La verità sulla città di Gerusalemme. Giovedì 8 marzo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è presentato alle Nazioni Unite di New York, per presentare una mostra sulla città, da poco riconosciuta capitale di Israele dagli Stati Uniti. Ma nella realtà dei fatti, Netanyahu è entrato al Palazzo di Vetro con un obiettivo ben diverso: lanciare un messaggio, forte e chiaro, all’intera comunità internazionale. La stessa comunità internazionale che, nel corso di una seduta infuocata in Assemblea Generale pochi giorni prima del Natale 2017, si era opposta a maggioranza proprio alla scelta degli Stati Uniti di considerare Gerusalemme, e non più Tel Aviv, capitale di Israele. Aprendo una nuova ferita diplomatica non ancora rimarginata.
“Questa mostra non rappresenta niente altro che la verità negata da coloro che provano a cancellare la storia del nostro popolo e della nostra gente”, ha detto serio e orgoglioso il premier israeliano davanti a un nutrito gruppo di persone all’interno della sala 1B Hall dell’ONU. Per poi evidenziare: “Stiamo cambiando il peso e la posizione di Israele nel mondo e, più di ogni altra cosa, stiamo facendo comprendere a tutti che noi lottiamo per i nostri diritti, per la verità”.
Il momento di maggiore tensione emotiva, durante l’inaugurazione della mostra, c’è stata quando Benjamin Netanyahu è passato davanti a un cartello dell’ONU con sopra scritto: “I contenuti dell’esposizione non rispecchiano le idee delle Nazioni Unite”. Il cartello è presente per ogni iniziativa che viene liberamente ospitata all’interno del Palazzo di Vetro ma che risulta essere non in linea con i valori, le risoluzioni e le decisioni prese al suo interno. Il leader d’Israele si è fermato davanti al cartello e, accolto dagli applausi scroscianti e dall’approvazione dei partecipanti all’inaugurazione, con un atteggiamento da “bully”, ha detto: “Ci credo che non c’entra con le Nazioni Unite, c’entra con la verità”.
Netanyahu è stato affiancato nel corso dell’inaugurazione della mostra, organizzata per celebrare i 3mila anni della presenza della comunità ebraica a Gerusalemme, dal ministro Zeev Elkin e dall’ambasciatore d’Israele all’ONU, Danny Danon. Che ha evidenziato: “Questa esibizione è la risposta perfetta a quanti chiedono di rafforzare il legame tra il popolo ebraico e Gerusalemme – ha detto. Gerusalemme è stata al cuore della nostra comunità per migliaia di anni e noi guardiamo favorevolmente ai nostri amici e partner in tutto il mondo, per far sì che questa città speciale venga riconosciuta come capitale eterna dello Stato di Israele”.
Uno di questi amici, il più “rumoroso”, è proprio rappresentato dagli Stati Uniti. E non è un caso che prima dell’inaugurazione della mostra, Benjamin Netanyahu abbia incontrato Nikki Haley, l’agguerrita ambasciatrice statunitense al Palazzo di Vetro, autrice nel giro di poche settimane, prima di un veto orgoglioso in Consiglio di Sicurezza e poi dell’intervento incendiario proprio nella seduta dell’Assemblea Generale ONU dello scorso dicembre, a difesa di Gerusalemme capitale d’Israele.
Israele in cui, nelle prossime ore, il premier Netanyahu tornerà. E dove non troverà un clima semplice da gestire, anche se per motivi diversi. Il premier infatti, dal 31 marzo 2009 alla guida del Paese, è da qualche settimana al centro di numerose polemiche. E la polizia d’Israele è a sua volta alla ricerca di una verità, dopo aver interrogato lui e la moglie su un caso di presunta concussione in cui Netanyahu è sospettato. Si tratta del terzo caso giudiziario che lo vede coinvolto nel giro di qualche mese: secondo gli investigatori, il premier e la moglie avrebbero fatto pressione su Shaul Elovitch, proprietario dell’importante società di telecomunicazioni Bezeq, per ottenere una copertura favorevole del sito di news Walla, in cambio dell’appoggio di alcune leggi favorevoli allo stesso Bezew. Un’indagine ancora in corso dai risvolti poco chiari. Così come poco chiaro continua a essere lo status di Gerusalemme, da decenni al centro di una polemica destinata a non finire mai.