Il 17 febbraio del 2011, dopo oltre quarant’anni, cadeva in Libia il regime dittatoriale di Moammar Gheddafi e per il popolo libico iniziava un lungo periodo di forte instabilità politica e sociale, fino allo scoppio di una guerra civile tra innumerevoli fazioni e tribù, un caos di cui anche lo stato terrorista dell’ISIS ha approfittato per espandersi nel paese nord africano. Gheddafi, giunto al potere nel 1969 dopo un colpo di stato, era rimasto rais assoluto fino a quando in Nord Africa e nel Medio Oriente non era scoppiata la cosiddetta “Primavera araba”, che ponendo fine a numerosi regimi dittatoriali, aveva trasformato o, talvolta, distrutto gli assetti politici di alcune nazioni del Nord Africa e Medio Oriente.
Questa settimana due ostaggi italiani sono stati uccisi in Libia e altri due si sono salvati in maniera rocambolesca. Tutto questo proprio quando il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni aveva appena avuto colloqui alle Nazioni Unite sulla Libia.
E proprio nelle stesse ore, Martin Kobler, l’inviato speciale ONU in Libia del Segretario Generale Ban Ki-moon e quindi capo della missione UNSMIL, durante un’importante riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha presentato l’ultimo rapporto sulla Libia, esprimendo una forte preoccupazione per la situazione attuale del Paese: “Con grande rammarico – ha affermato il diplomatico- , comincio questa conferenza facendovi notare che la situazione umanitaria in Libia si è ulteriormente deteriorata”.
La Libia, nonostante sia ricca di risorse naturali come petrolio e gas, è una nazione allo sbando: secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, il 40% delle strutture sanitarie del Paese è inutilizzabile e quasi la metà della popolazione ha bisogno di assistenza umanitaria. Kobler, continuando il suo intervento, ha messo in guardia il Consiglio sul proliferare dei gruppi terroristici e criminali in Libia, che prosperano nella zona soprattutto a causa dell’inefficienza delle istituzioni statali; secondo il diplomatico, però, la stragrande maggioranza del popolo libico è favorevole alla formazione di un governo di Accordo Nazionale per fronteggiare la complicata situazione attuale.
“I rappresentanti della politica libica dovrebbero assumersi le proprie responsabilità nell’interesse del loro popolo- ha continuato Kobler- , il quale vive disagi e sofferenze da troppo tempo. Alcuni, però, preferiscono perseguire i propri interessi piuttosto che ascoltare la voce del loro popolo”. L’inviato speciale in Libia del Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon ha inoltre fortemente criticato l’operato degli oppositori del nuovo governo, augurandosi che esso venga approvato entro l’inizio della prossima settimana per portare un po’ di stabilità ad una nazione che vive da anni una perenne situazione di confusione. La Libia, continua il funzionario ONU, “non può essere ostaggio di alcune minoranze del Parlamento di Tobruk e del Congresso di Tripoli“.
L’ISIS costituisce la minaccia maggiore per la stabilità della Libia e, nella roccaforte di Sirte, continua a commettere numerose atrocità contro la popolazione, compiendo macabre decapitazioni pubbliche. Kobler, a riguardo, ha asserito che “l’ISIS è una minaccia per la Libia e i paesi confinanti. Il traffico di esseri umani sta avendo una forte espansione mentre le risorse finanziarie stanno diminuendo. La lotta contro questi estremisti può essere efficace solo attraverso un governo di unità nazionale che, fin da subito, si metta al lavoro per affrontare le sfide più imminenti e le aspettative del popolo libico”.
Il delegato in Libia ha poi criticato le ultime scelte libiche auspicando una maggiore partecipazione delle donne nella vita politica del Paese, alle quali dovevano infatti essere assegnati il 30% dei posti ministeriali nel governo di Accordo Nazionale, ma quell’appello invece è stato ignorato.