Cosa s’intende esattamente per “mecenate” e per “mecenatismo”? Per comprendere il termine bisogna risalire a Gaio Cilnio Mecenate (69 a.C./8 a.C) personaggio romano di origini etrusche, amico di Ottaviano, il futuro imperatore Augusto. Mecenate era uomo colto, raffinato, che amava circondarsi di poeti, letterati e artisti che sostenne economicamente (ricordiamo i poeti Virgilio e Orazio). Il mecenatismo è dunque una forma di intelligente e accorta protezione delle arti, delle lettere, delle scienze, spesso condotta con finalità differenti, ma che porta generalmente a risultati significativi, consentendo a menti eccezionali di potersi dedicare con serenità al proprio lavoro.
In passato il mecenatismo si presentava come sussidio economico da parte di imperatori, principi, alti rappresentanti del clero e signori nei confronti di artisti, che ponevano il loro genio a disposizione per aumentare il prestigio di cotanti benefattori.
Oggi il mecenate si identifica sempre più con la figura dell’imprenditore che sponsorizza eventi, manifestazioni e organizzazioni artistiche o culturali.
Il rapporto di mecenatismo tra imprenditori e patrimonio culturale in Italia non è purtroppo ancora molto sentito, in parte per la carente normativa ed in parte per le difficoltà stesse che hanno le imprese private, o lo Stato stesso, di rapportarsi con il mondo della cultura (pensiamo al podere di Formia del grande oratore e politico Cicerone, I a.C., destinato ad un degrado inarrestabile), salvo naturalmente alcune eccezioni (nel 1983, ad esempio, i dirigenti della Fiat di Torino acquistarono Palazzo Grassi a Venezia per farne sede di mostre internazionali) Ma torniamo a noi…
8 luglio 1839: nasce a Richford, New York, John Davison Rockefeller che un giorno diventerà imprenditore e mecenate tra i più ricchi e potenti al mondo. Sono gli anni in cui in Italia scompare il grandissimo poeta recanatese Giacomo Leopardi (1837), in cui nasce il fondatore del Verismo italiano Giovanni Verga (1840), gli anni della più intensa attività artistica dello scrittore Alessandro Manzoni (1785-1873). È questo il periodo in cui vedono la luce importantissimi brand come ad esempio Agnesi (1824), la Casa produttrice di pasta, Manetti & Roberts (1843), marchio noto a tutti per il Borotalco. Nasce nel 1839 la prima linea ferroviaria Napoli-Portici con una lunghezza di km. 7,25.
Viene alla luce Louisa May Alcott (1832) autrice di “Piccole donne”. In questo lasso di tempo regala all’umanità il meglio di sé la scrittrice inglese Emily Brönte (1818-1848) e nasce il parigino E. Zola (1840) fondatore del Naturalismo francese.
Un’epoca ricchissima sotto il profilo culturale e imprenditoriale…
J.D. Rockefeller (il cui ultimo e più giovane nipote è morto a 101 anni nel 2017) creò nel 1913 la Rockefeller Foundation, tra le cui sedi si trova oggi Bellagio, sul lago di Como, con la maestosa Villa Serbelloni.
La location di Bellagio contribuisce a rendere assolutamente indimenticabile la permanenza di grandissime personalità all’interno della Foundation. Il Professor David Lodge, dell’Università di Birmingham, uno degli scrittori preferiti dal grandissimo Umberto Eco, nel suo celebre romanzo “Small World” descrive il Rockefeller Center di Bellagio e nel corso di un’intervista alla domanda “What makes Lake Como so magic and a powerful source of inspiration for writers, poets, artists ?”, egli risponde “I think it is the combination of water and very picturesque landscape,which is always changing its aspect according to the season, weather and time of day. The situation of Bellagio is particularly charming, and the Villa Serbelloni with its grounds is the most beautiful place I have ever spent time in”. In “Small World” si afferma inoltre “Villa Serbelloni is a scholars’retreat”.
Villa Serbelloni, in effetti, è collocata sul promontorio di Bellagio in una splendida posizione panoramica, dominando contemporaneamente i due rami del lago di Como e di Lecco. Il toponimo stesso deriva infatti dal latino bilacus, “due laghi”.
