La coalizione a guida araba in Yemen sarà nella black list per la violazione dei diritti umani dei bambini, redatta dal Segretario Generale ONU Antonio Guterres: è questa l’indiscrezione lanciata nella serata di martedì 3 settembre, dall’agenzia stampa Reuters. Una notizia che ha scosso il Palazzo di Vetro a New York e che ha riaperto un fronte rimasto silenzioso persino nella settimana d’apertura della 72esima Assemblea Generale. Reuters, infatti, ha dichiarato di aver potuto visionare “una bozza confidenziale della black-list nella giornata di martedì (3, ndr) dove compariva il nome della coalizione militare a guida dell’Arabia Saudita”, colpevole “di aver ucciso e mutilato bambini in Yemen”.
La crisi yemenita, del resto, non è una novità. Sono ancora troppo pochi coloro che ne parlano e ne dibattono, ma le parti in gioco coinvolte direttamente o indirettamente nel conflitto, sanno bene quanto sia drammatica e tragica la situazione nella regione. In Yemen, infatti, si sta consumando una delle tragedie umanitarie più gravi dell’ultimo ventennio e i numeri della crisi sono in peggioramento: secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, infatti, sarebbero oltre 660mila i casi di sospetto colera e 2074 decessi in 22 dei 23 governorati del Paese. E i gruppi più colpiti sarebbero proprio i bambini sotto i 5 anni, che rappresentano un quarto dei sospetti (24,7% dei casi).
Un dramma silenzioso iniziato nel 2015 con l’operazione “Decisive Storm”, una guerra che vede due fronti in contrasto: da una parte il presidente Abd Rabbo Mansur Hadi, sostenuto proprio da quella coalizione araba che secondo Reuters verrà inserita nella black-list di Antonio Guterres, e che vede coinvolti anche gli Stati Uniti e, indirettamente, numerosi Paesi dell’Occidente. Dall’altra i ribelli Houthi, sostenuti – secondo le accuse dei sauditi – dall’Iran e capaci di spodestare nel 2015 il presidente Hadi da Sanaa. Nel mezzo, un conflitto senza regole e un dramma umanitario per il quale ci sarebbe già la soluzione: rispettare la dichiarazione presidenziale adottata dal Consiglio di Sicurezza il 15 giugno, come aveva evidenziato a La Voce di New York l’ambasciatore italiano all’ONU Sebastiano Cardi. Al momento, però, sembra che a mancare sia il coraggio di applicarla da parte di alcuni degli attori coinvolti. Con il Segretario Generale Antonio Guterres che, ora, deve affrontare anche l’indiscrezione sulla black-list per la violazione dei diritti umani dei bambini. Un documento da cui l’Arabia Saudita era stata tolta proprio dal suo predecessore, l’ex Segretario sud-coreano Ban ki Moon. Un documento, la cui pubblicazione per il 2017 era prevista nel mese di agosto.
Proprio dall’ufficio del Segretario Generale ONU, per ora non ci si espone: da Guterres infatti nessuna conferma, ma neanche nessuna smentita. Interpellato da La Voce di New York, il vice portavoce del Segretario, Farhan Aziz Haq, ha infatti dichiarato: “Non commenteremo la relazione fino a quando non esisterà come documento ufficiale, il che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni”. Mentre Save the Children, viceversa, ha accolto con approvazione l’indiscrezione ripresa da Reuters: “L’inclusione della coalizione a guida saudita nell’elenco delle Nazioni Unite significa che tutte le parti coinvolte nella guerra in Yemen saranno richiamate per le loro violazioni, violazioni che comprendono l’assunzione di soldati-bambini, i bombardamenti di scuole e ospedali, l’uccisione e la morte di bambini”, ha reso noto in uno statement l’organizzazione no-profit. Che per prima aveva inviato, nel mese d’agosto, una lettera proprio al Segretario Generale Guterres, con più di 37mila firme: “Abbiamo chiesto al Segretario di proteggere i bambini dello Yemen, nominando e richiamando tutte le parti coinvolte che commettono violazioni”. Uno scenario che, dopo l’indiscrezione di Reuters e dopo l’approvazione di una risoluzione al Consiglio Onu dei diritti umani il 29 settembre 2017 – che permetterà di indagare sui crimini di guerra in Yemen -, appare meno lontano di prima.
Discussion about this post