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October 30, 2014
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In Burkina Faso bisogna che tutto cambi per restare tutto com’è

Antonella SinopolibyAntonella Sinopoli
Time: 4 mins read

In Burkina Faso tutto è accaduto negli ultimi quattro giorni: l’annuncio di una modifica costituzionale per permettere al presidente Blaise Compaoré di ricandidarsi al mandato presidenziale; le proteste con oltre un milione di persone in piazza. E poi l’uso della forza da parte dei militari, che ha provocato vittime; il ritiro della proposta di legge di modifica costituzionale; la proclamazione dello stato di emergenza e dello scioglimento del Governo e del Parlamento. E nel giro di poche ore da uno stato democratico si è passati a un Governo di transizione nazionale. Ad annunciarlo alla stampa, dopo un’incredibile giornata di violenze e caos, è stato il Capo di Stato Maggiore dell’esercito, Honoré Nabéré Traoré, che però non ha specificato chi guiderà tale Governo. Il nuovo uomo forte del Paese pareva fosse stato identificato nel generale Kwamé Lougué, che aveva annunciato la presa del potere dalla piazza della Rivoluzione.  

L’organo transitorio – ha detto il Capo di Stato Maggiore – sarà istituito con l’ausilio di tutte le forze della Nazione e per preparare il ritorno al normale ordine costituzionale in un arco di tempo non superiore ai dodici mesi. 

Intanto è stato istituito un coprifuoco su tutto il territorio nazionale. Una doccia fredda per i burkinabè che erano scesi in piazza, e avevano sperato che l’annuncio del ritiro della proposta di legge di modifica della Costituzione, significasse un’apertura al dialogo democratico e la rinuncia delle velleità di potere “a vita” dell’attuale presidente. Nel suo discorso alla nazione Compaoré ha usato parole moderate: “ho capito il messaggio e ho disciolto il Governo affinché si creino le condizioni per nuove prospettive” e ancora: “lancio un appello ai leader dell’opposizione perché mettano fine alle manifestazioni.  Mi impegno a discutere per uscire da questa crisi e perché nel Paese ritorni al più presto la pace e la serenità”. “Ora si andrà a un Governo di transizione alla fine del quale si consegnerà il potere a un presidente democraticamente eletto” ha detto infine Compaoré. Ed è in questa frase il nocciolo della svolta – non certo quella auspicata di manifestanti. 

“Siamo finiti, il dittatore resta” dice Maiga Amadou Ousmane, studente all’Università di Ouagadouga. Ma la realtà è più vicina al commento di Aisha Dabo, giornalista, che dalla sua pagina Twitter definisce le decisioni delle ultime ore “un colpo di Stato”.  “Il discorso di Compaoré alla nazione non ha senso, chiediamo che si dimetta” ha dichiarato  Bénéwendé Stanislas Sankara, esponente dell’opposizione a Burkina 24.

E il capo dell’opposizione Zéphirin Diabre, ha detto “rifiutiamo lo stato d’emergenza, questo sarà solo l’occasione per il potere di eliminarci”.  “La Patria o la morte, noi vinceremo”, così ha terminato la sua dichiarazione, trasmessa anche sulla principale radio nazionale prima della proclamazione del coprifuoco. In realtà c’è confusione su chi ha ora in mano le redini del Paese – o almeno non è ben chiaro quale forza di mediazione abbia adesso Compaoré. Alla domanda sulla situazione e il ruolo del presidente, il colonnello Le Boubacar Ba, capo della Divisione dello Stato Maggiore e generale dell’esercito è rimasto nel vago. E intanto, confermano fonti locali, sono in corso pattugliamenti nelle strade nell’ora del coprifuoco.

La giornata del 30 ottobre sarà ricordata in Burkina Faso come un’occasione perduta. Quella di dimostrare che un popolo africano  può incidere sulle decisioni di un Governo senza generare una reazione forte e una presa del potere militare.  I burkinabé si erano svegliati presto per seguire la decisione dell’Assemblea nazionale su quella modifica dell’articolo 37 della Costituzione che impedisce un terzo mandato ai presidenti. 

A partire dal primo giorno delle proteste l’esercito aveva cominciato ad usare lacrimogeni per disperdere la folla ed è poi passata alle armi. In giornata gli oppositori del presidente avevano preso d’assalto la televisione nazionale e il Parlamento, a cui avevano dato fuoco e alcune abitazioni di rappresentanti politici erano state saccheggiate.

Le successive, concitate ore, hanno cambiato di nuovo la storia del Paese. Preoccupate le reazioni che arrivano dall’estero, in particolare la Francia, ex potenza coloniale, guarda con attenzione a quello che accadrà nelle prossime ore. Poco prima della proclamazione del Governo di transizione nazionale, il presidente dell’ECOWAS, John Mahama, aveva detto “l’ECOWAS non riconoscerà nessuna presa di potere che non segua la strada costituzionale”.

Ironia della sorte, Compaoré era salito al potere con un colpo di Stato in cui aveva perso la vita il padre della rivoluzione burkinabé, Thomas Sankara. Non è mai stato chiarito se ad uccidere Sankara sia stato il suo braccio destro, Compaoré. Rimasto al potere per 27 anni, per continuare a guidare il Paese aveva già emendato la Costituzione nel 2000. Nelle ultime elezioni, nel 2010, aveva ottenuto l’80,15% dei voti.

Ma i giovani non sembrano volersi arrendere. “Non abbiamo finito. La lotta continua” dice Leone Traore e Dipama Wendyam, che oggi vive in Italia, si rammarica: “I militari si prendono gioco del popolo”. 

Il 60% dei 17 milioni di burkinabé ha meno di 25 anni e non ha conosciuto altro che il potere di Blaise Compaoré.  Ora dovranno confrontarsi con il potere militare.

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Antonella Sinopoli

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