Adesso che Silvio Berlusconi ha gettato la spugna comincia la vera partita del Quirinale. Era ingombrante il miliardario prestato alla politica, aver deciso di provare a scalare il Colle aveva di fatto bloccato un sistema politico che fluido non è, anzi è pieno di incrostazioni, e vede una classe dirigente tentennante, paurosa, piena di divisioni, pulsioni personali e desideri che non si potranno mai avverare.
Comunque, con Silvio Berlusconi fuori dai giochi (e dai ricatti o dalle manovre oscure chiamate “operazione Scoiattolo”) la partita Quirinale potrebbe finalmente prendere le sembianze di un confronto politico degno di una società moderna.
A questo punto, lo schema teorico prevede che qualcuno sia in grado di assumere i panni del King Maker, ovvero capace di intuire la strada da percorrere, scegliere un paio di nomi su cui le diverse forze politiche possono confrontarsi una volta libero il campo da inutili e ingombranti candidati spinti solo da un super ego.
Chi potrà svolgere questo ruolo da sabato sera e lunedì 24 gennaio ore 15, quando ci sarà la prima chiamata al voto dei grandi elettori? King Maker del centro destra o del centro sinistra?
Teoricamente, l’asse Berlusconi-Salvini-Meloni potrebbe giocare la prima carta proponendo qualche nome. Già, questo è il problema. Un nome dichiaratamente di centro destra troverebbe il no dello schieramento avversario (nessuno dei due gruppi può pensare di avere una maggioranza in grado di imporre un candidato). Se proposto da Berlusconi, ne apparirà come il sostituto, la possibile marionetta teleguidata da Arcore. E i no saranno certi.

Saranno gli altri due leader di centro destra a mettere sul tavolo un nome, uomo o donna che sia, che possa trovare almeno la metà dello schieramento avversario disponibile a rispondere positivamente?
Visti gli avvenimenti (e i nomi) circolati nelle ultime settimane non sarà facile. Perché Berlusconi, avendo fatto un passo indietro, vorrà essere lui a decidere chi potrebbe andare al Quirinale.
Salvini e la Lega hanno sempre sognato in queste settimane di essere il centro di ogni decisione, ma i nomi lasciati trapelare non hanno di certo suscitato speranze di essere sulla strada giusta. La Meloni e FdI hanno fino ad oggi seguito strade difficilmente percorribili, come indicare obbligatoriamente un candidato con le stimmate di centro destra se non addirittura un patriota (che non si sa bene che cosa voglia dire).
Nel centro sinistra il gioco non è più semplice. Enrico Letta, segretario del Pd, King Maker dell’elezioni? Teoricamente per lui sarebbe facile. Ma ci sono le correnti, troppe correnti. Pronte ad uccidere il regista prima ancora che abbia proposto un nome.

E i 5 Stelle, che pure vantano il fatto di essere il partito di maggioranza relativa del Parlamento? Loro non hanno correnti, ma tante piccole tribù che pensano di fare politica ma in realtà pensano soltanto a come arrivare alla fine delle legislatura prima che si ponga per la maggior parte di loro una domanda esistenziale: e adesso che non siamo più in Parlamento, che cosa facciamo? Dunque a decine sono per definizione, incontrollabili, inaffidabili e pronti a scelte dettate solo dalla convenienza del momento.
Altro che politica, altro che rinnovamento dell’Italia.
Così, ci vorrà pazienza, tanta pazienza per capire che cosa serve all’Italia, e non ai partiti, perché i prossimi anni non siano quelli di una Italia fanalino d’Europa, né quelli in cui le disuguaglianze crescono invece di diminuire, né quelli in cui il debito pubblico sale invece di scendere.
Insomma, gli anni in cui tutti si riconoscano nell’uomo o nella donna che siede al Quirinale.
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