solo la presidenza del Cile dal 2006 al 2010, ricordata per l’introduzione di politiche di welfare, per una politica economica genericamente apprezzata, per le sue battaglie per una più radicale agenda di tasse e spesa e a favore di aborto e matrimoni gay. Bachelet è infatti stata anche Direttore esecutivo dell’Ufficio per la parità di genere ONU, UN-Women. Impegno, quello per le donne, che, verosimilmente, caratterizzerà anche il suo mandato come Alto Commissario per i Diritti Umani.