La Villa rimase proprietà della famiglia Sfondrati dal 1533 fino al 1788 quando passò al Conte Alessandro Serbelloni, il cui interesse principale si focalizzò sull’immenso parco che ancora oggi gli ospiti possono visitare e che annovera piante antiche, esotiche e soprattutto rare. Egli volle che tale parco, che avrebbe ospitato studiosi di ogni disciplina, permettendo loro di riflettere e creare in tutta tranquillità, fosse diviso da un lungo viale ricco di fiori, siepi, terrazze panoramiche.
Nel 1907 la Villa venne acquistata da una Compagnia svizzera che la mutò nell’attuale Hotel Serbelloni finché nel 1959 la principessa Ella Walker non lo acquistò e vi pose la sede della Rockefeller Foundation, un piacevole e sereno luogo di ritiro per eminenti studiosi provenienti da tutto il mondo.
Ma queste personalità illustri che hanno la fortuna di soggiornare e di creare in questo paradiso, gioveranno, secondo il volere del Fondatore, all’intero genere umano con i loro studi e con le loro ricerche. Il centro nutre un forte interesse nei confronti di tutte le proposte in linea con gli sforzi della Fondazione Rockefeller per promuovere il benessere dell’umanità, in particolare affrontando temi che hanno un impatto diretto sulla vita delle popolazioni povere e in difficoltà presenti in tutto il mondo: salute, opportunità economiche e lavorative, alimentazione e agricoltura.
È la medesima filosofia riassunta nel logo dell’Università Rockefeller di New York, fondata anch’essa da John Davison Rockefeller nel 1901: “Scientia pro bono humani generis”, “La scienza per il bene del genere umano”. L’Università Rockefeller di New York ha infatti regalato all’umanità molti premi Nobel per la Medicina e la Chimica.
Non è un caso che la cultura, l’eleganza, le bellezze naturali si sposino al Rockefeller Center di Bellagio: sovente, l’eleganza viene fatta coincidere con la superficialità, l’amore per l’apparenza, mancanza di profondità, di spessore. Ma questo è un grave errore: l’essere umano ha bisogno di eleganza, ha sete di bellezza.
Arturo Graf (1818/1913), poeta e critico letterario italiano di chiarissima fama, sosteneva che l’eleganza che appare esteriormente non è mai completa, se non proviene innanzitutto da dentro. Etimologicamente la parola latina “elegantia” indica la naturale attitudine a “sapere scegliere”. L’eleganza infatti, non è solo buon gusto, ma è fondamentalmente l’espressione naturale e spontanea di ciò che si è “dentro”.
L’eleganza non è certamente solo sapere scegliere in modo adeguato un vestito, una parola, un gesto, ma anche un modo di pensare , di agire, di interpretare la vita. Non c’è eleganza in chi pur indossando abiti di alta classe, griffati, pur conoscendo perfettamente le regole del galateo, o pur usando con indifferenza un linguaggio raro, particolare, insolito, ambisce solo ad attirare l’attenzione o peggio a mettere in difficoltà il proprio interlocutore. L’eleganza è quindi la sintesi tra buon gusto, gentilezza, ma soprattutto, forte personalità. Il suo contrario, cioè eccessivo ornamento, sfacciata vanità, assenza di cortesia e di misura sono indice di volgarità. I Greci collegavano all’idea di bellezza i concetti di simmetria, proporzione, armonia, ordine, giustizia e bene.
Di conseguenza questa Villa ha attratto irresistibilmente e ospitato nei secoli precedenti grandissimi nomi della storia, dell’arte, della letteratura: Leonardo da Vinci e il Cardinale Federico Borromeo; in epoca più recente la Regina Vittoria, il Presidente degli Stati Uniti d’America F.D. Roosvelt e in seguito il presidente J.F. Kennedy e scrittori e poeti come Alessandro Manzoni e Giuseppe Parini, che qui trascorse lunghi periodi come precettore dei figli del Duca Serbelloni.
L’arte della cinematografia si è naturalmente accorta di tutto questo: “Once upon a time in America”,1984, vede protagonista Bellagio, in particolare un ambiente di Villa Serbelloni, come location per il ricevimento nella villa del senatore Bailey e ancora la scena in cui Noodles (Robert de Niro), boss del proibizionismo, porta Deborah in un ristorante.
Concludo ricordando che Gustave Flaubert (autore del celebre romanzo “Madame Bovary”) nel 1845, nelle sue note di viaggio, parlò di Villa Serbelloni e disse: “…uno spettacolo fatto per il piacere degli occhi… Qui si vorrebbe vivere e qui morire”.