La stretta di mano e la nota congiunta sulla Siria da parte di Donald Trump e di Vladimir Putin in Vietnam, alla fine, non sono state sufficienti. Così come non lo è stato il monito che lo stesso Trump ha inviato su Twitter a una manciata di minuti dal voto in Consiglio di Sicurezza. Il Joint Investigative Mechanism (JIM), l’indagine avviata su mandato dell’ONU e che avrebbe dovuto fare chiarezza sugli attacchi con gas sarin avvenuti in Siria nel 2013, è ufficialmente tramontata. Per ora.
Alla mezzanotte di giovedì 16 novembre 2017, infatti, il mandato dell’indagine non potrà più essere rinnovato. E il Consiglio di Sicurezza non è stato capace di votare una risoluzione a sostegno del suo prolungamento, a causa del veto posto ancora una volta dalla Federazione Russa, che con il suo ambasciatore russo Vassily A. Nebenzia ha detto no alla bozza proposta dagli Stati Uniti: si tratta della decima volta dal 2011 che Mosca, al Palazzo di Vetro, usa questo strumento per ostacolare l’approvazione di risoluzioni riguardanti la Siria. L’ultima occasione aveva avuto luogo l’8 novembre, quando l’ambasciatore russo Nebenzia aveva lamentato l’assenza di prove certe contro la Siria, durante l’ultimo tentativo di rinnovo del JIM al Palazzo di Vetro: “Tutto quello che c’è (all’interno report, come “prove” contro l’aviazione siriana, ndr) è chiaramente una fregatura”, aveva detto senza troppi giri di parole in Consiglio di Sicurezza.

Rispetto a quella seduta, però, di novità ce ne sono state eccome. Innanzitutto perché il Consiglio di Sicurezza si è trasformato presto in un “colpo di veti”. La Russia ha infatti sorpreso tutti, poco prima della seduta, proponendo una bozza di risoluzione alternativa a quella degli USA e inattesa in Consiglio di Sicurezza, con un obiettivo chiaro: rinnovare l’inchiesta sull’uso delle armi chimiche in Siria per un anno, ma con modifiche evidenti nel metodo e sostanziali nella struttura. La bozza russa è stata sostenuta, un po’ a sorpresa, dalla Cina (che già aveva lamentato, però, le alcune del JIM nella precedente seduta di novembre e che già nel febbraio 2017 si era mostrata al fianco di Mosca sulla Siria) e votata, molto meno a sorpresa, anche dalla Bolivia. A essere contraria, però, è stata per l’appunto l’ambasciatrice statunitense Nikki Haley, seguita dal “no” di altri 6 Paesi (tra cui Italia, UK e Francia) e l’astensione di 5, tra cui l’Egitto. “Mettiamo la politica da parte, non è il momento di fare giochetti” aveva tuonato poco prima del voto sulla bozza russa la Haley, assente in mattinata sul Consiglio di Sicurezza presieduto da Angelino Alfano sulla Libia, ma ritornata salda al suo posto per la seduta sulla Siria. “Non stiamo giocando, forse sono loro a farlo”, ha risposto glaciale l’ambasciatore russo Nebenzia riferendosi agli USA, durante un ping-pong di interventi che ha visto l’ambasciatore italiano Sebastiano Cardi, presidente in questo mese di novembre, arbitro e mediatore.
Anche la bozza di risoluzione USA, alla fine, è stata come detto bocciata. A votarla a favore sono stati in 11, ovvero i Paesi del blocco occidentale che ha sempre difeso il lavoro del JIM in questi mesi. Due invece i contrari, Russia e Bolivia. E due anche gli astenuti, la Cina e un inatteso Egitto.

La battaglia diplomatica tra Stati Uniti e Russia, assopita – per ora – su molti altri fronti, continua quindi a deteriorarsi su quello siriano. Haley ha evidenziato che “per metà decade, la Russia si è sempre posta a difesa della Siria”, e con il voto di oggi “la Russia a tutti gli effetti dimostra di voler accettare l’uso delle armi chimiche in Siria”, ponendosi quindi contro “una soluzione politica nella regione”. Non solo: per Haley “abbiamo provato tre volte a rinnovare il mandato del JIM”, cambiando il testo a seconda delle richieste e “ascoltando le preoccupazioni della Russia e di altri Paesi”, ma questo non “ha mai interessato per davvero alla Russia”. Haley ha chiuso il suo durissimo intervento con una promessa: “Sappiamo chi c’è dietro agli attacchi con armi chimiche. Gli Stati Uniti non si arrenderanno per dare giustizia alle vittime in Siria. Grazie a chi ha votato a favore il documento e vergogna alla Russia”. Stessa promessa, quella di non arrendersi al mancato rinnovo del JIM per fare luce su quanto successo in Siria nel 2013, fatta anche dagli ambasciatori di Francia, UK e Svezia, il cui ambasciatore Olof Skoog, lapidario, ha detto: “Spero che le vittime delle armi nucleari non stiano guardando questo spettacolo, che seduta indegna”.
Una promessa che invece, per ora, è stata infranta proprio dal veto russo. “Rinnovare un’indagine del genere è già di suo un pessimo segnale, ma visto com’è stata condotta, quest’investigazione è riuscita nell’intento di mandare un segnale persino peggiore”, ha detto l’ambasciatore di Mosca all’ONU Vassily A. Nebenzia, ribadendo: “È importante che il JIM venga rinnovato ma con una modifica sostanziale del mandato per far sì che vengano corretti gli errori sistemici che abbiamo visto fare nel recente report e che noi ci proponiamo di risolvere con la nostra risoluzione”. E dello stesso avviso, del resto, è stata anche la Cina, che con la Russia ha proposto la bozza di risoluzione alternativa: “La Cina condanna gli attacchi con armi chimiche in Siria e supporta l’indagine JIM, ma si deve migliorare il metodo con cui quest’investigazione viene condotta” ha dichiarato il vice ambasciatore cinese Haitao WU, evidenziando: “Si deve utilizzare un approccio più scientifico e oggettivo nel corso dell’indagine, in modo da poter giungere a delle conclusioni incontrovertibili, al riparo da ogni preoccupazione. Il nuovo JIM da noi proposto contiene queste linee-guida”.

E mentre gli Stati Uniti, seguiti da UK e Francia, continuano il proprio braccio di ferro contro Russia e Cina, l’Italia continua a sperare in un nuovo accordo futuro sul JIM, pur non nascondendo la delusione per il veto russo: “Siamo profondamente delusi per il risultato del voto di oggi, in quanto priva la comunità internazionale di uno strumento cruciale per combattere l’impunità in alcuni dei crimini più atroci e inaccettabili commessi in Siria. La comunità internazionale è ora più debole e la nostra architettura di sicurezza collettiva è più instabile, a causa della mancata approvazione della risoluzione” ha dichiarato nel suo statement l’ambasciatore Sebastiano Cardi. Che sul futuro ha detto: “Il risultato è difficile da accettare, ma è per questo che continueremo a lavorare con gli altri membri del Consiglio su questo tema, già immediatamente dopo questa riunione. Speriamo che collettivamente saremo in grado di ritornare a seguire il trend positivo di cooperazione e consenso che ha permesso a questo Consiglio dal 2013 di pronunciarsi su questa questione cruciale”.